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158 risultati trovati con una ricerca vuota

  • Engadina | terrimago

    Una gita fotografica invernale nell'alta Engadina, tra boschi e laghi ghiacciati che cantano, con consigli e suggerimenti per realizzare delle belle fotografie sulla neve e in montagna. DIARIO FOTOGRAFICO Paesaggio invernale in Engadina Fotografie e testo di Cristina Archinto S pinta dalla voglia di cambiare il mio orizzonte visivo, mi sono ritrovata in alta montagna in un luogo meraviglioso tanto amato sia dal filosofo Friedrich Nietzsche che dal pittore Giovanni Segantini che spesso ne ritrasse i suoi paesaggi; la valle dell’alta Engadina. Le suggestive alte montagne innevate, che in basso sono ricoperte da fitti boschi scuri di pini e di cembri, fanno da contrapposto a una vasta zona pianeggiante con i suoi bianchi laghi ghiacciati. Dopo una giornata passata sulle cime delle montagne dove il paesaggio era mozzafiato ma molto "cartolina" e forse poco intrigante ho optato per la pianura. Per prima una passeggiata nei boschi limitrofi e il giorno dopo un’affascinante passeggiata sul lago di Sils, per scoprire i suoi ghiacci le sue crepe ma anche i suoi canti. Si perché ho scoperto che lo specchio d'acqua ghiacciato canta, emettendo degli schiocchi e delle armonie che ricordano quasi il canto delle balene, un fenomeno che avviene solo in alcuni momenti quando avviene l'espansione e la contrazione dei ghiaccio dovuto ai cambiamenti di temperatura. Sicuramente intrigante ma anche un po’ spaventoso soprattutto quando ti ritrovi nel bel mezzo del lago. In generale anche se stimolante non è facile fotografare la neve, prima di tutto bisogna stare attenti all’esposimetro, che colpito dalla luce intensa che si riflette sulla neve vi spingerà a fare foto un po’ scure. Anche l’autofocus non è felice quando cerca di mettere a fuoco se puntato su una superficie molto bianca. Inoltre bisogna state attenti all’inquadratura, non è banale fotografare le distese bianche senza appiattire tutto il paesaggio. Appunti fotografici I boschi innevati sono meravigliosi , sono silenziosi, molto silenziosi. In questo caso visto la scarsità di neve c’erano anche gli aghi dei pini che, adagiati sul manto bianco, creano un’interessante trama. Ho cercato di cogliere quel silenzio e contrasto. Una parte interessante del fotografare un paesaggio innevato è che i colori diminuiscono notevolmente in compenso le tonalità aumentano. In questo caso tolto il nero e il bianco ci ritroviamo con i solo verdi e marroni. Con le sfuocature si possono creare le profondità di un’immagine, in questo caso a fuoco ho messo la giovane cannuccia selvatica con la neve intorno con la modalità macro sfuocando totalmente lo sfondo. I riflessi sulle le acque ferme sono sempre la mia passione, in questo caso visto che il soggetto è il fiume e il riflesso della montagna copre solo una piccola parte dell’inquadratura, crea profondità e l’illusione che ci sia della neve sul fiume, inoltre anche qua i colori sono due i marroni e gli azzurri. Per raccontare la vastità del lago ghiacciato, il mio cane Cannella è stato propizio, come del resto la signora col cappello, rendendo la fotografia anche più interessante. In questa immagine racconto la potenza del paesaggio , con le montagne e le striature sinuose bianche di neve che si staglia in un azzurro intenso appoggiata sulla vastità del lago. Fotografare il ghiaccio è difficilissimo! Difficile metterlo a fuoco, trovare la giusta esposizione e soprattutto camminarci sopra senza finire gambe all’aria con tanto di macchina fotografica! Un buon punto di fuga e conseguentemente profondità si c rea con una bella staccionata o delle tracce sulla neve. E questo è quello che intendo quando suggerisco di guardare i grandi artisti per imparare le inquadrature! Giovanni Segantini, La morte (Trittico delle Alpi) 1897-99 Domanda: Perchè in questa fotografia, che ho trasformato in bianco e nero, la neve sembra sabbia? GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri GIARDINI e PARCHI Reggia di Venaria Reggia di Venaria Giardini Botanici di Villa Taranto Giardini Botanici di Villa Taranto I giardini di Villa Melzi I giardini di Villa Melzi Parco giardini di Sicurtà Parco giardini di Sicurtà Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo

