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- Orto Botanico Zurigo | terrimago
Il verde botanico a Zurigo si divide in due: da una parte l’orto botanico, dall’altra la vastissima serra malgascia allo Zoo. Istituito negli anni ‘70 ed inizialmente privato, ora l’Orto Botanico di Zurigo fa parte del dipartimento di Scienze Naturali dell’Università di Zurigo. SVIZZERA ORTO BOTANICO DI ZURIGO E LA SERRA DEL MADAGASCAR di CARLA DE AGOSTINI Il verde botanico a Zurigo si divide in due: da una parte l’orto botanico, dall’altra la vastissima serra malgascia allo Zoo. Il primo è situato su una collinetta non lontano dal centro cittadino e non perde il suo fascino nemmeno d’inverno. Istituito negli anni ‘70 ed inizialmente privato, ora l’ Orto Botanico di Zurigo fa parte dell'Istituto di Botanica Sistematica ed Evolutiva dell’Università di Zurigo. Il giardino presenta tre serre visitabili a mezza sfera con differenti aree climatiche: la foresta tropicale di montagna, l’area dei venti secchi dei tropici con una vetrina dedicata alle piante carnivore e la foresta pluviale tropicale delle pianure, dove l’umidità è del 90% e la temperatura è di circa 26 °C sia d’estate che d’inverno. Le serre disegnate da Hans e Annemarie Hubacher, Peter Issler e Hansulrich Maurer, terminate nel 1976, ad oggi sono state più volte ristrutturate in plexiglas perché col tempo avevano perso gran parte della loro trasparenza con effetti dannosi sulla crescita delle piante. L’entrata principale è da Zollikerstrasse, salendo le scale, già si può ammirare l’attenzione e la cura richiamate dal Mixed Border : uno stile sviluppato in Inghilterra alla fine del 19° secolo, che permette di valorizzare le piante durante ogni stagione. Fiori annuali, piante perenni e piccoli arbusti vengono selezionati in modo che qualcosa sia sempre in fioritura, in primavera risaltano le geofite, e in inverno ci sono graminacee con infiorescenze sbiadite, che si ricoprono di brina e costituiscono un’attrazione molto particolare. L'obiettivo è didattico e l’interesse è di far risaltare la semina come un processo armonico e naturale. Allo zoo di Zurigo con circa 4.000 animali di 380 specie diverse, dove l’abitante più anziana è una tartaruga gigante delle Galapagos di oltre 70 anni, si aggiungono oltre 5 ettari e mezzo di verde con oltre un milione di specie di piante provenienti da tutto il mondo. La serra malgascia è una struttura metallica alta 30 metri, rivestita in EFTE, un materiale che simula la luce solare, consente di coprire e coibenta, in maniera leggera, gli oltre 11.000 metri quadrati di superficie. Grazie a questo materiale d’avanguardia, sensibile alla luce e ad alto valore d’isolamento, dal giugno 2003, è possibile immergersi in una fitta foresta tropicale, popolata da più di 20 mila piante e 45 specie di vertebrati tropicali, tra cui spiccano gli animali lasciati in libertà, come i lemuri. Qui è possibile vivere la foresta di Masoala, con temperature che variano dai 20 ai 30° C e il suo tasso di umidità altissimo, con una media di precipitazioni di 6 mm al giorno. Queste piogge tropicali sono realizzate attraverso un interessante sistema di riutilizzo dell’acqua piovana, che permette un’irrigazione equivalente di 80.000 litri d’acqua al giorno. La convivenza tra fauna e flora è nata per aiutare la preservazione della biodiversità degli ecosistemi del Madagascar. Attraverso il progetto Masoala, lo zoo di Zurigo ha deciso di sostenere il governo malgascio nella conservazione e nella tutela di una delle zone mondiali ad alto rischio di estinzione. Il Madagascar infatti, nonostante rappresenti solo l’1% della superficie terrestre, è tra le aree più ricche di biodiversità: ci vive circa il 3% totale delle specie animali e vegetali del pianeta e a oggi vi è accertata la perdita di almeno il 70% della copertura vegetale primaria. Flora e fauna si possono apprezzare anche dall’alto, dove si ammirano le piante acquatiche, le felci, le liane, i bambù, e gli animali. Tutta questa attenzione è in linea con uno dei compiti principali assunti dal giardino per il XXI sec: promuovere e rafforzare le relazioni tra vegetazione e umanità, cercando di trasmettere e valorizzare l’interconnessione sempre più evidente tra piante, ambiente e salute. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Melo Cinese Altri giardini botanici e vivai Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma Chicago Batanical Garden Parco Botanico Villa Rocca
- Incanto di luce Orto Roma | Terrimago
Fin dagli albori la luce ha sempre affascinato l’uomo perché rappresenta il potere supremo di illuminare l’oscurità. Prima, ovviamente fu il fuoco a rischiarare e a difendere l'uomo, poi Edison portando la luce nelle case con una produzione di massa di lampade e di corrente elettrica, anche se non fu lui l’inventore vero e proprio. All'Orto Botanico di Roma abbiamo un assaggio di Light Art per vederlo sotto una nuova luce. LAZIO ORTO BOTANICO DI ROMA Incanto di luci Fotografie e testo di Cristina Archinto Fin dagli albori la luce ha sempre affascinato l’uomo perché rappresenta il potere supremo di illuminare l’oscurità. Prima, ovviamente fu il fuoco a rischiarare e a difendere l'uomo, poi Edison portando la luce nelle case con una produzione di massa di lampade e di corrente elettrica, anche se non fu lui l’inventore vero e proprio. Oggi abbiamo un po’ perso l’abilità di “vedere al buio" e in assenza di luce diurna siamo abituati ad avere tutto illuminato, ma malgrado questo continuiamo ad essere attratti dalla suo potere e le sorgenti luminose riescono ad emozionare come poche cose al mondo. Attivando particolari abilità cognitive, la luce appassiona, impressiona e in generale crea benessere, legato forse anche a quel recondito ricordo primordiale, e ci porta a un senso armonico con l'ambiente circostante. Inoltre se a una sorgente luminosa magari colorata, si associa anche un flusso sonoro, come un brano musicale, si evince una