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- Bercy | terrimago
Uno dei luoghi più suggestivi di Parigi è sicuramente il Parco di Bercy, la cui trama di sentieri, rotaie e riflessi d’acqua non può che affascinare. Con i suoi 13,5 ettari, nel 12° arrondissement, Bercy stupisce i passanti con indizi che raccontano un luogo di contrasti. PARIGI Parco di Bercy di CARLA DE AGOSTINI Uno dei luoghi più suggestivi e inaspettati di Parigi è sicuramente il Parco di Bercy, la cui trama di sentieri, rotaie e riflessi d’acqua non può che affascinare. Con i suoi 13,5 ettari, nel 12° arrondissement, Bercy stupisce i passanti con indizi che raccontano un luogo di contrasti. Anche se creato tra il 1993-1997 conserva ancora molto del suo passato: il vigneto, i cordoli e le rotaie testimoniano il vissuto industriale del sito luogo. Il progetto di gusto contemporaneo degli architetti B. Huet, M. Ferrand, J. Feugas, B. Leroy, incornicia un giardino di impianto ottocentesco, curato dai paesaggisti I. Le Caisne e P. Raguin. L’area su cui sorge il Parco ha subito molteplici trasformazioni, occupata da boschi cedui sino al XIII secolo, divenne dal ‘600 fino alla Rivoluzione, un luogo di villeggiatura lungo il fiume; durante il processo di industrializzazione della città il luogo divenne uno dei magazzini di vino più importanti di Parigi: la cellier du monde , cantina del mondo, fuori dai confini daziari ma in posizione strategica per la rotta commerciale, via Senna, con la Borgogna. Il Parco alterna laghetti ed opere architettoniche, aree verdi e boschive di cui tre zone ben distinte: les Parterres , al centro, composte da una scacchiera di nove giardini a tema, in omaggio alla biodiversità, dove diversi atelier ospitano frequenti eventi dedicati alla botanica curati da cittadini o da professionisti del settore; la Grande Prairie , a ovest, costituita da tappeti d’erba attraversati da viali e punteggiati da alberi e gazebo, dove spesso gruppi di ragazzi che godono della bellezza del posto. E infine, il Jardin Romantique , ad est, in cui si possono ammirare querce, betulle, ciliegi, arbusti di ogni tipo, e soprattutto i giochi d’acqua del laghetto delimitato da canneti e ninfee dove si incontrano anatre e aironi. Quest’ultima parte del Parco è molto ricca ed elaborata: l’amphithéâtre , l’anfiteatro, ricorda l’antico villaggio di Bercy, il Pavillon du Lac , esattamente al centro dello stagno, è sede di mostre ed esposizioni temporanee, nonché dell’Agence Parisienne du Climat de Paris , incaricata della transizione energetica della città. E ancora la rampa elicoidale che porta alla Bélvèdere è il punto di osservazione più alto da cui si possono ammirare uno splendido panorama e la Bibliothèque Nationale de France , altrimenti raggiungibile dalla passerella Simone de Beauvoir. Con i suoi duecento alberi centenari, per lo più platani, ippocastani e betulle, il Jardin Romantique ha un particolare fascino bucolico, arricchito da oltre milleduecento nuove specie arbustive e di fiori. Tra salici e querce maestose è una meta molto amata dai parigini che qua si concedono interessanti letture e piacevoli passeggiate, immersi in un piccolo paradiso naturale, protetti dal frastuono e dalla frenesia appena lì fuori della grande Parigi. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info Sito ufficiale In evidenza Graminacee - Dryopteris filix-mas La famiglia delle Graminacee è molto vasta e comprende piante perenni e annuali, erbacee e sempreverdi, come anche i cereali ad uso alimentare, per un totale di quasi 8000 specie. Sono erbacee, ovvero non hanno né rami né fusto legnoso, e ultimamente fanno spesso la parte del leone nei giardini di tutti i tipi per la loro eleganza, la loro varietà e perché tollerano le più svariate condizioni climatiche non avendo bisogno di molta acqua ed essendo resistenti al gelo. Demetra nella mitologia è la dea del grano e dell'agricoltura, rende la terra fertile ed è artefice del ciclo delle stagioni e viene spesso rappresentata con una corona, un fascio di graminacee o di grano e una torcia. Altri GIARDINI e PARCHI Parco del Paterno del Toscano Villa Lante Labirinto della Masone Villa d'Este Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Villa Pizzo
