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158 risultati trovati con una ricerca vuota

  • Orto Botanico Ginevra | terrimago

    Il Giardino Botanico di Ginevra è un punto di riferimento per la botanica nel mondo. Questo orto botanico ospita oggi più di 16.000 specie di piante e avvicina i visitatori alla natura grazie ad esperienze didattiche e interattive. SVIZZERA GIARDINO BOTANICO DI GINEVRA DI LIVIA DANESE Il Giardino Botanico della città di Ginevra rappresenta un fondamentale centro di ricerca, di conservazione e di valorizzazione della botanica nel mondo. Fondato nel 1817, venne successivamente dislocato nel Parc de l’Ariana ed aperto al pubblico nel 1904. Oggi il Giardino ospita più di 16.000 specie di piante, alberi ed arbusti ripartiti perlopiù tematicamente in base al loro habitat di provenienza e accompagnati da pannelli informativi. Ad oggi una delle principali missioni del Giardino è l’accoglienza del pubblico nel contesto di un parco ricreativo. L’ingresso è libero e la presenza di aree attrezzate per lo svago ed il riposo stimola i visitatori a godersi questa oasi verde in città. Vengono frequentemente organizzate diverse iniziative per avvicinare il pubblico alla natura ed alla botanica, ad esempio nel Giardino Sensoriale dove viene incoraggiata l’esperienza interattiva e didattica con le piante presenti. Alcune aree del parco sono specialmente dedicate ai bambini e alle famiglie, come il parco giochi, l’area picnic o il piccolo zoo che si occupa anche del recupero di alcune specie animali minacciate. L’organizzazione del Giardino Botanico insomma ruota non solo attorno alla missione di studio e conservazione della flora ma anche all’impegno nel garantire ai visitatori un’esperienza a tutto tondo. Anche le tre serre aperte al pubblico sono allestite per invitare i frequentatori a fare un viaggio ideale negli ecosistemi delle diverse parti del mondo. La grande serra tropicale è composta da quattro diverse sezioni: oltre all’area centrale dedicata alle specie provenienti da ambienti caldi ed umidi come le ninfee giganti, la seconda sezione, ispirata all’ecosistema vulcanico delle Canarie, contiene prevalentemente cactacee e succulente tra grandi e scure rocce laviche. La terza serra è dedicata all’interessante famiglia delle Bromeliacee: entrando nell’ambiente si resta particolarmente colpiti dalla Tillandsia che, non avendo radici sotterranee, vive sospesa assorbendo l’umidita dall’aria. Nell’ultima sezione è infine riprodotto l’ecosistema tropicale montuoso. La serra temperata invece si distingue per la sua bellissima cupola di vetro di stile neoclassico e accoglie la flora caratteristica del clima mediterraneo proveniente da varie parti del mondo. Attraverso una scala centrale è possibile accedere ad una balconata interna da cui si gode di una splendida vista d’insieme sulla serra. Particolarmente notevole è infine l’architettura vittoriana del Giardino d’Inverno, costruito nel 1911 in vetro ed acciaio. La struttura rappresenta un’elegante testimonianza del gusto architettonico in voga nel periodo della rivoluzione industriale ed ospita oggi una suggestiva collezione di piante officinali e una sezione dedicata alle specie tropicali. GALLERY Info: Sito ufficiale Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri giardini botanici e vivai Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma Chicago Batanical Garden Parco Botanico Villa Rocca