sensazione quasi tattile finendo per “sentire” la luce. Questo è più o meno quello che succede alla mostra d’arte sensoriale all’Orto Botanico di Roma Incanto di luci. Un percorso di light art di un chilometro e mezzo ideato dal light designer Andreas Boehlke, con le suggestive musiche del compositore e sound designer Burkhard Fincke; opere che raccontano in modo artistico alcuni angoli di questo luogo meraviglioso. Le installazioni, con lampadine a led per avere un minimo impatto ambientale, ci riportano un orto botanico completamente diverso, possiamo proprio dire sotto una diversa luce. Alberi e piante dai colori sfarzosi, prati pieni di lucine intermittenti o palle che si illuminano di mille sfumature di colori diversi, scalinate tappezzate di lucciole o sagome luminose di renne che brucano tra i cespugli e altro ancora. Certo per gli amanti della natura o dell’orto stesso tutto questo fa uno strano effetto, vedere palme blu e fontane verdi o prati ricoperti di lucine rosse risulta stravagante ma bisogna dirlo, in certi casi, queste opere artistiche possono anche ampliare certi sapori, come nella foresta di bambù, dove raggi verdi in movimento “tagliano” di netto, come lame di guerrieri samurai, quei meravigliosi fusti. In altri casi forse l’incanto è poco naturale, come i fiori di loto adagiati sul laghetto del Giardino giapponese risultando poco apprezzabili, ma dall’altro canto le luci colorate tutto intorno fanno risaltare i suoi bei aceri. Alcune opere luminescenti incantano principalmente i bambini come le fate degli alberi o le ali di Trilli ma in generale si respira per lo più entusiasmo e stupore, e la quantità di cellulari che si vedono roteare in aria pronti a diffondere tutto ciò nell’etere, ne sono la prova. Devo ammettere che anche io mi sono molto divertita a fotografare un luogo che in teoria conoscevo molto bene ma che risultava stravolto completamente. Luci che apparivano e sparivano, colori in continuo cambiamento, alberi che prendevano forma diverse perché magari illuminati da sotto e non da sopra, hanno stimolato parecchio la mia creatività. Certo, per quello che possiamo definire come “la cultura del verde e della natura”, non sono certa che tutto questo abbia un riscontro positivo ma di sicuro l’altissima affluenza fa ben sperare che forse, anche solo alcuni di loro, la prossima primavera si ricorderanno di questo luogo magico per tornare a goderselo nel suo aspetto più naturale. Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri giardini botanici e vivai Vivai cuba Orto Botanico di Berlino Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra
- Il Giardino dei Tarocchi | Terrimago
Un luogo dove sculture le sculture monumentali di Niki de Saint Phalle dalle fattezze rotonde e dai colori sgargianti, uniche nel loro genere, ti risucchiano in un mondo fantastico e da sogni psichedelici, pur mantenendo una completa armonia con un paesaggio morbido e tipicamente mediterraneo. TOSCANA IL GIARDINO DEI TAROCCHI Le maestose opere di Niki de Saint Phalle immerse nella macchia mediterranea Fotografie e testo ©Cristina Archinto "La Papessa" Era il 1974 quando Niki de Saint Phalle, costretta ad un periodo di convalescenza a St. Moritz, incontra la collezionista d’arte Marella Agnelli nonché moglie di Gianni Agnelli. Le due donne si piacciono subito e l’artista le racconta il progetto che già da un po’ le frulla in testa. Una volta tornate in Italia Marella, insieme ai fratelli Carlo e Nicola Caracciolo, decidono di metterle a disposizione un lotto del loro terreno a Garavicchio, in Toscana, per la realizzazione de Il giardino dei Tarocchi, un perfetto connubio tra arte, natura e spiritualità. Un luogo dove sculture monumentali dalle fattezze rotonde e dai colori sgargianti, uniche nel loro genere, ti risucchiano in un mondo fantastico e da sogni psichedelici, pur mantenendo una completa armonia con un paesaggio morbido e tipicamente mediterraneo. Il cortile del "L'imperatore" Niki de Saint Phalle (1930-2002) è stata una celebre artista francese di origine statunitense, nota per la sua versatilità artistica attraverso molteplici media, tra cui scultura, pittura, installazione e performance. Nata a Neuilly-sur-Seine, in Francia, da genitori franco-americani, Niki ha trascorso parte della sua giovinezza negli Stati Uniti e la sua carriera artistica inizia negli anni '50, con dei dipinti influenzati dal movimento artistico del Nouveau Réalisme. Tuttavia, nel tempo diventata particolarmente famosa per le sue opere scultoree monumentali. La pratica artistica di Saint Phalle in generale è intrisa di simbolismo, femminismo e un approccio audace e provocatorio. Molte delle sue opere scultoree rappresentano figure femminili vigorose e assertive, spesso dipinte con colori vivaci e audaci. Saint Phalle ha utilizzato l'arte come strumento di espressione personale e come mezzo per affrontare temi sociali, come la liberazione delle donne e la denuncia della violenza di genere. L'interno de "L'imperatrice" Resta di fatto che uno dei suoi progetti più rappresentativi è sicuramente Il giardino dei Tarocchi, un complesso scultoreo, dove vengono rappresentati i diversi Arcani dei tarocchi, un lavoro di amore e dedizione, realizzato con l’aiuto di da Jean Tinguely e Doc Winsen, dove le imponenti e maestose statue sembrano prendere vita. Le figure mitologiche e mistiche scolpite in pietra e metallo, dominano il paesaggio con la loro presenza enigmatica. Ogni carta rappresenta una personalità unica e complessa, trasmettendo un senso di antica saggezza e potere. A incominciare dal “Il Mago”, come lo chiama l’artista “Il grande giocoliere. Il Dio che ha creato la meravigliosa farsa di questo mondo nel quale viviamo” e la “Papessa, la grande sacerdotessa del potere femminile”. Queste due opere sono state costruite nel 1980 insieme alla più iconica tra le architetture-sculture di questo luogo l’”Imperatrice-Sfinge”. Posta in una posizione dominante rispetto