- kenroku-en| Terimago
Kenrokuen o “giardino dei sei attributi” a Kanazawa è uno dei parchi più belli del Giappone. È caratterizzato da un laghetto artificiale, costruzioni in stile tradizionale e moltissime specie di piante e alberi anche monumentali che rendono il parco suggestivo in tutte le stagioni. GIAPPONE KANAZAWA Il giardino di Kenroku-en l Kenroku-en "Giardino dei sei attributi" o "Giardino delle sei sublimità" è un antico giardino privato nella città di Kanazawa, prefettura di Ishikawa, Giappone. È considerato uno dei tre giardini più belli del Giappone. Il grande parco-giardino, che si trova vicino all'entrata al castello di Kanazawa, è famoso per offrire ai suoi visitatori bellissimi scorci in ogni stagione. La sua costruzione può essere fatta risalire all'inizio del XVII secolo per opera del clan Maeda, che governava il feudo di Kaga ma non è semplice fornire una data esatta della sua origine. Secondo alcuni può essere fatta coincidere con la costruzione del canale Tatsumi nel 1632 da parte di Maeda Toshitsune, terzo capo del clan Maeda dal 1605 al 1639. Il canale venne in seguito incorporato nel 1822 nel tortuoso fiume artificiale del giardino. Secondo altri, il giardino nasce grazie al quinto daimyo di Kaga, Maeda Tsunanori (r. 1645–1723). Questi fece costruire nel 1676 l'edificio chiamato Renchi-ochin ("padiglione dello stagno del loto") sul pendio che si trova di fronte al castello di Kanazawa, e un giardino circostante, inizialmente chiamato Renchi-tei "giardino dello stagno del loto". Poco si conosce della struttura e delle caratteristiche del Renchi-tei, a causa di un incendio che lo distrusse quasi interamente nel 1759. Stando a documenti risalenti agli anni precedenti, il giardino veniva spesso visitato dalla nobiltà locale, che vi organizzava banchetti per contemplare la luna e le foglie d'autunno, e per ammirare i cavalli. Vi è una leggenda legata alla Fontana sacra del Kenroku-en, secondo alcuni l'elemento più antico del giardino rimasto fino ai giorni nostri: 1,200 anni fa, un contadino di nome Tōgorō si fermò alla Fontana per lavare le patate. All'improvviso, sulla superficie dell'acqua iniziarono a risalire frammenti d'oro, motivo per cui la città venne chiamata Kanazawa, "Palude dorata". L'acqua proviene dal bacino per le purificazioni che si trova presso il santuario shintoista nelle vicinanze, e molte persone vengono a raccogliere l'acqua per la cerimonia del tè presso questa fontana. La Shigure-tei, casa del tè costruita nel 1725 e miracolosamente sopravvissuta all'incendio del 1759, sembra indicare non soltanto la diffusione di questo rituale nel periodo precedente all'incendio, ma anche della cultura ad esso tradizionalmente associata, che avrebbe influenzato l'estetica del giardino. La Shigure-tei fu usata anche dopo l'incendio e poi completamente restaurata durante il periodo Meiji. Un altro elemento già presente nel periodo precedente all'incendio del 1759 è la pagoda Kaiseki-tō, attualmente situata su un'isoletta nella zona centrale del laghetto Isago-ike. Secondo alcune fonti fu fatta erigere da Maeda Toshitsune, terzo daimyo di Kaga, che visse tra il 1594 e il 1658, ed è quindi possibile che sia precedente alla creazione del giardino Renchi-tei. Secondo altre fonti, la pagoda sarebbe stata inizialmente parte di una pagoda a 13 piani situata nel giardino Gyokusen-in del castello di Kanazawa, ma una terza fonte riporta che essa fu portata dalla Corea da Katō Kiyomasa, di ritorno dalle campagne militari iniziate per volere di Toyotomi Hideyoshi, a cui sarebbe stata donata, che a sua volta avrebbe regalato a Maeda Toshiie. Se la teoria è vera, la pagoda arrivò nelle mani del clan Maeda tra il 1592 e il 1598, ovvero gli anni dei tentativi di Hideyoshi di conquistare la Corea e la Cina. Le teorie sopracitate non si escludono a vicenda, per cui è possibile che Maeda Toshiie abbia ricevuto da Hideyoshi una