  • Ceramiche tra Liberty e Déco

    Galileo ChiniCeramiche tra Liberty e Déco Ceramiche tra Liberty e Déco Galileo Chini Galileo Chini seppe adattare la sua poetica alle mode dell’epoca, attento alla decorazione che diventa pattern emotivo. La mostra, curata da Claudia Casali e Valerio Terraroli, espone circa trecento pezzi tra ceramiche (tra cui diversi inediti) e disegni preparatori a documentare le varie fasi di attività di uno dei più importanti protagonisti italiani dell’epoca Liberty. Chini fu artista poliedrico, versatile, tra i pionieri del Liberty in Italia, della fine Ottocento inizi Novecento, ma anche affinatore del gusto déco sviluppatosi nel ventennio. Egli si dedicò con passione all’arte della ceramica, con una varia e molteplice produzione originale e personalissima, ma anche alla pittura e all’affresco. Dipinse nature morte, bellissimi paesaggi della sua Versilia, ritratti e ambienti che richiamano la sua esperienza a Bangkok, dove fu ospite del re del Siam proprio per affrescare le residenze imperiali, dopo la celebrata esperienza, nel 1909, della decorazione della “Sala della Cupola della Biennale” di Venezia, in pieno gusto liberty. La sua esperienza si lega anche all’architettura: celebre l’intervento alle Terme Berzieri di Salsomaggiore (1923) uno dei più interessanti esempi di edifici eclettici déco. Per la manifattura Chini si trattò di un lavoro colossale, tanto che per far fronte a questo impegno, si dovettero ingrandire le strutture della manifattura, ampliando i forni. Come noto, la decorazione ricopre quasi tutto l’edificio, con sobrietà per quanto riguarda gli ambienti destinati alle cure, rivestiti con piastrelle color avorio e listelli dorati e con ricchezza negli ambienti mondani come il bar, il salone centrale e lo scalone dove si trova il grande maestoso affresco di Galileo. Proprio nel 2023 si celebreranno i 100 anni della fondazione delle Terme Berzieri. Della bottega Chini è da annoverare anche l’allestimento ceramico delle Terme di Castrocaro. Da segnalare inoltre che Chini decorò i locali deputati alle arti dell’Esposizione Torricelliana di Faenza nel 1908, da cui prese avvio la fondazione del Museo Internazionale delle Ceramiche ed un cospicuo nucleo di opere venne donato da lui stesso alla città di Faenza, primo nucleo del costituendo museo. Purtroppo queste andarono perse durante la seconda Guerra mondiale, ma molte altre (nelle foto qui sotto) furono donate dalla Manifattura Chini negli anni a venire . Chini lavorò anche per il teatro: tra i suoi lavori più noti, vi sono le scenografie della prima Turandot eseguita nel 1926 da Arturo Toscanini. L’opera ceramica di Chini viene raccontata attraverso un ricco percorso ceramico, composto di cinque sezioni, con approfondimenti scenografici a ricreare l’ambiente storico e culturale in cui l’artista operò. Sono coinvolte altre realtà importanti che conservano architetture realizzate dalla Bottega Chini come Salsomaggiore, Castrocaro, Borgo San Lorenzo, Montecatini Terme, in un progetto di rete volto a valorizzare il lavoro complesso e articolato di questo straordinario artefice. L’idea è di suggerire una mappa dei percorsi “chiniani” che possa favorire flussi turistico-culturali. Un ricco catalogo documenta la mostra, non solo delle opere esposte, con approfondimenti vari legati alle esposizioni internazionali, ai progetti architettonici, alla produzione di vetri e ferri battuti, alle Biennali di Venezia. Il catalogo si avvale dei contributi critici dei curatori e di Stefania Cretella, Ezio Godoli, Edoardo Lo Cicero, Maurizia Bonatti, Ulisse Tramonti. Museo Internazionale della ceramica Faenza, RA, Italia 26 novembre 2022 / 14 maggio 2023 LINK

  • Villa Taranto | terrimago

    Villa Taranto Verbania, VB, Italia Un workshop di fotografia di giardini e piante e in questo contesto un approfondimento sulla botanica e gli spazi dei giardini. Villa Taranto è una vera e propria galleria d’arte botanica, con migliaia di specie di piante e fiori provenienti da ogni luogo: le 8.500 specie censite dallo stesso McEacharn nel 1963 oggi sono quasi 20.000. Eucalipti, azalee, rododendri, magnolie, camelie, dalie, tulipani, fiori di loto, eriche, ortensie, numerose piante tropicali ed esemplari anche rari sono distribuiti in zone tematiche quali il Viale delle Conifere, la Valletta con ginestre arboree e aceri, il Giardino all’Italiana, il Giardino delle Eriche, il Labirinto delle Dalie, le serre delle piante tropicali dove si coltivano la Victoria Cruziana e Amazonica, arrivate alla Villa nel 1956 dall’orto botanico di Stoccolma. Link 24 giugno 2023 dalle 11 alle 19.00 con pausa pranzo Costo 110€ (100€ per gruppi di 3 persone) La prenotazione è obbligatroria e si effettua inviando una mail specificando il luogo del workshop < Back