al resto del parco, questa figura imponente e opulenta richiama alla memoria le Nanas, figure femminili rotonde e gioiose che incarnano un'immagine positiva e potente della donna, nate a partire dagli anni Sessanta. Come Mondrian aveva trasformato il suo appartamento di Parigi in un gigantesco dipinto, Niki ha vissuto all’interno dell’Imperatrice, per tutto il tempo della costruzione del giardino. Ancora oggi gli arredi si presentano come parte integrante della enorme scultura, un variopinto appartamento in cui le forme e i colori si confondono con l'ambiente circostante la macchia mediterranea con alberi e gli arbusti resistenti alla siccità e alle alte temperature estive. "La forza" Piante come il ginepro, il lentisco, la fillirea, l'elicriso, il cisto, l'alloro, l'erica, il corbezzolo e l'alaterno sono la cornice a queste giganti opere d’arti. Sono presenti anche parecchi esemplari di olivi, che rispecchiandosi per merito delle piccole parti riflettenti in stile mosaico delle opere, si illuminano quasi fossero loro veri protagonisti.Piante come il ginepro, il lentisco, la fillirea, l'elicriso, il cisto, l'alloro, l'erica, il corbezzolo e l'alaterno sono la cornice a queste giganti opere d’arti. Sono presenti anche parecchi esemplari di olivi, che rispecchiandosi per merito delle piccole parti riflettenti in stile mosaico delle opere, si illuminano quasi fossero loro veri protagonisti. I mosaici che ricoprono le figure sono stati realizzati con la tecnica trecadis che consiste nell'applicazione di frammenti di ceramica, vetro e specchio, tagliati in modo irregolare, fissati su intonaco bianco. Lo scopo di questa tecnica è quello di riuscire a dar vita a costruzioni somiglianti a creature viventi. Ne è l’esempio “La forza” dove una tenera fanciulla domina un drago temibile verde, tenendolo legato a un guinzaglio invisibile, o “Il diavolo” dalle sue ali variopinte. "La'Imperatrice", la scala de "Il mago" e "La luna" Scoprire tutte le carte con la dicitura esatta dell’artista è molto interessante e apre le porte a nuove consapevolezze. Come del resto il pensare che l’artista ci abbia messo più di vent’anni a realizzare questo giardino, dimostra infatti quanto fosse connessa con questa sua opera enorme e l'impegno personale che vi ha investito. Anche la presenza di una squadra di persone locale, che l'artista ha formato e che continua a mantenere il giardino, testimonia la sua volontà di coinvolgere parecchio la comunità locale e di assicurarsi che il suo lavoro sia preservato e curato nel tempo. "La temperanza" Niki de Saint Phalle è considerata una figura molto influente nell'arte contemporanea e il suo lavoro continua a essere esposto in importanti musei e gallerie in tutto il mondo. La sua eredità artistica è caratterizzata dalla sua capacità di trasformare il dolore personale in opere di bellezza e gioia, ispirando generazioni di artisti e appassionati d'arte e passeggiare in questa suo giardino è un vero e proprio percorso verso l’arte in ogni sua forma, un percorso spirituale ricco di messaggi, che ti spinge a riflessioni fuori dall’ordinario, quasi al limite. GALLERY Fotografie ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Villa Marlia Giardini Botanici di Villa Taranto Giardini Botanici di Villa Taranto I giardini di Villa Melzi I giardini di Villa Melzi Parco giardini di Sicurtà Parco giardini di Sicurtà Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo
- Orto Botanico di Berlino | terrimago
L'Orto Botanico di Berlino coi suoi 43 ettari 22.000 specie di piante, le sue 15 serre e il suo museo didattico è uno degli orti più grandi del mondo ed è una vera e propria istituzione botanica. GERMANIA ORTO BOTANICO DI BERLINO Il Mondo in un Giardino Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini e Noa Terracina L ’Orto Botanico di Berlino coi suoi 43 ettari e le sue 22.000 specie di piante è una vera e propria istituzione botanica ed è uno dei più grandi al mondo. Fondato nel 1679 come luogo adibito alla coltivazione di ortaggi, si è poi spostato nel quartiere di Lichterfelde, subendo una trasformazione significativa in giardino paesaggistico tra il 1897 e il 1910 sotto la direzione di Adolf Engler il cui motto era “il mondo in un giardino”. In un terzo dell’intera area esterna dell’orto le piante sono disposte in un ordine fitogeografico, ovvero per area geografica , per cui in quest’area è come passeggiare per i diversi habitat del mondo: dai boschi alle praterie, e dalle montagne degli Stati Uniti a quelle dell’Asia. Per esempio, nei giardini rocciosi sono rappresentati gli Appalachi del versante atlantico e le montagne del Pacifico californiano. Si può poi attraversare l’altopiano anatolico e l’Himalaya, dove è riprodotta la vegetazione sia del versante occidentale caratterizzato da lunghe piogge monsoniche, sia di quello orientale con mesi ancora più umidi e differenze visibili. Per poi concludere in Giappone, dove si possono riconoscere Prunus , Magnolie, e vari tipi di foresta con ad esempio la Cryptomeria japonica e la Sophora japonica . Le zone esterne sono altrettanto interessanti, si passa per l'arboreto che raggruppa gli alberi in base alle loro relazioni naturali, il giardino che stimola l'olfatto e il tatto con piante aromatiche comuni e non , o il giardino delle piante medicinali con circa 230 tipi di piante disposte per aree di applicazione per specifiche malattie, c'è persino un piccolo giardino all’italiana, fino ad arrivare alle paludi e ai giardini acquatici con 200 piante di cui alcuni esemplari in via di estinzione. Un altro angolo molto piacevole è il roseto, molto ben tenuto, ha una notevole collezione di rose da tutto il mondo . Infine, c’è la zona delle piante erbacee, in parte protetta dal passaggio dei visitatori, con al suo interno un’ottantina di piante in via di estinzione. Ma il vero fiore all’occhiello è la grandissima Serra Tropicale, dichiarata Patrimonio dell'Umanità , che da oltre cent’anni è