pagoda a 13 piani, posizionandola nel giardino Gyokusen-in, e che i daimyo successivi avrebbero spostato nella posizione attuale, riducendone il numero di piani. Nel 1774, Maeda Harunaga, undicesimo daimyo di Kaga, iniziò i lavori di restauro del giardino, facendo costruire anche la Midori-taki ("Cascata verde") e la Yūgao-tei, una casa da tè. Altri miglioramenti vennero apportati nel 1822 quando il dodicesimo daimyo Narinaga fece costruire i tortuosi ruscelli del giardino, con acqua proveniente dal canale Tatsumi. Il tredicesimo daimyo Nariyasu fece aggiungere altri ruscelli ed espandere il lago Kasumi, donando al giardino la sua conformazione attuale. Il giardino fu aperto al pubblico il 7 maggio 1874. Il nome Kenroku-en gli fu dato da Matsudaira Sadanobu su richiesta di Narinaga, ed è un riferimento ai sei attributi del paesaggio perfetto citati nel libro Luòyáng míngyuán jì ("Cronache di famosi giardini di Luoyang"), scritto dal poeta cinese Li Gefei. I sei attributi sono: spaziosità e intimità, artificio e antichità, corsi d'acqua e panorami. Info: www.pref.ishikawa.jp Foto ©CRISTINA ARCHINTO
- Labirinto della Masone | terrimago
Il labirinto più grande del mondo si trova a Fontanellato, nella provincia parmense. Interamente realizzato in bamboo per volere dell'editore Franco Maria Ricci, il Labirinto della Masone nasce per stupire, per meravigliare e per accogliere i visitatori. EMILIA ROMAGNA IL LABIRINTO DELLA MASONE DI LIVIA DANESE In prossimità del borgo di Fontanellato, nella provincia parmense, si trova il labirinto più grande del mondo. Il Labirinto della Masone è stato realizzato dall’editore e collezionista Franco Maria Ricci che sognava con l’amico e collaboratore Jorge Luis Borges di concepire un percorso naturale tortuoso che riflettesse idealmente le incertezze del cammino degli uomini. Nella forma intricata del labirinto si riconosce la complessità del mondo. Rappresenta un simbolo naturale della perplessità e dello spaesamento provato dall’uomo davanti all’ignoto o all’irrazionale. Un dedalo tradizionalmente nasce per confondere, per disorientare. Eppure il Labirinto della Masone è stato concepito con l’intenzione di allontanarsi il più possibile dall’analogia labirinto-prigione. È nato per stupire, per meravigliare e per accogliere. Protagonista indiscusso dell’ambiente è il bambù: leggero ma estremamente resistente, si slancia verso l’alto raggiungendo altezze sorprendenti. I Bambusa sono una specie ricca di valori simbolici, nella tradizione orientale rappresenta metaforicamente la coscienza degli uomini retti che restano saldi davanti alle difficoltà. Alcune leggende associano inoltre il bambù alla perseveranza ed alla pazienza: solo dopo aver sviluppato radici solide e sane la pianta può crescere elegante e rigogliosa. Il Labirinto è composto da più di duecentomila specie diverse che crescono vigorose verso il cielo, formando un dedalo di sentieri e di vicoli ciechi apparentemente indistinguibili. Durante il cammino si può sostare all’ombra di questa pianta sempreverde per accogliere il significato simbolico che lega l’esistenza dell’uomo alle caratteristiche della pianta, ricordando l’importanza di essere flessibili ma resistenti, versatili e pazienti. Intricati giochi di luci e di ombre e alternanze di colori accompagnano il visitatore attraverso un percorso tortuoso e alienante che conduce all’insolita cappella di forma piramidale posta in una piazza al centro del labirinto. Dopo il cammino all’interno del dedalo, si aprono qui spazi più ampi e luminosi che orientano nuovamente l’ospite e lo conducono verso la fine del percorso. Il Labirinto della Masone è un luogo da visitare una volta nella vita, non solo per il sito in sé ma anche per le campagne che lo circondano, genuine, reali e anacronistiche, tanto amate dal fotografo Luigi Ghirri. Livia Danese GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info Sito ufficiale Altri giardini botanici e vivai Parco Paterno del Toscano Orto Botanico di Ginevra Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma Chicago Batanical Garden Giardino Esotico Pallanca