  • Magnolia

    < Back Magnolia Magnolia La Magnolia che appartiene alla famiglia delle Magnoliaceae , è un albero di lenta crescita ma che può anche arrivare fino a 30 metri di altezza, ha un bellissimo aspetto e spesso è scelto per i suoi fiori di notevoli dimensioni. Ci sono specie sempreverde come la Magnolia grandiflora con i suoi fiori bianchi profumatissimi oppure decidue come la Magnolia soulangeana coi suoi fiori che vanno dal bianco al rosa e persino al giallo delle nuove varietà olandesi. Il nome del genere è stato scelto da un botanico francese, Charles Plumier, volendo onorare Pierre Magnol, direttore del giardino botanico di Montpellier, che introdusse la nozione di “famiglia” nella classificazione botanica. In Asia i fiori sono legati all’immagine della bellezza, della perseveranza e della dignità invece in America del Nord è considerata una pianta che porta fortuna. Link Previous Next

  • Christo e Jeanne-Claude. Projects

    Una sezione per raccontare tutti quello che succede legato ai giardini, come luoghi o come protagonisti. Mostre, eventi, visite, fiere o anche corsi tutti rigorosamente nell'ambito dei giardini e del verde. Iscrivetevi alla newsletter se volete rimanere aggiornati, e se invece volete condividere un vostro evento scriveteci qui e diffonderemo le informazione sul sito e sui nostri social. < Back MOSTRA Castello di Miradolo Christo e Jeanne-Claude. Projects A poco più di due anni dalla scomparsa di Christo Vladimirov Javacheff, il Castello di Miradolo dedica a Christo e Jeanne-Claude, la coppia che ha rivoluzionato il concetto di opera d’arte e il suo processo di realizzazione , la mostra Christo e Jeanne-Claude. Projects , che espone tecniche miste, collages, fotografie e video delle loro opere più famose, insieme ad altri lavori di alcuni artisti che hanno influenzato la loro produzione artistica e il loro pensiero. Curata da Francesco Poli, Paolo Repetto e Roberto Galimberti, con il coordinamento generale di Paola Eynard, la mostra, realizzata grazie alla collaborazione con la Fondazione Christo e Jeanne-Claude di New York , presenterà circa sessanta opere, tra tecniche miste e collages , accompagnati da un’ampia sezione fotografica e dalla proiezione dei video che documentano la realizzazione delle monumentali installazioni artistiche . Da 5.600 Cubicmeteres Package di documenta IV a Kassel (1968), una struttura gonfiabile in polietilene alta circa 85 metri, a The London Mastaba (2018), l’opera monumentale sul Serpentine Lake di Hyde Park formata da 7.506 barili colorati impilati uno sull’altro a formare un tronco di piramide galleggiante; da Valley Curtain (1972) il telo di 380 metri che ha colorato di arancione la vallata di Rifle in Colorado, a The Floating Piers (2016), la passerella di 3 chilometri che nel 2016 ha fatto camminare oltre 1 milione di persone sulle acque del lago d’Iseo. E poi ancora Surrounded Island (1983), che ha circondato undici isole della baia di Biscayne a Miami con una cintura di polipropilene fucsia, Over The River (1992-2017, non realizzata), The Umbrellas (1991), The Gates (2005), il percorso di 30 chilometri di “portici” che ha attraversato il Central Park di New York, Running Fence (1976), The Pont Neuf Wrapped (1985), l’imballaggio del più antico ponte di Parigi, e l’impacchettamento del Reichstag di Berlino (1995) con tessuto argentato. A questo nucleo centrale si affiancano due ampie sezioni , che intendono creare un ideale confronto tra le opere di artisti differenti e i lavori e il pensiero di Christo e Jeanne-Claude . La prima è dedicata al Nouveau réalisme , importante movimento francese del decennio 1960-70, con opere di Klein, Spoerri, Rotella, Arman e Raysse, che rappresenta l’incontro di Christo con il mondo e il contesto parigino ed europeo dopo gli studi a Sofia, Praga e Vienna. La seconda sezione pone in relazione i progetti di Christo e Jeanne-Claude , che hanno sempre rifiutato le etichette e le definizioni del loro lavoro, descrivendo la loro arte piuttosto come environmental art, con il vasto movimento internazionale della Land Art , corrente nata negli stati Uniti, alla quale si sono affiancate, in ambito europeo e internazionale, molte “esperienza d’arte” che vedono come fulcro della loro riflessione e azione il rapporto dell’uomo con la natura e con il paesaggio: significative e storiche opere di Richard Long, Hamish Fulton, Andy Goldsworthy, Ólafur Elíasson, Giuseppe Penone, Germano Olivotto, le fotografie originali di Gianfranco Gorgoni dei “lavori manifesto” della Land Art di Walter De Maria, Robert Smithson, Michael Heizer, Dennis Oppenheim e James Turrell. L’esposizione sarà accompagnata da un’inedita installazione sonora , a cura del progetto Avant- dernière pensée , che si articolerà lungo il percorso espositivo. Nelle sale e nel Parco, parallelamente alla mostra, si svilupperà, come di consueto, il progetto Da un metro in giù : un percorso didattico per i visitatori di tutte le età per imparare, con gli strumenti del gioco, a osservare le opere d’arte e la realtà che ci circonda. SCHEDA MOSTRA Castello di Miradolo San Secondo di Pinerolo (TO) Christo e Jeanne-Claude. Projects Date 15 ottobre 2022 16 aprile 2023 LINK