  • Terrimago Progetti

    Terrimago edition è specializzata in immagini di giardini e di case. Con le fotografie di Cristina Archinto Terrimago edition aiuta a promuovere i giardini e case attraverso la realizzazione di diversi prodotti editoriali. Servizi fotografici, cartoline, libri, merchandising e siti internet. Terrimago progetti PER IL TUO GIARDINO Terrimago è specializzata in immagine di giardini e di case. Con i servizi fotografici di Cristina Archinto Terrimago realizza prodotti editoriali ad hoc per aiutare a promuovere giardini, parchi, dimore storiche, strutture ricettive e cantine. Siti internet, libri e merchandising tutti rigorosamente raffinati e curati in ogni dettaglio per far crescere il proprio giardino al di fuori dei suoi confini naturali. siti LIBRI gadget La fotografia di giardini La fotografia di giardini è un genere di nicchia molto specifico che richiede numerose conoscenze tecniche e un amore profondo per la bellezza della natura, oltre ad una ricca preparazione in ambito botanico. Ritrarre al meglio un giardino è molto più difficile di quello che si pensa. I giardini cambiano di giorno in giorno e di ora in ora, bisogna essere in grado di cogliere il momento giusto con la luce giusta e l'inquadratura giusta per ritrarre un insieme armonico che esalterà il giardino e le sue piante. Per poter rappresentare in fotografia l’energia degli ambienti naturali è necessario saper cogliere le luci insieme alle ombre, tutti i colori presenti e le diverse forme visibili. La ricompensa al duro lavoro è la creazione di immagini intense e memorabili che racconteranno al meglio il tuo giardino per sempre. Come lavoriamo Il primo passaggio è una riunione nella quale si analizzano a fondo le esigenze del cliente . Potrebbero interessare prodotti per uso privato oppure progetti più completi come l’elaborazione di merchandising per l’avviamento di bookshop. Dopo un’attenta analisi dei dati e delle esigenze vengono studiati vari prodotti ed elaborati diversi preventivi da sottoporre al cliente. Da notare che tutti i lavori proposti saranno originali e verranno realizzati sempre a stretto contatto con il cliente. Le realizzazioni Il punto di partenza sono le fotografie di Cristina Archinto, professionista del settore da molti anni, che con la sua esperienza riesce a raccontare l'emozione e la singolarità di un giardino, di un paesaggio o di interni di case, attraverso immagini originali e uniche. Una volta realizzato il servizio fotografico, Terrimago elabora eleganti stampati di vario genere, da semplici ma pur sempre amate cartoline, a pieghevoli di diversi formati per arrivare a pubblicazioni più importanti come libri, per i quali Terrimago si avvale anche dell'aiuto di professionisti quali scrittori, giornalisti e illustratori, per raccontare nel miglior modo possibile la storia, la bellezza e la singolarità di un giardino, di un parco o di una casa ma anche di un’antica dimora oppure di una cantina con il suo vigneto. La stampa, per una resa ai massimi livelli, é realizzata per lo più in offset da professionisti del settore con macchine di ultima generazione. . Per quanto riguarda la creazione di eventuali bookshop presso i giardini, Terrimago analizza i dati relativi ai visitatori per calcolare la redemption, ovvero il rapporto fra numero di visitatori e i possibili acquisti fatti al termine della visita. Questa analisi permette di suggerire i prodotti che corrispondono al valore emotivo della visita; ogni oggetto ha la sua importanza più l’esperienza è stata forte e coinvolgente più l’acquisto vorrebbe essere mirato. Inoltre, per soddisfare al massimo i suoi clienti, Terrimago crea anche siti internet , dallo sviluppo alla messa online, usufruendo dei più innovativi site-builder per consentire una futura gestione in totale autonomia. Per qualunque informazione o richiesta non esitate a contattarci o scriverci via Live Chat Terrimago far crescere il proprio giardino al di fuori dei suoi confini naturali ULTIMI LIBRI REALIZZATI PER PRIVATI

  • Orto Botanico Zurigo | terrimago

    Il verde botanico a Zurigo si divide in due: da una parte l’orto botanico, dall’altra la vastissima serra malgascia allo Zoo. Istituito negli anni ‘70 ed inizialmente privato, ora l’Orto Botanico di Zurigo fa parte del dipartimento di Scienze Naturali dell’Università di Zurigo. SVIZZERA ORTO BOTANICO DI ZURIGO E LA SERRA DEL MADAGASCAR di CARLA DE AGOSTINI Il verde botanico a Zurigo si divide in due: da una parte l’orto botanico, dall’altra la vastissima serra malgascia allo Zoo. Il primo è situato su una collinetta non lontano dal centro cittadino e non perde il suo fascino nemmeno d’inverno. Istituito negli anni ‘70 ed inizialmente privato, ora l’ Orto Botanico di Zurigo fa parte dell'Istituto di Botanica Sistematica ed Evolutiva dell’Università di Zurigo. Il giardino presenta tre serre visitabili a mezza sfera con differenti aree climatiche: la foresta tropicale di montagna, l’area dei venti secchi dei tropici con una vetrina dedicata alle piante carnivore e la foresta pluviale tropicale delle pianure, dove l’umidità è del 90% e la temperatura è di circa 26 °C sia d’estate che d’inverno. Le serre disegnate da Hans e Annemarie Hubacher, Peter Issler e Hansulrich Maurer, terminate nel 1976, ad oggi sono state più volte ristrutturate in plexiglas perché col tempo avevano perso gran parte della loro trasparenza con effetti dannosi sulla crescita delle piante. L’entrata principale è da Zollikerstrasse, salendo le scale, già si può ammirare l’attenzione e la cura richiamate dal Mixed Border : uno stile sviluppato in Inghilterra alla fine del 19° secolo, che permette di valorizzare le piante durante ogni stagione. Fiori annuali, piante perenni e piccoli arbusti vengono selezionati in modo che qualcosa sia sempre in fioritura, in primavera risaltano le geofite, e in inverno ci sono graminacee con infiorescenze sbiadite, che si ricoprono di brina e costituiscono un’attrazione molto particolare. L'obiettivo è didattico e l’interesse è di far risaltare la semina come un processo armonico e naturale. Allo zoo di Zurigo con circa 4.000 animali di 380 specie diverse, dove l’abitante più anziana è una tartaruga gigante delle Galapagos di oltre 70 anni, si aggiungono oltre 5 ettari e mezzo di verde con oltre un milione di specie di piante provenienti da tutto il mondo. La serra malgascia è una struttura metallica alta 30 metri, rivestita in EFTE, un materiale che simula la luce solare, consente di coprire e coibenta, in maniera leggera, gli oltre 11.000 metri quadrati di superficie. Grazie a questo materiale d’avanguardia, sensibile alla luce e ad alto valore d’isolamento, dal giugno 2003, è possibile immergersi in una fitta foresta tropicale, popolata da più di 20 mila piante e 45 specie di vertebrati tropicali, tra cui spiccano gli animali lasciati in libertà, come i lemuri. Qui è possibile vivere la foresta di Masoala, con temperature che variano dai 20 ai 30° C e il suo tasso di umidità altissimo, con una media di precipitazioni di 6 mm al giorno. Queste piogge tropicali sono realizzate attraverso un interessante sistema di riutilizzo dell’acqua piovana, che permette un’irrigazione equivalente di 80.000 litri d’acqua al giorno. La convivenza tra fauna e flora è nata per aiutare la preservazione della biodiversità degli ecosistemi del Madagascar. Attraverso il progetto Masoala, lo zoo di Zurigo ha deciso di sostenere il governo malgascio nella conservazione e nella tutela di una delle zone mondiali ad alto rischio di estinzione. Il Madagascar infatti, nonostante rappresenti solo l’1% della superficie terrestre, è tra le aree più ricche di biodiversità: ci vive circa il 3% totale delle specie animali e vegetali del pianeta e a oggi vi è accertata la perdita di almeno il 70% della copertura vegetale primaria. Flora e fauna si possono apprezzare anche dall’alto, dove si ammirano le piante acquatiche, le felci, le liane, i bambù, e gli animali. Tutta questa attenzione è in linea con uno dei compiti principali assunti dal giardino per il XXI sec: promuovere e rafforzare le relazioni tra vegetazione e umanità, cercando di trasmettere e valorizzare l’interconnessione sempre più evidente tra piante, ambiente e salute. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Melo Cinese Altri giardini botanici e vivai Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma Chicago Batanical Garden Parco Botanico Villa Rocca