- Curriculum Cristina Archinto | terrimago
CV Cristina Archinto Biografia Cristina Archinto nasce a Milano. Agli inizi della sua carriera si dedica alla grafica editoriale lavorando per diverse riviste, una passione che nel tempo porterà sempre avanti. Nel 1989 va a vivere a New York e studia fotografia alla Parson School. Una volta rientrata in Italia si concentra sulla fotografia d’architettura; il suo trascorso di grafica l’aiuta nell’equilibrio e nei pesi delle inquadrature. Nel 1999 nasce sua figlia Greta, questo evento le rallenta i ritmi di vita e la porta alla continua ricerca di spazi verdi. Stimolata e attirata fa di questi luoghi il suo nuovo punto focale portandola a concentrarsi sulle atmosfere di un parco, sul dettaglio di un fiore o su un vasto paesaggio. Nel 2002 si trasferisce con la famiglia a Roma per cercare nuovi scenari e una nuova luce. Lì sviluppa la professione di fotografa di giardini collaborando con molte riviste di settore, e pubblicando diversi libri. Allo stesso tempo inizia un percorso più artistico una ricerca sempre incentrata sulle emozioni che la natura ci trasmette esponendo le sue opere in diverse gallerie italiane. I suoi ultimi lavori sono concentrati sul movimento cogliendo luci e restituendo materie e trasparenze nell'equilibrio delle forme e nell'eleganza dei colori. Nel giugno del 2017 ha fondato Terrimago.com una rivista on line sul territorio e sui giardini. https://www.cristinaarchinto.com/ Libri pubblicati 2002 - WILLIAM SHAKESPEARE - PENSIERI PER UN ANNO (Lettere edizioni) “Fotografie poetiche, sensibili e diverse che ritraggono piante e paesaggi accompagnano brani scelti tratti dall’opera shakespeariana scandendo un calendario molto particolare di giorni che passano, ma anche il nostro tempo interiore, i temi della vita, della morte, delle passioni umane” 2004 - VILLA BORGHESE - IL SILENZIO DEL PARCO (Skira) “80 suggestive immagini che raccontano il parco di Villa Borgese; un racconto che si snoda tra I viali, i giochi d’acqua, le statue, i fiori, le piante, e gli angoli più sconosciuti del “più bel giardino di Roma”. “Le bellissime immagini di Cristina Archinto colgono le atmosfere incantate, gli angoli più suggestivi e il silenzio più prezioso parco quando si trasforma in un rifugio per molti.” 2006 - IL GIARDINO CHE VORREI (Electa) “Attraverso immagini uniche capaci di rendere la grazia più timida anche alle piante più umili Cristina Archinto ci accompagna in giro per varie tipologie di giardini e paesaggi.” Una fotografa, capace di cogliere il fascino sia di un paesaggio quotidiano e accessibile a tutti e sia di certe tessiture colte nel loro momento di grazia, e che ci insegna a “vederci” intorno e a come in fondo basti poco per “fare e coltivare”un bel giardino. Un libro che ci sussurra che la bellezza della natura si nasconda ovunque, anche dove meno ce l’aspettiamo” 2008- ROMA E I SUOI LUOGHI D’ACQUA (Babalibri) Guida fotografica di Roma per giovani viaggiatori 2013 - GUARDA! APPUNTI DA UN FINESTRINO (Canneto editore) Un libro incentrato sui paesaggi italiani realizzato da un treno ad alta velocità 2020 - Orti Botanici d'Europa Un viaggio tra storia scienza e cultura (Terrimago edition) link
- Orto botanico Palermo| Terimago
L’Orto Botanico di Palermo venne inaugurato nel 1795 con lo scopo di contribuire allo sviluppo delle scienze botaniche e mediche nella città siciliana. Nel settore più antico dell'Orto le piante sono ancora disposte secondo il sistema di classificazione di Linneo. SICILIA Orto Botanico di Palermo DI MARGHERITA LOMBARDI L’Orto Botanico di Palermo sorge accanto a Villa Giulia, confinante con il quartiere Kalsa. Nel 1779, per accompagnare la neonata Accademia di Regi studi, che aveva annessa la cattedra di Botanica e Materia medica, era stato creato un piccolo orto botanico, adiacente alla Porta di Carini, ma divenuto insufficiente per le esigenze della cattedra, nel 1786 fu trasferito nella sede attuale. Tra il 1789 e il 1795 vennero costruiti gli edifici principali, il Gymnasium e i due corpi