  • Betulla

    < Back Betulla Betulla Il nome Betulla deriva dal gallico “Betw” e fu sempre considerato un albero sacro legato alla luce e al risveglio della natura visto che è il primo albero a germogliare dopo l’inverno. La sua presenza in Sicilia è riconducibile all’ultima glaciazione ma andò progressivamente scomparendo per rimanere solo nella zona dell’Etna. Col tempo si differenziò dalle altre specie sviluppando un apparato conduttore adatto a sopravvivere a condizioni sia di estremo caldo che freddo, diventando una specie arborea endemica la Betula aetnensis. Utilizzata in diversi campi fin dal Paleolitico la pece di betulla fu adoperata dagli Uomini di Neanderthal come adesivo e più avanti la sua inconfondibile corteccia bianca fu usata come carta. Nel Nord America furono i coloni ed esploratori a inventare la “birra della betulla” come sostituto ai costosi liquori presenti, utilizzando la sua linfa in aggiunta al miele fermentato ancora oggi realizzata in Russia. Link Previous Next

  • Palme da datteri | Terrimago

    La palma da dattero ha un legame unico con le terre dell'Oman: coltivata e apprezzata fin dall'antichità rappresenta un simbolo ed un valore per il paese riconosciuto dall'UNESCO. OMAN Palmeti L'albero della palma da dattero e l'Oman sono stati collegati sin dall'antichità. Questo legame è radicato nella cultura e nella civiltà e legato alla sua vita quotidiana e ha contribuito allo sviluppo della società e all'integrazione dell'economia che a sua volta consolida la posizione della palma da datteri come una componente preziosa della natura dell'Oman. Il Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, riunitosi a Bogotà in Colombia, ha approvato il 12 dicembre 2019 all’unanimità l’iscrizione delle conoscenze, abilità, tradizioni e pratiche associate alla palma da dattero nella Lista dei Patrimoni culturali immateriali dell’Umanità dell’Unesco. Il riconoscimento va a 14 paesi arabi: Bahrein, Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Mauritania, Marocco, Oman, Palestina, Arabia Saudita, Sudan, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Yemen. “La palma da dattero è stata legata per secoli alla popolazione regionale degli Stati candidati, servendo sia come base di numerosi mestieri, professioni e tradizioni sociali e culturali, costumi e pratiche associati, sia come fonti di nutrizione”, si legge sul sito web dell’Unesco. La palma da dattero è una pianta sempreverde tipicamente associata ai climi secchi e agli ambienti desertici, dove le sue radici penetrano profondamente nella terra in cerca di umidità. Le professioni coinvolte comprendono gli agricoltori che piantano, nutrono e irrigano le palme da dattero, i proprietari delle aziende, i raccoglitori, i trasportatori, gli artigiani che producono prodotti tradizionali usando varie parti della palma, i commercianti di datteri, i creativi e gli interpreti di racconti e poesie folcloristiche a tema. “La palma da dattero, le conoscenze, le abilità, le tradizioni e le relative pratiche hanno svolto un ruolo fondamentale nel rafforzare la connessione tra le persone e la terra nella regione araba, aiutandole ad affrontare le sfide del duro ambiente desertico”, scrive ancora l’Unesco sul proprio sito. “Questa relazione storica tra la palma da dattero e gli individui dell’area interessata ha prodotto un ricco patrimonio culturale di pratiche correlate tra le persone, conoscenze e capacità mantenute fino ai giorni nostri. La rilevanza culturale e la proliferazione dell’elemento nel corso dei secoli dimostrano quanto siano impegnate le comunità locali a sostenerlo”. Load More Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri AMBIENTi E BOTANICA Grosseto Caño Cristales Palmeti Palmeti Caldara di Manziana Terra Scoscesa Le Palme Luoghi d'Acqua Conoscere gli alberi