  • Incanto di luce Orto Roma | Terrimago

    Fin dagli albori la luce ha sempre affascinato l’uomo perché rappresenta il potere supremo di illuminare l’oscurità. Prima, ovviamente fu il fuoco a rischiarare e a difendere l'uomo, poi Edison portando la luce nelle case con una produzione di massa di lampade e di corrente elettrica, anche se non fu lui l’inventore vero e proprio. All'Orto Botanico di Roma abbiamo un assaggio di Light Art per vederlo sotto una nuova luce. LAZIO ORTO BOTANICO DI ROMA Incanto di luci Fotografie e testo di Cristina Archinto Fin dagli albori la luce ha sempre affascinato l’uomo perché rappresenta il potere supremo di illuminare l’oscurità. Prima, ovviamente fu il fuoco a rischiarare e a difendere l'uomo, poi Edison portando la luce nelle case con una produzione di massa di lampade e di corrente elettrica, anche se non fu lui l’inventore vero e proprio. Oggi abbiamo un po’ perso l’abilità di “vedere al buio" e in assenza di luce diurna siamo abituati ad avere tutto illuminato, ma malgrado questo continuiamo ad essere attratti dalla suo potere e le sorgenti luminose riescono ad emozionare come poche cose al mondo. Attivando particolari abilità cognitive, la luce appassiona, impressiona e in generale crea benessere, legato forse anche a quel recondito ricordo primordiale, e ci porta a un senso armonico con l'ambiente circostante. Inoltre se a una sorgente luminosa magari colorata, si associa anche un flusso sonoro, come un brano musicale, si evince una sensazione quasi tattile finendo per “sentire” la luce. Questo è più o meno quello che succede alla mostra d’arte sensoriale all’Orto Botanico di Roma Incanto di luci. Un percorso di light art di un chilometro e mezzo ideato dal light designer Andreas Boehlke, con le suggestive musiche del compositore e sound designer Burkhard Fincke; opere che raccontano in modo artistico alcuni angoli di questo luogo meraviglioso. Le installazioni, con lampadine a led per avere un minimo impatto ambientale, ci riportano un orto botanico completamente diverso, possiamo proprio dire sotto una diversa luce. Alberi e piante dai colori sfarzosi, prati pieni di lucine intermittenti o palle che si illuminano di mille sfumature di colori diversi, scalinate tappezzate di lucciole o sagome luminose di renne che brucano tra i cespugli e altro ancora. Certo per gli amanti della natura o dell’orto stesso tutto questo fa uno strano effetto, vedere palme blu e fontane verdi o prati ricoperti di lucine rosse risulta stravagante ma bisogna dirlo, in certi casi, queste opere artistiche possono anche ampliare certi sapori, come nella foresta di bambù, dove raggi verdi in movimento “tagliano” di netto, come lame di guerrieri samurai, quei meravigliosi fusti. In altri casi forse l’incanto è poco naturale, come i fiori di loto adagiati sul laghetto del Giardino giapponese risultando poco apprezzabili, ma dall’altro canto le luci colorate tutto intorno fanno risaltare i suoi bei aceri. Alcune opere luminescenti incantano principalmente i bambini come le fate degli alberi o le ali di Trilli ma in generale si respira per lo più entusiasmo e stupore, e la quantità di cellulari che si vedono roteare in aria pronti a diffondere tutto ciò nell’etere, ne sono la prova. Devo ammettere che anche io mi sono molto divertita a fotografare un luogo che in teoria conoscevo molto bene ma che risultava stravolto completamente. Luci che apparivano e sparivano, colori in continuo cambiamento, alberi che prendevano forma diverse perché magari illuminati da sotto e non da sopra, hanno stimolato parecchio la mia creatività. Certo, per quello che possiamo definire come “la cultura del verde e della natura”, non sono certa che tutto questo abbia un riscontro positivo ma di sicuro l’altissima affluenza fa ben sperare che forse, anche solo alcuni di loro, la prossima primavera si ricorderanno di questo luogo magico per tornare a goderselo nel suo aspetto più naturale. Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri giardini botanici e vivai Vivai cuba Orto Botanico di Berlino Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra

  • Il Giardino dei Tarocchi | Terrimago

    Un luogo dove sculture le sculture monumentali di ​Niki de Saint Phalle dalle fattezze rotonde e dai colori sgargianti, uniche nel loro genere, ti risucchiano in un mondo fantastico e da sogni psichedelici, pur mantenendo una completa armonia con un paesaggio morbido e tipicamente mediterraneo. TOSCANA IL GIARDINO DEI TAROCCHI Le maestose opere di Niki de Saint Phalle immerse nella macchia mediterranea Fotografie e testo ©Cristina Archinto "La Papessa" Era il 1974 quando Niki de Saint Phalle, costretta ad un periodo di convalescenza a St. Moritz, incontra la collezionista d’arte Marella Agnelli nonché moglie di Gianni Agnelli. Le due donne si piacciono subito e l’artista le racconta il progetto che già da un po’ le frulla in testa. Una volta tornate in Italia Marella, insieme ai fratelli Carlo e Nicola Caracciolo, decidono di metterle a disposizione un lotto del loro terreno a Garavicchio, in Toscana, per la realizzazione de Il giardino dei Tarocchi, un perfetto connubio tra arte, natura e spiritualità. Un luogo dove sculture monumentali dalle fattezze rotonde e dai colori sgargianti, uniche nel loro genere, ti risucchiano in un mondo fantastico e da sogni psichedelici, pur mantenendo una completa armonia con un paesaggio morbido e tipicamente mediterraneo. Il cortile del "L'imperatore" Niki de Saint Phalle (1930-2002) è stata una celebre artista francese di origine statunitense, nota per la sua versatilità artistica attraverso molteplici media, tra cui scultura, pittura, installazione e performance. Nata a Neuilly-sur-Seine, in Francia, da genitori franco-americani, Niki ha trascorso parte della sua giovinezza negli Stati Uniti e la sua carriera artistica inizia negli anni '50, con dei dipinti influenzati dal movimento artistico del Nouveau Réalisme. Tuttavia, nel tempo diventata particolarmente famosa per le sue opere scultoree monumentali. La pratica artistica di Saint Phalle in generale è intrisa di simbolismo, femminismo e un approccio audace e provocatorio. Molte delle sue opere scultoree rappresentano figure femminili vigorose e assertive, spesso dipinte con colori vivaci e audaci. Saint Phalle ha utilizzato l'arte come strumento di espressione personale e come mezzo per affrontare temi sociali, come la liberazione delle donne e la denuncia della violenza di genere. L'interno de "L'imperatrice" Resta di fatto che uno dei suoi progetti più rappresentativi è sicuramente Il giardino dei Tarocchi, un complesso scultoreo, dove vengono rappresentati i diversi Arcani dei tarocchi, un lavoro di amore e dedizione, realizzato con l’aiuto di da Jean Tinguely e Doc Winsen, dove le imponenti e maestose statue sembrano prendere vita. Le figure mitologiche e mistiche scolpite in pietra e metallo, dominano il paesaggio con la loro presenza enigmatica. Ogni carta rappresenta una personalità unica e complessa, trasmettendo un senso di antica saggezza e potere. A incominciare dal “Il Mago”, come lo chiama l’artista “Il grande giocoliere. Il Dio che ha creato la meravigliosa farsa di questo mondo nel quale viviamo” e la “Papessa, la grande sacerdotessa del potere femminile”. Queste due opere sono state costruite nel 1980 insieme alla più iconica tra le architetture-sculture di questo luogo l’”Imperatrice-Sfinge”. Posta in una posizione dominante rispetto al resto del parco, questa figura imponente e opulenta richiama alla memoria le Nanas, figure femminili rotonde e gioiose che incarnano un'immagine positiva e potente della donna, nate a partire dagli anni Sessanta. Come Mondrian aveva trasformato il suo appartamento di Parigi in un gigantesco dipinto, Niki ha vissuto all’interno dell’Imperatrice, per tutto il tempo della costruzione del giardino. Ancora oggi gli arredi si presentano come parte integrante della enorme scultura, un variopinto appartamento in cui le forme e i colori si confondono con l'ambiente circostante la macchia mediterranea con alberi e gli arbusti resistenti alla siccità e alle alte temperature estive. "La forza" Piante come il ginepro, il lentisco, la fillirea, l'elicriso, il cisto, l'alloro, l'erica, il corbezzolo e l'alaterno sono la cornice a queste giganti opere d’arti. Sono presenti anche parecchi esemplari di olivi, che rispecchiandosi per merito delle piccole parti riflettenti in stile mosaico delle opere, si illuminano quasi fossero loro veri protagonisti.Piante come il ginepro, il lentisco, la fillirea, l'elicriso, il cisto, l'alloro, l'erica, il corbezzolo e l'alaterno sono la cornice a queste giganti opere d’arti. Sono presenti anche parecchi esemplari di olivi, che rispecchiandosi per merito delle piccole parti riflettenti in stile mosaico delle opere, si illuminano quasi fossero loro veri protagonisti. I mosaici che ricoprono le figure sono stati realizzati con la tecnica trecadis che consiste nell'applicazione di frammenti di ceramica, vetro e specchio, tagliati in modo irregolare, fissati su intonaco bianco. Lo scopo di questa tecnica è quello di riuscire a dar vita a costruzioni somiglianti a creature viventi. Ne è l’esempio “La forza” dove una tenera fanciulla domina un drago temibile verde, tenendolo legato a un guinzaglio invisibile, o “Il diavolo” dalle sue ali variopinte. "La'Imperatrice", la scala de "Il mago" e "La luna" Scoprire tutte le carte con la dicitura esatta dell’artista è molto interessante e apre le porte a nuove consapevolezze. Come del resto il pensare che l’artista ci abbia messo più di vent’anni a realizzare questo giardino, dimostra infatti quanto fosse connessa con questa sua opera enorme e l'impegno personale che vi ha investito. Anche la presenza di una squadra di persone locale, che l'artista ha formato e che continua a mantenere il giardino, testimonia la sua volontà di coinvolgere parecchio la comunità locale e di assicurarsi che il suo lavoro sia preservato e curato nel tempo. "La temperanza" Niki de Saint Phalle è considerata una figura molto influente nell'arte contemporanea e il suo lavoro continua a essere esposto in importanti musei e gallerie in tutto il mondo. La sua eredità artistica è caratterizzata dalla sua capacità di trasformare il dolore personale in opere di bellezza e gioia, ispirando generazioni di artisti e appassionati d'arte e passeggiare in questa suo giardino è un vero e proprio percorso verso l’arte in ogni sua forma, un percorso spirituale ricco di messaggi, che ti spinge a riflessioni fuori dall’ordinario, quasi al limite. GALLERY Fotografie ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Villa Marlia Giardini Botanici di Villa Taranto Giardini Botanici di Villa Taranto I giardini di Villa Melzi I giardini di Villa Melzi Parco giardini di Sicurtà Parco giardini di Sicurtà Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo

  • Orto Botanico di Berlino | terrimago

    L'Orto Botanico di Berlino coi suoi 43 ettari 22.000 specie di piante, le sue 15 serre e il suo museo didattico è uno degli orti più grandi del mondo ed è una vera e propria istituzione botanica. GERMANIA ORTO BOTANICO DI BERLINO Il Mondo in un Giardino Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini e Noa Terracina L ’Orto Botanico di Berlino coi suoi 43 ettari e le sue 22.000 specie di piante è una vera e propria istituzione botanica ed è uno dei più grandi al mondo. Fondato nel 1679 come luogo adibito alla coltivazione di ortaggi, si è poi spostato nel quartiere di Lichterfelde, subendo una trasformazione significativa in giardino paesaggistico tra il 1897 e il 1910 sotto la direzione di Adolf Engler il cui motto era “il mondo in un giardino”. In un terzo dell’intera area esterna dell’orto le piante sono disposte in un ordine fitogeografico, ovvero per area geografica , per cui in quest’area è come passeggiare per i diversi habitat del mondo: dai boschi alle praterie, e dalle montagne degli Stati Uniti a quelle dell’Asia. Per esempio, nei giardini rocciosi sono rappresentati gli Appalachi del versante atlantico e le montagne del Pacifico californiano. Si può poi attraversare l’altopiano anatolico e l’Himalaya, dove è riprodotta la vegetazione sia del versante occidentale caratterizzato da lunghe piogge monsoniche, sia di quello orientale con mesi ancora più umidi e differenze visibili. Per poi concludere in Giappone, dove si possono riconoscere Prunus , Magnolie, e vari tipi di foresta con ad esempio la Cryptomeria japonica e la Sophora japonica . Le zone esterne sono altrettanto interessanti, si passa per l'arboreto che raggruppa gli alberi in base alle loro relazioni naturali, il giardino che stimola l'olfatto e il tatto con piante aromatiche comuni e non , o il giardino delle piante medicinali con circa 230 tipi di piante disposte per aree di applicazione per specifiche malattie, c'è persino un piccolo giardino all’italiana, fino ad arrivare alle paludi e ai giardini acquatici con 200 piante di cui alcuni esemplari in via di estinzione. Un altro angolo molto piacevole è il roseto, molto ben tenuto, ha una notevole collezione di rose da tutto il mondo . Infine, c’è la zona delle piante erbacee, in parte protetta dal passaggio dei visitatori, con al suo interno un’ottantina di piante in via di estinzione. Ma il vero fiore all’occhiello è la grandissima Serra Tropicale, dichiarata Patrimonio dell'Umanità , che da oltre cent’anni è il simbolo del Giardino Botanico. Esempio notevole di architettura in vetro e acciaio del XIX secolo, ancora oggi è una delle serre autoportanti più imponenti e più grandi del mondo, con più di 1.400 specie di piante. Distrutta nell’autunno del 1943 durante la guerra, negli anni 60’ viene ricostruita una prima volta, ma solo grazie all’ultima ristrutturazione del 2009 con materiali tecnologici innovativi diventa una struttura completamente all’avanguardia: con forti risparmi energetici, fino punte al 70% negli impianti di climatizzazione, fondamentali nelle serre. Suddivisa in quattordici ambienti distinti tutti collegati, è da sempre un incanto per chi vi passeggia per la sovrabbondanza di piante e fiori variopinti di ogni tipo e specie: dai bambù giganti nella serra tropicale, alle felci con più di 200 anni , con la collezione di orchidee e piante carnivori nella serra delle felci. Anche le succulente, provenienti dalle regioni tropicali e subtropicali del Vecchio Mondo, hanno una loro serra , in cui dominano le specie di Euphorbia, a forma di candelabro, e di aloe con le loro grandi foglie carnose. La serra vicina invece presenta un paesaggio di succulento del Nuovo Mondo, dove risiedono soprattutto cactus cresciuti a dismisura, ma anche specie come le agavi e altre Crassulaceae . L’ultima arrivata invece è la Victoria House, dove oltre a primeggiare le famose ninfee giganti , come la Victoria Amazonica che con le sue imponenti foglie galleggianti può sopportare fino a un peso di oltre 100 kg distribuito uniformemente, si studiano anche alcune specie che secondo Frontiers Plants Biology sono in via di estinzione, come in Bolivia a causa della distruzione del loro habitat. Un altro luogo di eccellenza è il Museo Botanico aggiunto nel 1905 al complesso dell’Orto Botanico: unico nel suo genere in tutta l’Europa centrale, conserva oltre al prezioso patrimonio dello storico erbario regio e dell’erbario berlinese, gli studi focalizzati sulle interazioni tra i viventi con la chimica dei terreni, la fisica e l’idrologia. Tale impostazione è ereditata dalle ricerche di Adolf Engler, celebre per il suo approccio alla tassonomia delle piante, basato su schemi evolutivi ispirati da Charles Darwin, cui aggiunge l’importanza della distribuzione geografica: l’idea per cui le piante si adattano alle condizioni climatiche, formando delle comunità. In quegli anni presto si parlerà di biotopo, ossia di unità minime territoriali che permettono lo sviluppo di organismi viventi, piante e animali, con determinate caratteristiche fisico-chimico-climatiche; un concetto cruciale per lo sviluppo e la conoscenza di habitat, climi ambientali e dell’odierna ecologia. Per questo la visita al museo è dedicata, oltre che alla discendenza delle piante, ai tipi di vegetazione e ai loro diversi ambienti, all’influenza che l’ambiente e le condizioni climatiche esercitano sulla morfologia delle piante. L’Orto Botanico di Berlino è veramente un crocevia di conoscenze e biodiversità , un luogo di studio e ricerca, ma anche di ospitalità per chiunque voglia passeggiarvi e respirare aria da tutto il mondo. Non c’è stagione che non si distingua egregiamente per i suoi colori, profumi, o scenari, e ogni scusa è buona per passare da qui. IN EVIDENZA LA VICTORIA AMAZONICA La Victoria Amazonica è un nome che ci evoca quelle enormi foglie galleggianti su l’acqua. Ma non tutti sanno che è stata la morfologia di questa ninfea unica a ispirare la serra Crystal Palace di Kew di Londra nel 1851, realizzato in ferro e vetro. L’idea parte proprio dalla forza della foglia, le cui costole della faccia inferiore, organizzate come un sistema di contrafforti, riescono a reggere fino a 100 kg un peso distribuito uniformemente. Le foglie centriche a simmetria radiale rigide e coperte da robuste spine sono rinforzate da più nervature concentriche e flessibili distribuite in direzione opposte, caratteristica morfologica che si ripresenta nella soluzione costruttiva del Crystal Palace. Ma il fascino delle Victoria non si ferma qua, i loro enormi fiori possono raggiungere i 30 cm di diametro, e sbocciano solamente per un giorno e due notti. La prima sera, al crepuscolo, si apre un grosso bocciolo ricoperto di spine e appare un fiore bianco che grazie a una reazione termodinamica innalza la propria temperatura interna 11 gradi sopra a quella ambientale. Questo calore sprigionato e un profumo, simile all’ananas attraggono i coleotteri che all’alba, quando il fiore si richiude, vi rimangono intrappolati. Ma non essendo piante carnivori non muoiono, bensì vi trascorrono la giornata nutrendosi delle appendici floreali ricche di amido. La seconda notte il fiore cambia colore, e prende le tinte del rosa o del rosso e al tramonto libera gli insetti, che intrisi di polline vanno a fecondare un altro fiore. All’alba del secondo giorno il fiore appassisce, si richiude e si immerge, ed è lì che maturerà il frutto. Link Serra Victoria GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri giardini botanici e vivai Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Orto Botanico di Zurigo e la Serra Malgascia Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan

  • Lavandeto di Assisi | Terrimago

    Il vivaio Water Nursery a Latina ospita una vasta collezione di piante acquatiche e palustri provenienti da ogni parte del mondo. Fra esemplari rari di ninfee, spettacolari iris e fiori di loto, il vivaio cura e valorizza tantissime specie botaniche. UMBRIA IL LAVANDETO DI ASSISI Non solo lavanda Fotografie di Cristina Archinto A Castelnuovo di Assisi, sotto lo sguardo vigile della Basilica di San Francesco, si trova il Lavadeto di Assisi un vivaio, ma non solo, è anche un giardino e ogni tanto è anche un luogo dove festeggiare la primavera a fine di aprile, la lavanda a luglio e le salvie ai primi di ottobre. IL VIVAIO La lavanda è sicuramente la protagonista indiscussa del vivaio ma ci sono tantissime altre piante degne di nota che spiccano soprattutto in altri periodi dell'anno, quali ad esempio la salvia Greggii hot lips un bellissimo profumato cespuglio perenne con puntini rosso intenso che fiorisce da aprile a maggio. Oppure i bellissimi cespugli di Pennisetum villosum una graminacea con una fioritura bianca che avviene da agosto a ottobre, o ancora il color malva dei cespugli di Verbena rigida o i cespugli di Sedum couticola . I GIARDINI Poco lontano dal vivaio, immersi nel territorio tra un campo e l’altro, ci sono quelli che vengono chiamati i giardini del Lavandeto, esempi di diversi tipi di giardini con piante specifiche; perenni a bassa manutenzione, o piante adatte al sole o a terreni aridi o piante da inserire nel proprio laghetto, per vedere sul campo, come potrà diventare il nostro futuro giardino o i come si svilupperanno i nostri acquisti al vivaio. Cespugli di Pennisetum villosum , meravigliose Stipa tenuissima che sembrano capelli al vento, le così dette piume della pampa ovvero le Cortaderia selloana e ancora le ninfee con le Hydrocotyle per i laghetti. Si possono anche vedere i grandi cespugli di rosmarino fiorito che proteggono dal vento tante differenti piante aromatiche, ci sono anche gli alveari con le api che si preparano a passare l’inverno in attesa di una nuova spettacolare fioritura a primavera. Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri giardini botanici e vivai Vivai cuba Orto Botanico di Berlino Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra

  • Dracaena Draco

    < Back Dracaena Draco Dracaena Draco La Dracaena Draco è una pianta decisamente lenta, ma molto longeva; si stima possa arrivare fino a ottocento anni, come l’esemplare a Icos de Los Vinos alle Isole delle Canarie, ma essendo una molocotiledone non presenta anelli annuali che ci confermino la sua età. Detta anche Sangue di Drago per via della sua resina che al contatto con l’aria diventa rossa, era già utilizzata dagli antichi romani come “cinabro” pigmento utilizzato come colorante per lana, ceramica, marmi e anche rossetti. Più avanti è stato utilizzato anche come mordente per i violini Stradivari. Oggi è ancora usata nella medicina popolare per arrestare le emorragie, curare le ulcere e il trattamento della diarrea ed è anche per questo che è a rischi di estinzione. Link Previous Next