laterali del Tepidarium e del Calidarium, in stile neoclassico, progettati dall’architetto francese Leon Dufurny. In origine il giardino, arricchito con vasche e fontane e un magnifico Aquarium, era diviso in appezzamenti rettangolari per dividere le collezioni secondo il sistema di Linneo, ma nei primi anni dell’Ottocento venne modificato. L’Orto fu ancora ingrandito in periodi successivi, e vi venne realizzato per esempio un boschetto di piante esotiche e il Giardino d’inverno, in una serra di grandi dimensioni. Negli anni ’30 del Novecento acquisì l’aspetto definitivo, con la zona dell’ingresso suddiviso in aree regolari e la zona meridionale solcata da sentieri più articolati. Le collezioni. L’Orto Botanico di Palermo ospita, in totale, 12.000 specie, provenienti principalmente dal Sud Africa, dall’Australia e dal Sud America. Tra queste, vi sono il gigantesco esemplare di Ficus macrophylla, simbolo dell’Orto, la collezione di piante palustri che comprende loti (Nelumbum nucifera), ninfee e papiri (Cyperus papyrus); le palme del genere Phoenix spp., Cicadee; specie appartenenti alle famiglie Moracee, Mimosacee, Rutacee, Euphorbiacee, Aizoacee, Asclepiadacee, Liliacee, Crassulacee e Cactacee, agrumi e una profumata raccolta di plumerie, pianta molto diffusa a Palermo tanto quanto il nespolo lo è sui terrazzi e nei giardini delle città settentrionali. Tra le curiosità botaniche vi sono Sapindus mukorossi, Pimenta acris, Coffea arabica, Ficus sycomorus, Mimosa spegazzinii, Crescentia alata, Saccharum officinarum, Manihot utilissima e Carica papaya. All’Orto Botanico di Palermo si deve l’introduzione e diffusione nei paesi del Mediterraneo di Citrus deliciosa ed Eriobotrya japonica. Si possono ammirare consistenti raccolte di piante essiccate che si conservano nell’Herbarium Mediterraneum. Ogni anno viene pubblicato un catalogo dei semi di piante sia spontanee della Sicilia che coltivate nell’Orto, disponibili per scambi con istituzioni scientifiche di tutti i continenti. La pianta più alta dell’Orto è un’annosa Araucaria columnaris . Spettacolare il viale racchiuso da grandi esemplari Ceiba speciosa (già Chorisia speciosa). Margherita lombardi GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Italian Botanical Heritage Italian Botanical Trips Orto Botanico di Palermo Altri giardini botanici e vivai Orto Botanico di Ginevra Orto Botanico di Ginevra Roma Roseto di Roma Chicago Chicago Batanical Garden Giardino Esotico Pallanca Parco Botanico Villa Rocca Water Nursery Giardino Botanico di Hanbury
- Giardini Botanici di Villa Taranto| terrimago
I giardini botanici di Villa Taranto sono una vera galleria botanica, con migliaia di specie di piante e fiori provenienti da ogni luogo. Eucalipti, azalee, rododendri, magnolie, camelie, dalie, tulipani, fiori di loto, eriche, ortensie, numerose piante tropicali ed esemplari anche rari. PIEMONTE I GIARDINI BOTANICI DI VILLA TARANTO Passeggiando tra l’estetica e la botanica La fontana dei putti Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini N el 1930 il capitano di origine scozzese Neil Boyd Watson McEacharn, spesso in Italia, legge un annuncio sul Times e scopre che la proprietà della Contessa di Sant’Elia a Verbania è in vendita. Intrigato va subito a vederla, da più di due anni è alla ricerca di terreni per la realizzazione di un suo grande giardino. Piacevolmente colpito la compra, e l’anno seguente si stabilisce nella villa sul lago Maggiore. Per prima cosa le cambia il nome: da La Crocetta a Villa Taranto, in onore di un suo antenato nominato duca di Taranto da Napoleone Bonaparte e poi inizia un duro lavoro di ristrutturazione del giardino al fine di creare dei microclimi diversificati ma al tempo stesso paesaggisticamente armoniosi e originali. I giardini terrazzati I lavori iniziano sotto la guida del giardiniere Henry Cocker e il risultato si contraddistinguerà per le sfumature cromatiche, gli specchi d’acqua, le terrazze, le statue, che intrecciano parti prevalentemente all’inglese con ispirazioni all’italiana. In poche settimane il parco