  • Villa Pizzo | terrimago

    Villa Pizzo Como, CO, Italia Un workshop di fotografia di giardini e piante e in questo contesto un approfondimento su i giardini all'italiana e sulle rose. Villa Pizzo, che prospetta sul lago di Como con una lunga serie di terrazzamenti, sembra una logica prosecuzione di Villa d'Este, ma il suo territorio appare quasi intagliato nella montagna. Nelle aree più vicine agli edifici principali, il giardino si sviluppa con geometrici vialetti allungati fra aiuole, siepi potate in arte topiaria e fontane barocche, sfociando poi nel celeberrimo e lungo Viale di Cipressi che connota la villa anche dal lago. Verso Moltrasio, il giardino si fa sempre più ricco e dotato di specie arboree ad alto fusto, intersecato da un sistema di vialetti e sentieri minori, ai cui margini vi sono una grotta d'acqua, vasche, corsi d'acqua e la “Fontana di Alessandro Volta”, inserita tra le false rovine di un tempietto classico. Link 6 maggio 2023 Dalle 14 alle 19.00 Costo 110€ (100€ per gruppi di 3 persone) La prenotazione è obbligatroria e si effettua inviando una mail specificando il luogo del workshop < Back

  • Chicago Botanical Garden | Terrimago

    Il Chicago Botanical Garden ospita una varietà invidiabile di flora e fauna. Il giardino giapponese offre una tranquilla oasi zen all'interno del parco, lontana dal caos della città. USA CHICAGO BOTANIC GARDEN Passeggiare per il Chicago Botanic Graden è una piccola esperienza zen; non solo per via del suo meraviglioso e rinomato giardino giapponese, di cui parlerò in seguito, ma per la manutenzione impeccabile, tanto da farti sentire quasi su un altro pianeta. Nemmeno una foglia secca, nessun rametto o fiore appassito a turbare la passeggiata di quel milione di visitatori l’anno che si aggirano indisturbati nel giardino. Anche nella zona degli ortaggi, nota a tutti per essere sempre più propensa all’inselvatichimento, regna un ordine e una geometria totale. Il merito, neanche a dirlo, va sì alla schiera di giardinieri che lavorano con dedizione ogni giorno, ma soprattutto ai 1300 volontari-giardinieri che quotidianamente, muniti di guanti e piccoli attrezzi, si prendono cura del giardino. Li puoi vedere ovunque, in piedi o inginocchiati, mentre si dedicano con passione certosina alla causa del Chicago Botanic Graden. Scrutandoli con attenzioni uno si accorge anche che non sono lì solo per il benessere del luogo ma soprattutto per il loro. Tanto che ti verrebbe voglia di inginocchiarti con loro e rubargli il mestiere; mi chiedo perché da noi non si riesca a organizzare una cosa del genere, gioverebbe a tutti. Il giardino vanta numeri notevoli. Aperto al pubblico solo quarant’anni fa, ha al suo attivo: 13.989 alberi 879.087 bulbi, 1.428.719 piante perenni, 28.032 piante acquatiche e 65.987 arbusti in quasi centocinquantasei ettari di giardino suddivisi in ventisette differenti giardini e quattro aree naturali, trenatdue ettari di vie d’acqua tra laghi e canali che circondano nove isole e oltre duecento specie di uccelli avvistati. Sicuramente un suo fiore all’occhiello è il giardino giapponese, uno dei più vasti al mondo; si sviluppa su quasi sette ettari di terreno suddiviso in tre isole, di cui solo due aperte ai visitatori. La terza, collocata in mezzo al lago, è inaccessibile quasi a simboleggiare un paradiso inafferrabile. Aggirandosi in quest’area ci si imbatte in iris, rododendri e pruni e si avverte, intensa, la presenza dei pini bonsai, simbolo della longevità nella cultura giapponese. Potati e curati a regola d’arte, questi bonsai hanno la rara particolarità di essere piantati nel terreno. Nel cortile del Regenstein Center, si può ammirare invece la collezione di bonsai in vaso: più di duecento esemplari esposti in modo egregio. Il Chicago Botanic Garden ha più di 50.000 membri, persone di tutte le età, interessi e abilità che partecipano a programmi di ogni tipo, prendono lezioni e passeggiano gratis per tutto l'arco dell'anno. Inoltre la Biblioteca di Lenhardt contiene 110.000 volumi, tra cui una delle migliori collezioni nazionali di rari libri botanici. Concludendo; un orto botanico veramente meritevole non solo dal punto di vista botanico e di ricerca scientifica ma soprattutto da un punto di vista più sociologico; una macchina organizzativa impeccabile che ha il merito di esser riuscita, coinvolgendo con abilità una vasta quantità di persone anche molto diverse tra loro, a far vivere e prosperare una bellissima realtà. Cristina Archinto foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: www.chicagobotanic.org Altri orti botanici e vivai Orto Botanico di Ginevra Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Giardino Esotico Pallanca Parco Botanico Villa Rocca Water Nursery Giardino Botanico di Hanbury