il simbolo del Giardino Botanico. Esempio notevole di architettura in vetro e acciaio del XIX secolo, ancora oggi è una delle serre autoportanti più imponenti e più grandi del mondo, con più di 1.400 specie di piante. Distrutta nell’autunno del 1943 durante la guerra, negli anni 60’ viene ricostruita una prima volta, ma solo grazie all’ultima ristrutturazione del 2009 con materiali tecnologici innovativi diventa una struttura completamente all’avanguardia: con forti risparmi energetici, fino punte al 70% negli impianti di climatizzazione, fondamentali nelle serre. Suddivisa in quattordici ambienti distinti tutti collegati, è da sempre un incanto per chi vi passeggia per la sovrabbondanza di piante e fiori variopinti di ogni tipo e specie: dai bambù giganti nella serra tropicale, alle felci con più di 200 anni , con la collezione di orchidee e piante carnivori nella serra delle felci. Anche le succulente, provenienti dalle regioni tropicali e subtropicali del Vecchio Mondo, hanno una loro serra , in cui dominano le specie di Euphorbia, a forma di candelabro, e di aloe con le loro grandi foglie carnose. La serra vicina invece presenta un paesaggio di succulento del Nuovo Mondo, dove risiedono soprattutto cactus cresciuti a dismisura, ma anche specie come le agavi e altre Crassulaceae . L’ultima arrivata invece è la Victoria House, dove oltre a primeggiare le famose ninfee giganti , come la Victoria Amazonica che con le sue imponenti foglie galleggianti può sopportare fino a un peso di oltre 100 kg distribuito uniformemente, si studiano anche alcune specie che secondo Frontiers Plants Biology sono in via di estinzione, come in Bolivia a causa della distruzione del loro habitat. Un altro luogo di eccellenza è il Museo Botanico aggiunto nel 1905 al complesso dell’Orto Botanico: unico nel suo genere in tutta l’Europa centrale, conserva oltre al prezioso patrimonio dello storico erbario regio e dell’erbario berlinese, gli studi focalizzati sulle interazioni tra i viventi con la chimica dei terreni, la fisica e l’idrologia. Tale impostazione è ereditata dalle ricerche di Adolf Engler, celebre per il suo approccio alla tassonomia delle piante, basato su schemi evolutivi ispirati da Charles Darwin, cui aggiunge l’importanza della distribuzione geografica: l’idea per cui le piante si adattano alle condizioni climatiche, formando delle comunità. In quegli anni presto si parlerà di biotopo, ossia di unità minime territoriali che permettono lo sviluppo di organismi viventi, piante e animali, con determinate caratteristiche fisico-chimico-climatiche; un concetto cruciale per lo sviluppo e la conoscenza di habitat, climi ambientali e dell’odierna ecologia. Per questo la visita al museo è dedicata, oltre che alla discendenza delle piante, ai tipi di vegetazione e ai loro diversi ambienti, all’influenza che l’ambiente e le condizioni climatiche esercitano sulla morfologia delle piante. L’Orto Botanico di Berlino è veramente un crocevia di conoscenze e biodiversità , un luogo di studio e ricerca, ma anche di ospitalità per chiunque voglia passeggiarvi e respirare aria da tutto il mondo. Non c’è stagione che non si distingua egregiamente per i suoi colori, profumi, o scenari, e ogni scusa è buona per passare da qui. IN EVIDENZA LA VICTORIA AMAZONICA La Victoria Amazonica è un nome che ci evoca quelle enormi foglie galleggianti su l’acqua. Ma non tutti sanno che è stata la morfologia di questa ninfea unica a ispirare la serra Crystal Palace di Kew di Londra nel 1851, realizzato in ferro e vetro. L’idea parte proprio dalla forza della foglia, le cui costole della faccia inferiore, organizzate come un sistema di contrafforti, riescono a reggere fino a 100 kg un peso distribuito uniformemente. Le foglie centriche a simmetria radiale rigide e coperte da robuste spine sono rinforzate da più nervature concentriche e flessibili distribuite in direzione opposte, caratteristica morfologica che si ripresenta nella soluzione costruttiva del Crystal Palace. Ma il fascino delle Victoria non si ferma qua, i loro enormi fiori possono raggiungere i 30 cm di diametro, e sbocciano solamente per un giorno e due notti. La prima sera, al crepuscolo, si apre un grosso bocciolo ricoperto di spine e appare un fiore bianco che grazie a una reazione termodinamica innalza la propria temperatura interna 11 gradi sopra a quella ambientale. Questo calore sprigionato e un profumo, simile all’ananas attraggono i coleotteri che all’alba, quando il fiore si richiude, vi rimangono intrappolati. Ma non essendo piante carnivori non muoiono, bensì vi trascorrono la giornata nutrendosi delle appendici floreali ricche di amido. La seconda notte il fiore cambia colore, e prende le tinte del rosa o del rosso e al tramonto libera gli insetti, che intrisi di polline vanno a fecondare un altro fiore. All’alba del secondo giorno il fiore appassisce, si richiude e si immerge, ed è lì che maturerà il frutto. Link Serra Victoria GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri giardini botanici e vivai Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Orto Botanico di Zurigo e la Serra Malgascia Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan
- Terrimago edition