  • Orto Botanico di Amsterdam | terrimago

    Correva l’anno 1638 quando la peste si abbatté su Amsterdam e le piante medicinali rappresentavano l’unico modo che si conosceva per curarla e prevenirla. Fu proprio per questo motivo che in quello stesso anno venne alla luce l’Hortus Medicus, luogo di formazione dove medici e farmacisti si incontravano per imparare e condividere le conoscenze botaniche e mediche, arricchendone sempre di più la collezione di piante officinali. OLANDA ORTO BOTANICO DI AMSTERDAM Da Ortus Medicus a Ortus Botanicus Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini C orreva l’anno 1638 quando la peste si abbatté su Amsterdam e le piante medicinali rappresentavano l’unico modo che si conosceva per curarla e prevenirla. Fu proprio per questo motivo che in quello stesso anno venne alla luce l ’Hortus Medicus , luogo di formazione dove medici e farmacisti si incontravano per imparare e condividere le conoscenze botaniche e mediche, arricchendone sempre di più la collezione di piante officinali. Il primo che catalogò l'intera collezione fu, nel 1646, l'allora direttore Johannes Snippendaal: gli servì un intero anno per contare le 796 specie di piante, e scrivere il catalogo, ma grazie a questo duro lavoro Carl Nilsson Linneo nel 1753 riuscì a scrivere la sua opera fondamentale Species Plantarum . Nel 1682 intanto, grazie ai contatti commerciali della Compagnia delle Indie Orientali e all’aiuto dei collezionisti dei Paesi Bassi, l’Orto acquisì moltissime specie non solo medicinali, ma anche da serra ed ornamentali, che trasformarono il vecchio Hortus da Medicus a Botanicus, nuovo centro di intensa attività di ricerca e di commercio. Sempre in questo periodo, vennero incaricati di documentare la nuova raccolta gli illustratori botanici Jan e Maria Moninckx, che realizzarono l’Atlante di Moninckx: non il solito erbario con piante essiccate, ma un catalogo contenete le riproduzioni grafiche delle piante più recenti ed esotiche. L'incarico, che si concluse nel 1749, richiese la produzione di ben nove volumi, e coinvolse nella bottega di Jan e Maria altre esperte acquarelliste. Vi collaborarono infatti Johanna H. Herolt, figlia di Sibylla Merian, e Alida Withoos, figlia di Mathias Withoos, il pittore di nature morte maestro di Gaspar Van Wittel. Tutt’ora l'Atlante Moninckx è considerato la principale testimonianza dello straordinario contributo delle donne alla nascita del disegno scientifico. Oggi, l’Orto Botanico si estende poco più di un ettaro ma vanta una ricchezza vegetale enorme: sono presenti circa 4.000 specie, tra quelle coltivate all’esterno e quelle ospitate nelle sue sette serre, appena sopra al 1% della diversità vegetale mondiale ed è un luogo ricco di storia, dove si intrecciano vicende moderne di emancipazione e studi all’avanguardia per l’attenzione sia al passato che al presente. Ne è un esempio il giardino attraversato da sentieri circolari che col tempo, esattamente nel 1863, riorganizzato in Giardino Sistemico. La forma a semicerchio rappresenta infatti la classificazione sistematica delle piante: le specie che sono strettamente imparentate si trovano a crescere l'una vicino all'altra, mentre quelle che hanno poco in comune sono coltivate lontano. Attualmente sono classificate secondo l’Angiosperma Phylogeny Group (APG), tra le tecnologie più avanzate della “sistemica molecolare”, basata sulle analogie del materiale genetico. Qui, se l’estate è un tripudio di fioriture, l’inverno lascia emergere le linee simmetriche delle siepi di bosso. Un vero e proprio capolavoro di architettura moderna è la Serra dei Tre Climi, progettata nel 1993 da Zwarts & Jansma Architects che riunisce tre diverse ambienti climatici: i subtropici, il deserto e i tropici. Una passerella sospesa consente ai visitatori di passare da una zona e l’altra, ognuna con la propria temperatura, umidità e circolazione dell’aria. Chi vi passeggia gode la vista sull’intreccio di liane e foglie, osserva da vicino la chioma degli alberi mentre intravede il cielo dal tetto di vetro, attraversando la macchia secca, la giungla e il deserto. Nella prima si imbatte in gerani, agapanti e gerbere, poi giunge al clima umido subtropicale dove la protagonista è l’abbondanza di acqua, e infine alla sezione desertica, dove spiccano cactus e maestose succulente provenienti da deserti lontanissimi tra loro. Invece nella Serra delle Palme si può ammirare, accanto agli esemplari di palme giganti, la famosa cyca Encephalartos altensteinii di 350 anni, acquistata nel 1850 da Guglielmo III. L’Hortus vanta la presenza di 60 specie diverse di cicadi, protette e tutelate anche grazie alla collaborazione con altri Orti, attraverso lo scambio di polline, semi o piante giovani. Centinaia di farfalle tropicali infine colorano la piccola Serra delle Farfalle, svolazzando su una interessante collezione di piante tropicali legate al commercio con le Americhe, come il caffè, il tè o il cioccolato. L’Orto è inoltre specializzato nelle famiglie di piante sudafricane, australiane e carnivore. L’Hortus Botanicus di Amsterdam, con le sue vicende e le sue collezioni, è ormai un patrimonio storico, erboristico e scientifico riconosciuto internazionalmente, ma è anche piacevole tappa in cui perdersi durante una gita nella città olandese per eccellenza. GALLERY Info: Sito ufficiale Foto ©CRISTINA ARCHINTO IN EVIDENZA Illustrazioni di Maria Moninckx e Maria Sibylla Merian ILLUSTRAZIONI BOTANICA AL FEMMINILE: L'ATLANTE MONINCKX L’Atlante Moninckx è una raccolta di immagini botaniche, contenente le riproduzioni ad acquerello e guazzo su pergamena, di 425 piante esotiche provenienti dall’Asia, dal Sudafrica e dal Sud America, messe a dimora nell’Orto Botanico di Amsterdam. Questa collezione, suddivisa in nove libri, prende il nome dai due artisti che maggiormente hanno contribuito a realizzarlo: Jan e Maria Moninckx. Maria Moninckx nasce a L’Aia intorno al 1673, ed è figlia di un importante pittore, Johannes Moninckx, e di Ariaentje Pieters, anche lei artista. Rinomata nel settore come pittrice floreale, per l’Atlante esegue ben 101 illustrazioni. L'affiancano, oltre a Jan Moninckx, altre due donne Johanna Herolt-Graff, figlia di Maria Sibylla Merian i cui libri sono considerati ancora oggi capolavori di pittura e precursori della moderna entomologia, e Alida Withoos. Entrambe illustratrici botaniche del tempo, fanno parte di una disciplina sottovalutata in campo artistico ma di estrema importanza nel mondo scientifico, quale ausilio per la classificazione e lo studio della morfologia delle piante, poiché diversamente dagli erbari fornisce una rappresentazione sia della forma che dei dettagli delle varie specie. In questo caso, le illustratrici botaniche studiano da vicino non solo piante e fiori ma la vita stessa degli insetti, spesso conseguendo importanti, quanto ignorati, risultati scientifici. Per esempio, Maria Sibylla Merian tra il 1679 e il 1683 stampa La meravigliosa metamorfosi dei bruchi e il loro singolare nutrirsi di fiori , un’opera dove illustra oltre 176 specie animali, dai bachi da seta alle farfalle, in ogni loro stadio di sviluppo con altrettante specie di fiori e piante di cui si ciba l’animale, ccanto a ogni tavola riporta infatti i dati circa i tempi di metamorfosi, di nutrizione e di ciclo di vita di ognuno. Proprio per tale precisione Merian è oggi considerata la prima entomologa della storia della scienza, un riconoscimento che le verrà dato solo nel Novecento, dopo secoli nell’ombra, rinomata nei soli circoli esperti del settore. Queste illustrazioni rappresentano dunque non solo uno strumento essenziale per la studio, ma anche di emancipazione dal pregiudizio secondo cui la scienza, e quindi la botanica, era, e spesso ancora è, appannaggio solo maschile. Altri giardini botanici e vivai Orto botanico di Napoli Orto Botanico di Zurigo e la Serra Malgascia Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma

  • Parco Giardino Sigurtà | terrimago

    Al confine tra Veneto e Lombardia, a Valeggio sul Mincio, i 60 ettari del Parco Giardino Sigurà si sono colorati grazie alla Tulipanomania, la fioritura di tulipani più ricca in Italia, la seconda a livello europeo, per la presenza di oltre un milione di bulbi. VENETO PARCO GIARDINO DI SIGURTÀ L’incanto dei tulipani dall’antica Persia alle Valli del Mincio Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini N onostante il freddo di fine marzo i tulipani del Parco Giardino Sigurtà sono spuntati! Al confine tra Veneto e Lombardia, a Valeggio sul Mincio, i 60 ettari del Parco si sono colorati grazie alla Tulipanomania, la fioritura di tulipani più ricca in Italia, la seconda a livello europeo, per la presenza di oltre un milione di bulbi. Il percorso di circa 10 km su vialetti in porfido incanta il visitatore tra radure fiabesche e monumenti in ricordo della famiglia Sigurtà. Scandito da vaste visuali sul Mincio, l’itinerario attraversa ponticelli, specchi d'acqua, raggiunge le aiuole del Grande Tappeto Erboso e le isole galleggianti, rotanti nei Laghetti Fioriti. Ogni angolo è una sorpresa, non solo per i tulipani ma anche per i narcisi, i muscari, i giacinti, le fritillarie. La loro disposizione è frutto di uno studio approfondito che garantisce una cromia perfetta, per centinaia di sfumature variopinte. Mentre, primavera dopo primavera, le aiuole si rinnovano, regalando sempre nuovi spettacoli. La proprietà, prima della famiglia Contarini, poi Maffei, è acquistata nel 1941 da Giuseppe Carlo Sigurtà che nel 1978 la apre al pubblico. L’area diventa presto un parco naturalistico e nel 2019 i Giardini di Sigurtà vengono premiati dalla World Tulip Society per l’eccellenza nella promozione e nella celebrazione del tulipano. Oggi Tulipanomania è un vero e proprio Festival che ne esalta la bellezza. La storia del tulipano parte ad Oriente: dal persiano delband , che significa copricapo o turbante. Le prime coltivazioni avvengono in Turchia dove raggiunge grande popolarità nel XVI secolo. Durante il regno di Solimano il Magnifico, si sviluppano numerose varietà che dalla sua corte esportate a Vienna, poi in Olanda e in Inghilterra. La scelta del nome Tulipanomania richiama la Febbre dei Tulipani che scoppiò in Olanda nella prima metà del XVII secolo. In quegli anni la domanda di tulipani toccò un picco così alto che ogni singolo bulbo raggiunse prezzi incredibili: nel 1623 alcuni arrivarono a costare anche un migliaio di fiorini olandesi. Considerando che il reddito medio annuo dell'epoca era di 150 fiorini, i bulbi divennero un bene su cui investire, scambiare con terreni, bestiame o case. Nel 1630, per soddisfare le esigenze del mercato, esistevano oltre 140 diverse specie di tulipani registrate solo in Olanda: ibridi monocolore, multicolore con striature, tratti o foglie fiammeggianti, tutti facevano a gara per creare il tulipano più bello e raro. Il prezzo record fu registrato per il bulbo più famoso, il Semper Augustus , venduto ad Haarlem per ben 6.000 fiorini. Nel 1636 divennero il quarto prodotto di esportazione più importante dell'Olanda, ma alla fine di quell'anno la “Bolla dei Tulipani”, raggiunto l’apice, scoppiò, mandando sul lastrico tantissime persone. La febbre riprese in Inghilterra nel 1800, dove il prezzo di un singolo bulbo arrivò a quindici ghinee, una somma che bastava ad assicurare a un lavoratore e alla sua famiglia cibo, vestiti e alloggio per almeno sei mesi. Ma nessun altro paese d'Europa eguagliò più il livello di tulipanomania degli olandesi. L’odierna Tulipanomania del Giardino Sigurtà ha a cuore il tema del giardino ecologico; premiato dall’European Award for Ecological Gardening, il Parco sensibilizza l’opinione pubblica promuovendo visite a piedi, in bici, in golf-cart elettrico o in trenino rétro che segue l’Itinerario degli incanti con guida multilingue. Sulla stessa linea di pensiero si inserisce la creazione del Labirinto, inaugurato nel 2011 su un’area prima adibita a parcheggio, dove ora crescono millecinquecento piante di tasso alte più di due metri, disegnando geometrie naturali su una superficie rettangolare di 2.500 metri quadri. Dalla torre al centro del Labirinto, si può ammirare la Grande Quercia che si erge da oltre quattro secoli. Finita la visita la sensazione sarà quella di non aver visto tutto. La grande varietà di luoghi sarà la scusa perfetta per tornare e scoprire il Giardino, in cerca di nuovi colori e fioriture in nuovi periodi dell’anno. IL TULIPANO NELLA STORIA “L’arte non poteva fingere una grazia più semplice, né la natura formare una linea più bella” scriveva James Montgomery, poeta scozzese, a fine ‘700. I tulipani, una specie bulbose appartenenti alla famiglia delle Liliaceae, intorno al 1554 vengono menzionati per la prima volta in Europa occidentale sotto il nome di tulipa , dal genere latino, o tulipant . La parola probabilmente deriva dal persiano دلبند delband "turbante" per la sua somiglianza col fiore. Uno dei racconti più antichi risale all’antica Persia: il giovane principe Farhad apprende che Shirin, il suo grande amore, è stata uccisa. Sopraffatto dal dolore, si getta da una scogliera. In realtà è un geloso rivale ha diffondere questa falsa voce per ostacolare la loro relazione. Così a simboleggiare l'amore eterno e il sacrificio, la tradizione vuole che dove il sangue del giovane principe sia gocciolato siano cresciuti dei tulipani. Ancora oggi in Iran, dove il tulipano è simbolo nazionale del martirio, usato anche come simbolo nella rivoluzione islamica del 1979, ricorda i martiri morti nella battaglia di Karbala nel 680 D.C. Le peripezie di questo fiore sono variegate e arrivano fino in Europa, in Olanda precisamente, dove nel 1636 la domanda di bulbi di tulipano crebbe a un livello tale che si cominciò a investirci in Borsa. I giornali dell’epoca, per esempio, riportano la storia di un birraio di Utrecht che scambiò la propria fabbrica di birra per soli tre bulbi di tulipano. I fiori divennero gioielli per le dame, arricchendone anche il significato intrinseco: regalare un tulipano può significare amore incondizionato e perfetto, o serve a brindare alla realizzazione di un obbiettivo raggiunto, può alludere alla vanità, o rispecchiare l’attitudine filosofica e la caducità della vita. Non a caso ritroviamo un vaso di tulipano vicino al busto di Seneca nel quadro I quattro filosofi dell’artista fiammingo Pieter Paul Rubens, a richiamare la scomparsa dei due personaggi al centro del dipinto, tanto cari al pittore. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa

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