  • Giardini villa melzi | terrimago

    Era il 1808 che Francesco Melzi d’Eril, duca di Lodi, gran consigliere, guardasigilli del Regno d’Italia e amico personale di Napoleone, decide di costruire la propria residenza estiva a Bellagio. Nasce così Villa Melzi d'Eril. Il gusto raffinato dell’esotico che caratterizza i Giardini trova la sua espressione più graziosa nelle numerose specie di camelie storiche, ad oggi circa 250, che si possono ammirare nel parco, soprattutto nelle vicinanze dei due ingressi, a Loppia e a Bellagio. LOMBARDIA I GIARDINI DI VILLA MELZI D'ERIL Il gusto geometrico del verde Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini E ra il 1808 quando Francesco Melzi d’Eril, duca di Lodi, gran consigliere, guardasigilli del Regno d’Italia e amico personale di Napoleone, decide di costruire la propria residenza estiva a Bellagio su un terreno con uno stupendo affaccio sul lago di Como. Nasce così Villa Melzi d'Eril e i suoi giardini, sfruttando i terrazzamenti naturali e la varietà di vedute in cui è immersa, giocando sui percorsi curvilinei che attraversano la proprietà in tutta la sua estensione e ne collegano i punti di interesse, gli arredi architettonici e le numerose sculture a soggetto storico e mitologico collocate tra la ricca vegetazione. All’ingresso della proprietà, in direzione di Bellagio, si raggiunge una piccola area sistemata a giardino orientale, con il caratteristico laghetto, circondata da aceri giapponesi e camelie che creano un insieme dai colori sgargianti. Il giardino alterna maestosi alberi secolari a specie esotiche e rare, raggruppati in macchie boschive, impiantati a filari lungo la riva o isolati nel tappeto erboso. Il gusto raffinato dell’esotico che caratterizza i Giardini di Villa Melzi trova la sua espressione più graziosa nelle numerose specie di camelie storiche, ad oggi circa 250, che si possono ammirare nel parco, soprattutto nelle vicinanze dei due ingressi, a Loppia e a Bellagio. Molte di loro sono nate da seme e sono perlopiù riconducibili alla specie principale di Camelia japonica, ma un cospicuo numero è costituito da cultivar di grande interesse storico-botanico, creati nell’Ottocento. Villa Melzi riprende anche la tradizione dell’arte topiaria, in Italia giunta all’eccellenza nel tardo Rinascimento. All’epoca, il gusto e la sensibilità dell’Umanesimo, la cui filosofia si basa sull’idea dell’uomo prometeico e del suo trionfo sulla natura, ispirano la creazione di giardini attentamente asserviti alla geometria delle forme, quindi la riscoperta dell’ars topiaria con le sue tecniche di potatura per modellare le piante in forme decorative. Questo stile affonda le proprie radici in epoca romana, con un’influenza dell’arte greca, quando ovvero, grazie all’Impero, le tendenze culturali si riunificano e intrecciano al servizio di una nuova estetica. I primi esperimenti si realizzano nei nuovi giardini delle ville suburbane, voluti dalle famiglie dell’aristocrazia. Il giardino romano acquista un intreccio di poesia, scultura