Per mettere in risalto i differenti aspetti dell’universo botanico ed esaltare le caratteristiche più tipiche dei contesti naturali, Terrimago edition realizza libri fotografici curati in ogni dettaglio, anche tradotti in più lingua e valorizzati dal lavoro di esperti tipografi. Si occupa di distribuire i volumi in librerie specializzate e di organizzare presentazioni dei libri durante eventi di settore. Inoltre Terrimago edition realizza pubblicazioni in coproduzione. Terrimago edition LIBRI Per mettere in risalto i differenti aspetti dell’universo botanico ed esaltare le caratteristiche più tipiche dei contesti naturali, Terrimago edition realizza libri fotografici curati in ogni dettaglio, anche tradotti in più lingua e valorizzati dal lavoro di esperti tipografi. Si occupa di distribuire i volumi in librerie specializzate e di organizzare presentazioni dei libri durante eventi di settore. Inoltre Terrimago edition realizza pubblicazioni in coproduzione. Partendo da titoli e temi particolarmente interessanti, propone collaborazioni ad affascinanti strutture e realtà botaniche, scelte specificamente per le loro qualità, per realizzare dei volumi cartacei. Terrimago edition si occupa di tutte le fasi necessarie per la realizzazione completa di un libro fotografico, non solo per quanto riguarda la particolare attenzione e cura riservata ai servizi fotografici ma anche durante le fasi di stampa e di distribuzione dei volumi. Il lavoro di valorizzazione è essenziale per far crescere la propria realtà al di fuori dei suoi confini naturali ed è con questo obiettivo che Terrimago edition realizza prodotti editoriali in coproduzioni. Queste sono un’opportunità uniche per permettere ad ognuno di promuovere la propria realtà botanica in maniera più vantaggiosa possibile. Ultimi libri in vendita di Terrimago edition
- Villa d'este | Terrimago
Villa d’Este a Tivoli è indubbiamente uno dei giardini più famosi e visitati d'Italia. Di epoca rinascimentale, figura nella lista dei patrimoni mondiali UNESCO ed è caratterizzato da una notevole concentrazione di fontane, ninfei, grotte, giochi d’acqua e musiche idrauliche. LAZIO TIVOLI Villa d'Este Villa d’Este, capolavoro del giardino italiano e inserita nella lista UNESCO del patrimonio mondiale, con l’impressionante concentrazione di fontane, ninfei, grotte, giochi d’acqua e musiche idrauliche costituisce un modello più volte emulato nei giardini europei del manierismo e del barocco. Il giardino va per di più considerato nello straordinario contesto paesaggistico, artistico e storico di Tivoli, che presenta sia i resti prestigiosi di ville antiche come Villa Adriana, sia un territorio ricco di forre , caverne e cascate, simbolo di una guerra millenaria tra pietra e acque. Le imponenti costruzioni e le terrazze sopra terrazze fanno pensare ai Giardini pensili di Babilonia, una delle meraviglie del mondo antico, mentre l’adduzione delle acque, con un acquedotto e un traforo sotto la città, rievoca la sapienza ingegneristica dei romani. Il cardinale Ippolito II d’Este, dopo le delusioni per la mancata elezione pontificia, fece rivivere qui i fasti delle corti di Ferrara, Roma e Fointanebleau e rinascere la magnificenza di Villa Adriana. Governatore di Tivoli dal 1550, carezzò subito l’idea di realizzare un giardino nel pendio dirupato della “Valle gaudente”, ma soltanto dopo il 1560 si chiarì il programma architettonico della Villa, ideato dal pittore archeologo architetto Pirro Ligorio e realizzato dall’architetto di corte Alberto Galvani. La sistemazione fu quasi completata alla morte del cardinale (1572). Dal 1605 il cardinale Alessandro d'Este diede avvio ad un nuovo programma di interventi per il restauro e la riparazione dei danni alla vegetazione e agli impianti idraulici, ma anche per creare una serie di innovazioni all'assetto del giardino e alla decorazione delle fontane. Altri lavori furono eseguiti negli anni 1660 - 70, quando fu coinvolto lo stesso Gianlorenzo Bernini. Nel XVIII secolo la mancata manutenzione provocò la decadenza del complesso, che si aggravò con il passaggio di proprietà alla Casa d'Asburgo. Il giardino fu pian piano abbandonato, i giochi idraulici, non più utilizzati, andarono in rovina e la collezione di statue antiche, risalente all'epoca del Cardinal Ippolito, fu smembrata e trasferita altrove. Questo stato di degrado proseguì ininterrotto fino alla metà del XIX secolo, quando il cardinale Gustav Adolf von Hohenlohe, ottenuta in enfiteusi la villa dai duchi di Modena nel 1851, avviò una serie di lavori per sottrarre il complesso alla rovina. La villa ricominciò così ad essere punto di riferimento culturale, e il cardinale ospitò spesso, tra il 1867 e il 1882, il musicista Franz Liszt (1811 - 1886), che proprio qui compose Giochi d'acqua a Villa d'Este, per pianoforte, e tenne, nel 1879, uno dei suoi ultimi concerti. Allo scoppio della prima guerra mondiale la villa entrò a far parte delle proprietà dello Stato Italiano, fu aperta al pubblico e interamente restaurata negli anni 1920-30. Un altro radicale restauro fu eseguito, subito dopo la seconda guerra mondiale, per riparare i danni provocati dal bombardamento del 1944. A causa delle condizioni ambientali particolarmente sfavorevoli, i restauri si sono da allora susseguiti quasi ininterrottamente nell’ultimo ventennio (fra questi va segnalato almeno il recente ripristino delle Fontane dell’Organo e del “Canto degli Uccelli”). Gallery 1/1 Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: www.villadestetivoli.info Altri GIARDINI e PARCHI Parco del Paterno del Toscano Villa Lante Labirinto della Masone Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Villa Pizzo Castello di Masino Parchi di Parigi
- Parco Giardino Sigurtà | terrimago
Al confine tra Veneto e Lombardia, a Valeggio sul Mincio, i 60 ettari del Parco Giardino Sigurà si sono colorati grazie alla Tulipanomania, la fioritura di tulipani più ricca in Italia, la seconda a livello europeo, per la presenza di oltre un milione di bulbi. VENETO PARCO GIARDINO DI SIGURTÀ L’incanto dei tulipani dall’antica Persia alle Valli del Mincio Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini N onostante il freddo di fine marzo i tulipani del Parco Giardino Sigurtà sono spuntati! Al confine tra Veneto e Lombardia, a Valeggio sul Mincio, i 60 ettari del Parco si sono colorati grazie alla Tulipanomania, la fioritura di tulipani più ricca in Italia, la seconda a livello europeo, per la presenza di oltre un milione di bulbi. Il percorso di circa 10 km su vialetti in porfido incanta il visitatore tra radure fiabesche e monumenti in ricordo della famiglia Sigurtà. Scandito da vaste visuali sul Mincio, l’itinerario attraversa ponticelli, specchi d'acqua, raggiunge le aiuole del Grande Tappeto Erboso e le isole galleggianti, rotanti nei Laghetti Fioriti. Ogni angolo è una sorpresa, non solo per i tulipani ma anche per i narcisi, i muscari, i giacinti, le fritillarie. La loro disposizione è frutto di uno studio approfondito che garantisce una cromia perfetta, per centinaia di sfumature variopinte. Mentre, primavera dopo primavera, le aiuole si rinnovano, regalando sempre nuovi spettacoli. La proprietà, prima della famiglia Contarini, poi Maffei, è acquistata nel 1941 da Giuseppe Carlo Sigurtà che nel 1978 la apre al pubblico. L’area diventa presto un parco naturalistico e nel 2019 i Giardini di Sigurtà vengono premiati dalla World Tulip Society per l’eccellenza nella promozione e nella celebrazione del tulipano. Oggi Tulipanomania è un vero e proprio Festival che ne esalta la bellezza. La storia del tulipano parte ad Oriente: dal persiano delband , che significa copricapo o turbante. Le prime coltivazioni avvengono in Turchia dove raggiunge grande popolarità nel XVI secolo. Durante il regno di Solimano il Magnifico, si sviluppano numerose varietà che dalla sua corte esportate a Vienna, poi in Olanda e in Inghilterra. La scelta del nome Tulipanomania richiama la Febbre dei Tulipani che scoppiò in Olanda nella prima metà del XVII secolo. In quegli anni la domanda di tulipani toccò un picco così alto che ogni singolo bulbo raggiunse prezzi incredibili: nel 1623 alcuni arrivarono a costare anche un migliaio di fiorini olandesi. Considerando che il reddito medio annuo dell'epoca era di 150 fiorini, i bulbi divennero un bene su cui investire, scambiare con terreni, bestiame o case. Nel 1630, per soddisfare le esigenze del mercato, esistevano oltre 140 diverse specie di tulipani registrate solo in Olanda: ibridi monocolore, multicolore con striature, tratti o foglie fiammeggianti, tutti facevano a gara per creare il tulipano più bello e raro. Il prezzo record fu registrato per il bulbo più famoso, il Semper Augustus , venduto ad Haarlem per ben 6.000 fiorini. Nel 1636 divennero il quarto prodotto di esportazione più importante dell'Olanda, ma alla fine di quell'anno la “Bolla dei Tulipani”, raggiunto l’apice, scoppiò, mandando sul lastrico tantissime persone. La febbre riprese in Inghilterra nel 1800, dove il prezzo di un singolo bulbo arrivò a quindici ghinee, una somma che bastava ad assicurare a un lavoratore e alla sua famiglia cibo, vestiti e alloggio per almeno sei mesi. Ma nessun altro paese d'Europa eguagliò più il livello di tulipanomania degli olandesi. L’odierna Tulipanomania del Giardino Sigurtà ha a cuore il tema del giardino ecologico; premiato dall’European Award for Ecological Gardening, il Parco sensibilizza l’opinione pubblica promuovendo visite a piedi, in bici, in golf-cart elettrico o in trenino rétro che segue l’Itinerario degli incanti con guida multilingue. Sulla stessa linea di pensiero si inserisce la creazione del Labirinto, inaugurato nel 2011 su un’area prima adibita a parcheggio, dove ora crescono millecinquecento piante di tasso alte più di due metri, disegnando geometrie naturali su una superficie rettangolare di 2.500 metri quadri. Dalla torre al centro del Labirinto, si può ammirare la Grande Quercia che si erge da oltre quattro secoli. Finita la visita la sensazione sarà quella di non aver visto tutto. La grande varietà di luoghi sarà la scusa perfetta per tornare e scoprire il Giardino, in cerca di nuovi colori e fioriture in nuovi periodi dell’anno. IL TULIPANO NELLA STORIA “L’arte non poteva fingere una grazia più semplice, né la natura formare una linea più bella” scriveva James Montgomery, poeta scozzese, a fine ‘700. I tulipani, una specie bulbose appartenenti alla famiglia delle Liliaceae, intorno al 1554 vengono menzionati per la prima volta in Europa occidentale sotto il nome di tulipa , dal genere latino, o tulipant . La parola probabilmente deriva dal persiano دلبند delband "turbante" per la sua somiglianza col fiore. Uno dei racconti più antichi risale all’antica Persia: il giovane principe Farhad apprende che Shirin, il suo grande amore, è stata uccisa. Sopraffatto dal dolore, si getta da una scogliera. In realtà è un geloso rivale ha diffondere questa falsa voce per ostacolare la loro relazione. Così a simboleggiare l'amore eterno e il sacrificio, la tradizione vuole che dove il sangue del giovane principe sia gocciolato siano cresciuti dei tulipani. Ancora oggi in Iran, dove il tulipano è simbolo nazionale del martirio, usato anche come simbolo nella rivoluzione islamica del 1979, ricorda i martiri morti nella battaglia di Karbala nel 680 D.C. Le peripezie di questo fiore sono variegate e arrivano fino in Europa, in Olanda precisamente, dove nel 1636 la domanda di bulbi di tulipano crebbe a un livello tale che si cominciò a investirci in Borsa. I giornali dell’epoca, per esempio, riportano la storia di un birraio di Utrecht che scambiò la propria fabbrica di birra per soli tre bulbi di tulipano. I fiori divennero gioielli per le dame, arricchendone anche il significato intrinseco: regalare un tulipano può significare amore incondizionato e perfetto, o serve a brindare alla realizzazione di un obbiettivo raggiunto, può alludere alla vanità, o rispecchiare l’attitudine filosofica e la caducità della vita. Non a caso ritroviamo un vaso di tulipano vicino al busto di Seneca nel quadro I quattro filosofi dell’artista fiammingo Pieter Paul Rubens, a richiamare la scomparsa dei due personaggi al centro del dipinto, tanto cari al pittore. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa
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Uno dei luoghi più suggestivi di Parigi è sicuramente il Parco di Bercy, la cui trama di sentieri, rotaie e riflessi d’acqua non può che affascinare. Con i suoi 13,5 ettari, nel 12° arrondissement, Bercy stupisce i passanti con indizi che raccontano un luogo di contrasti. PARIGI Parco di Bercy di CARLA DE AGOSTINI Uno dei luoghi più suggestivi e inaspettati di Parigi è sicuramente il Parco di Bercy, la cui trama di sentieri, rotaie e riflessi d’acqua non può che affascinare. Con i suoi 13,5 ettari, nel 12° arrondissement, Bercy stupisce i passanti con indizi che raccontano un luogo di contrasti. Anche se creato tra il 1993-1997 conserva ancora molto del suo passato: il vigneto, i cordoli e le rotaie testimoniano il vissuto industriale del sito luogo. Il progetto di gusto contemporaneo degli architetti B. Huet, M. Ferrand, J. Feugas, B. Leroy, incornicia un giardino di impianto ottocentesco, curato dai paesaggisti I. Le Caisne e P. Raguin. L’area su cui sorge il Parco ha subito molteplici trasformazioni, occupata da boschi cedui sino al XIII secolo, divenne dal ‘600 fino alla Rivoluzione, un luogo di villeggiatura lungo il fiume; durante il processo di industrializzazione della città il luogo divenne uno dei magazzini di vino più importanti di Parigi: la cellier du monde , cantina del mondo, fuori dai confini daziari ma in posizione strategica per la rotta commerciale, via Senna, con la Borgogna. Il Parco alterna laghetti ed opere architettoniche, aree verdi e boschive di cui tre zone ben distinte: les Parterres , al centro, composte da una scacchiera di nove giardini a tema, in omaggio alla biodiversità, dove diversi atelier ospitano frequenti eventi dedicati alla botanica curati da cittadini o da professionisti del settore; la Grande Prairie , a ovest, costituita da tappeti d’erba attraversati da viali e punteggiati da alberi e gazebo, dove spesso gruppi di ragazzi che godono della bellezza del posto. E infine, il Jardin Romantique , ad est, in cui si possono ammirare querce, betulle, ciliegi, arbusti di ogni tipo, e soprattutto i giochi d’acqua del laghetto delimitato da canneti e ninfee dove si incontrano anatre e aironi. Quest’ultima parte del Parco è molto ricca ed elaborata: l’amphithéâtre , l’anfiteatro, ricorda l’antico villaggio di Bercy, il Pavillon du Lac , esattamente al centro dello stagno, è sede di mostre ed esposizioni temporanee, nonché dell’Agence Parisienne du Climat de Paris , incaricata della transizione energetica della città. E ancora la rampa elicoidale che porta alla Bélvèdere è il punto di osservazione più alto da cui si possono ammirare uno splendido panorama e la Bibliothèque Nationale de France , altrimenti raggiungibile dalla passerella Simone de Beauvoir. Con i suoi duecento alberi centenari, per lo più platani, ippocastani e betulle, il Jardin Romantique ha un particolare fascino bucolico, arricchito da oltre milleduecento nuove specie arbustive e di fiori. Tra salici e querce maestose è una meta molto amata dai parigini che qua si concedono interessanti letture e piacevoli passeggiate, immersi in un piccolo paradiso naturale, protetti dal frastuono e dalla frenesia appena lì fuori della grande Parigi. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info Sito ufficiale In evidenza Graminacee - Dryopteris filix-mas La famiglia delle Graminacee è molto vasta e comprende piante perenni e annuali, erbacee e sempreverdi, come anche i cereali ad uso alimentare, per un totale di quasi 8000 specie. Sono erbacee, ovvero non hanno né rami né fusto legnoso, e ultimamente fanno spesso la parte del leone nei giardini di tutti i tipi per la loro eleganza, la loro varietà e perché tollerano le più svariate condizioni climatiche non avendo bisogno di molta acqua ed essendo resistenti al gelo. Demetra nella mitologia è la dea del grano e dell'agricoltura, rende la terra fertile ed è artefice del ciclo delle stagioni e viene spesso rappresentata con una corona, un fascio di graminacee o di grano e una torcia. Altri GIARDINI e PARCHI Parco del Paterno del Toscano Villa Lante Labirinto della Masone Villa d'Este Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Villa Pizzo
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Kenrokuen o “giardino dei sei attributi” a Kanazawa è uno dei parchi più belli del Giappone. È caratterizzato da un laghetto artificiale, costruzioni in stile tradizionale e moltissime specie di piante e alberi anche monumentali che rendono il parco suggestivo in tutte le stagioni. GIAPPONE KANAZAWA Il giardino di Kenroku-en l Kenroku-en "Giardino dei sei attributi" o "Giardino delle sei sublimità" è un antico giardino privato nella città di Kanazawa, prefettura di Ishikawa, Giappone. È considerato uno dei tre giardini più belli del Giappone. Il grande parco-giardino, che si trova vicino all'entrata al castello di Kanazawa, è famoso per offrire ai suoi visitatori bellissimi scorci in ogni stagione. La sua costruzione può essere fatta risalire all'inizio del XVII secolo per opera del clan Maeda, che governava il feudo di Kaga ma non è semplice fornire una data esatta della sua origine. Secondo alcuni può essere fatta coincidere con la costruzione del canale Tatsumi nel 1632 da parte di Maeda Toshitsune, terzo capo del clan Maeda dal 1605 al 1639. Il canale venne in seguito incorporato nel 1822 nel tortuoso fiume artificiale del giardino. Secondo altri, il giardino nasce grazie al quinto daimyo di Kaga, Maeda Tsunanori (r. 1645–1723). Questi fece costruire nel 1676 l'edificio chiamato Renchi-ochin ("padiglione dello stagno del loto") sul pendio che si trova di fronte al castello di Kanazawa, e un giardino circostante, inizialmente chiamato Renchi-tei "giardino dello stagno del loto". Poco si conosce della struttura e delle caratteristiche del Renchi-tei, a causa di un incendio che lo distrusse quasi interamente nel 1759. Stando a documenti risalenti agli anni precedenti, il giardino veniva spesso visitato dalla nobiltà locale, che vi organizzava banchetti per contemplare la luna e le foglie d'autunno, e per ammirare i cavalli. Vi è una leggenda legata alla Fontana sacra del Kenroku-en, secondo alcuni l'elemento più antico del giardino rimasto fino ai giorni nostri: 1,200 anni fa, un contadino di nome Tōgorō