e pittura ellenica, che darà vita a una vera e propria nuova composizione paesaggistica, che poi diventerà la base del giardino all’italiana. Nei giardini di Villa Melzi si possono apprezzare le simmetrie, non solo per il gusto geometrizzante ma anche per celebrare la bellezza dei caratteri essenziali della stessa natura: non solo giardinaggio ma arte, attraverso la scelta precisa di colori e forme, come la potatura a ombrello dei platani o la particolare collocazione di alberi secolari e specie esotiche, dove la Ginkgo biloba, i faggi rossi o le canfore valorizzano il panorama intorno, assieme ad arbusti, rododendri, azalee e camelie. L’amore e la precisione spiccano a Villa Melzi, nella cura del verde, nella varietà architettonica di parapetti, balaustre, busti marmorei, nelle gallerie di agrumi, che creano un gioco di geometrie inedito e affascinante, in cui perdersi senza far caso al tempo che passa. LE CAMELIE NELLA STORIA Ne L’amore di tempi del colera di Gabriel Garcia Marquez, la protagonista Fermina Daza rifiuta la camelia offertagli da Florentino dicendogli che “è un fiore che impegna”. Ed è stato proprio come pegno d’amore che le camelie sono arrivate in Italia nel 1760, regalo dell’ammiraglio Nelson a lady Emma Hamilton, che la fece piantare nel Giardino della Reggia di Caserta. Molto simile alla rosa e di grandi dimensioni, i fiori della camelia hanno origine in Cina e in Giappone, e fanno parte della famiglia delle Theaceae . Le camelie ornamentali sono considerate fin da subito una rarità destinata a pochi, sfoggio non solo di potere, ma anche di gusti raffinati. Nel tempo, la storia di questo fiore assume molte sfaccettature e significati, ma quello più diffuso rimane senza subbio il simbolo di amore, devozione e stima. La camelia raggiunge grande notorietà con il romanzo di Alexandre Dumas La signora delle Camelie , edito per la prima volta nel 1848, la cui protagonista Marguerite Gautier si ispira alla cortigiana Marie Duplessis che era solita appuntare sul proprio vestito una camelia bianca o rossa, a seconda della stagione. Questa moda condivisa tanto dalle donne quanto dagli uomini divenne presto un dettaglio di classe d’ordinanza sui baveri dei signori e fra i capelli delle signore, e per molto tempo resterà appuntata alle loro scollature. Nel 1923 Coco Chanel porta per la prima volta in passerella abiti con broches (spille) di candide camelie di chiffon, modellate sulla Camelia japonica Alba plena , la cui struttura a petali sovrapposti si pensa possa averle suggerito anche il suo logo della doppia C incrociata; Proust quegli stessi anni li chiama camélia à la boutonnière (Camelia all’occhiello). Col tempo da fiore della nobiltà e del lusso, la camelia è diventata più democratica, ma nei giardini conserva ancora la sua aria da fiore raffinato. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Parco giardini di Sicurtà Parco giardini di Sicurtà Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile

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