si fermò alla Fontana per lavare le patate. All'improvviso, sulla superficie dell'acqua iniziarono a risalire frammenti d'oro, motivo per cui la città venne chiamata Kanazawa, "Palude dorata". L'acqua proviene dal bacino per le purificazioni che si trova presso il santuario shintoista nelle vicinanze, e molte persone vengono a raccogliere l'acqua per la cerimonia del tè presso questa fontana. La Shigure-tei, casa del tè costruita nel 1725 e miracolosamente sopravvissuta all'incendio del 1759, sembra indicare non soltanto la diffusione di questo rituale nel periodo precedente all'incendio, ma anche della cultura ad esso tradizionalmente associata, che avrebbe influenzato l'estetica del giardino. La Shigure-tei fu usata anche dopo l'incendio e poi completamente restaurata durante il periodo Meiji. Un altro elemento già presente nel periodo precedente all'incendio del 1759 è la pagoda Kaiseki-tō, attualmente situata su un'isoletta nella zona centrale del laghetto Isago-ike. Secondo alcune fonti fu fatta erigere da Maeda Toshitsune, terzo daimyo di Kaga, che visse tra il 1594 e il 1658, ed è quindi possibile che sia precedente alla creazione del giardino Renchi-tei. Secondo altre fonti, la pagoda sarebbe stata inizialmente parte di una pagoda a 13 piani situata nel giardino Gyokusen-in del castello di Kanazawa, ma una terza fonte riporta che essa fu portata dalla Corea da Katō Kiyomasa, di ritorno dalle campagne militari iniziate per volere di Toyotomi Hideyoshi, a cui sarebbe stata donata, che a sua volta avrebbe regalato a Maeda Toshiie. Se la teoria è vera, la pagoda arrivò nelle mani del clan Maeda tra il 1592 e il 1598, ovvero gli anni dei tentativi di Hideyoshi di conquistare la Corea e la Cina. Le teorie sopracitate non si escludono a vicenda, per cui è possibile che Maeda Toshiie abbia ricevuto da Hideyoshi una pagoda a 13 piani, posizionandola nel giardino Gyokusen-in, e che i daimyo successivi avrebbero spostato nella posizione attuale, riducendone il numero di piani. Nel 1774, Maeda Harunaga, undicesimo daimyo di Kaga, iniziò i lavori di restauro del giardino, facendo costruire anche la Midori-taki ("Cascata verde") e la Yūgao-tei, una casa da tè. Altri miglioramenti vennero apportati nel 1822 quando il dodicesimo daimyo Narinaga fece costruire i tortuosi ruscelli del giardino, con acqua proveniente dal canale Tatsumi. Il tredicesimo daimyo Nariyasu fece aggiungere altri ruscelli ed espandere il lago Kasumi, donando al giardino la sua conformazione attuale. Il giardino fu aperto al pubblico il 7 maggio 1874. Il nome Kenroku-en gli fu dato da Matsudaira Sadanobu su richiesta di Narinaga, ed è un riferimento ai sei attributi del paesaggio perfetto citati nel libro Luòyáng míngyuán jì ("Cronache di famosi giardini di Luoyang"), scritto dal poeta cinese Li Gefei. I sei attributi sono: spaziosità e intimità, artificio e antichità, corsi d'acqua e panorami. Info: www.pref.ishikawa.jp Foto ©CRISTINA ARCHINTO
- Labirinto della Masone | terrimago
Il labirinto più grande del mondo si trova a Fontanellato, nella provincia parmense. Interamente realizzato in bamboo per volere dell'editore Franco Maria Ricci, il Labirinto della Masone nasce per stupire, per meravigliare e per accogliere i visitatori. EMILIA ROMAGNA IL LABIRINTO DELLA MASONE DI LIVIA DANESE In prossimità del borgo di Fontanellato, nella provincia parmense, si trova il labirinto più grande del mondo. Il Labirinto della Masone è stato realizzato dall’editore e collezionista Franco Maria Ricci che sognava con l’amico e collaboratore Jorge Luis Borges di concepire un percorso naturale tortuoso che riflettesse idealmente le incertezze del cammino degli uomini. Nella forma intricata del labirinto si riconosce la complessità del mondo. Rappresenta un simbolo naturale della perplessità e dello spaesamento provato dall’uomo davanti all’ignoto o all’irrazionale. Un dedalo tradizionalmente nasce per confondere, per disorientare. Eppure il Labirinto della Masone è stato concepito con l’intenzione di allontanarsi il più possibile dall’analogia labirinto-prigione. È nato per stupire, per meravigliare e per accogliere. Protagonista indiscusso dell’ambiente è il bambù: leggero ma estremamente resistente, si slancia verso l’alto raggiungendo altezze sorprendenti. I Bambusa sono una specie ricca di valori simbolici, nella tradizione orientale rappresenta metaforicamente la coscienza degli uomini retti che restano saldi davanti alle difficoltà. Alcune leggende associano inoltre il bambù alla perseveranza ed alla pazienza: solo dopo aver sviluppato radici solide e sane la pianta può crescere elegante e rigogliosa. Il Labirinto è composto da più di duecentomila specie diverse che crescono vigorose verso il cielo, formando un dedalo di sentieri e di vicoli ciechi apparentemente indistinguibili. Durante il cammino si può sostare all’ombra di questa pianta sempreverde per accogliere il significato simbolico che lega l’esistenza dell’uomo alle caratteristiche della pianta, ricordando l’importanza di essere flessibili ma resistenti, versatili e pazienti. Intricati giochi di luci e di ombre e alternanze di colori accompagnano il visitatore attraverso un percorso tortuoso e alienante che conduce all’insolita cappella di forma piramidale posta in una piazza al centro del labirinto. Dopo il cammino all’interno del dedalo, si aprono qui spazi più ampi e luminosi che orientano nuovamente l’ospite e lo conducono verso la fine del percorso. Il Labirinto della Masone è un luogo da visitare una volta nella vita, non solo per il sito in sé ma anche per le campagne che lo circondano, genuine, reali e anacronistiche, tanto amate dal fotografo Luigi Ghirri. Livia Danese GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info Sito ufficiale Altri giardini botanici e vivai Parco Paterno del Toscano Orto Botanico di Ginevra Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma Chicago Batanical Garden Giardino Esotico Pallanca