viene liberato di circa duemila alberi infestanti, come bambù e robinie; viene lasciato solo un castagno piantato nel XVIII secolo a testimonianza della nascita del parco, poche conifere, qualche magnolia e due antiche qualità di camelia. Dopo inizia il lavoro di sbancamento del terreno per creare le le terrazze coi giochi d’acqua. Vengono acquistati altri lotti di terreno vicini, fino ad arrivare a 16 ettari, e fatti costruire muri a secco e ponticelli con pietra locale. Il precedente giardino all’italiana della Contessa è sostituito da un ampio prato il cui verde brillante è dato tutt’ora dall’utilizzo di una graminacea perenne, l’Agrostis stolonifera , scelta per la sua capacità di impedire alle erbe infestanti di crescere. Ai margini del prato si sceglie di piantare aiuole con fiori sgargianti che alternano stagionalmente diverse fioriture e alberi come il ciliegio giapponese, le grandi magnolie o le azalee. La zona delle succulenti I giardini terrazzati Oggi Villa Taranto è una vera e propria galleria d’arte botanica, con migliaia di specie di piante e fiori provenienti da ogni luogo: le 8.500 specie censite dallo stesso McEacharn nel 1963 oggi sono quasi 20.000. Eucalipti, azalee, rododendri, magnolie, camelie, dalie, tulipani, fiori di loto, eriche, ortensie, numerose piante tropicali ed esemplari anche rari sono distribuiti in zone tematiche quali il Viale delle Conifere, la Valletta con ginestre arboree e aceri, il Giardino all’Italiana, il Giardino delle Eriche, il Labirinto delle Dalie, le serre delle piante tropicali dove si coltivano la Victoria Cruziana e Amazonica, arrivate alla Villa nel 1956 dall’orto botanico di Stoccolma. Le piante del Capitano provengono da ogni parte del mondo, in modo particolare dai ricchi vivai inglesi, dai giardini reali di Kew, di Edimburgo e della Royal Horticultural Society. Ma anche da Francia, Germania, Spagna, Europa Orientale, Giappone, Sud Africa, Stati Uniti e Australia. A cui si aggiungono floricoltori italiani, come la Contessa Senni di Roma, fondatrice della società italiana “Amici dei fiori”, che gli regala numerose varietà di iris e il principe Borromeo che nel 1949 dona alla Villa due rare piante di Metasequoia glyptostroboides. La felce arborea Dicksonia antarctica Passeggiando per Villa Taranto non si può fare a meno dal rimanere incantatati da piante mai viste prima, come la bellissima Pterostyrax hispidus, conosciuta comunemente come l’albero delle epaulettes, poiché i fiori ricordano le spalline che ornavano i vestiti dei militari, i cui bellissimi fiori a grappolo, ondeggiando nella brezza, attirano moltissimi uccelli ed emanano un delicato profumo. O come l’Emmenopterys henryi dai fiori bianchi, originario delle aree temperate della Cina centrale e meridionale e del Vietnam, della famiglia delle Rubiaceae , un raro albero che può arrivare anche a mille anni. Inoltre nella zona delle felci si possono ammirare le Dicksonia antarctica, felci arboree originarie dell'Australia orientale, Tasmania e Nuova Zelanda che ricordano delle ballerine. Passeggiare per il giardino di Villa Taranto è qualcosa che veramente lascia il segno e ti porta attraverso forme, fragranze in giro per il mondo in un contesto sempre inaspettato. Pterostyrax hispidus LA FIORITURA DEI RODODENTRI I fiori di rododendro sono famosi per la loro colorazione vivace, apprezzati fin dall’antica Grecia, dove erano conosciuti come “albero delle rose", da rodon , rosa e dendron , albero, possono essere piatti, a campana o ad imbuto e in alcune varietà, possono essere leggermente profumati. Molto affascinante è la loro fioritura: da ogni gemma vengono prodotti più fiori, in genere sei o sette, ognuno dei quali è composto da cinque petali e da l’antera, che contiene il polline. Questo raggruppamento è tecnicamente un corimbo, ossia un mazzo di boccioli regolare alla fine del ramo. Il termine deriva dal latino corymbus , “infiorescenza a grappolo”, preso in prestito dal greco kórymbos , “parte più alta, cima”. Questo fenomeno permette ai fiori sbocciati di essere tutti alla stessa altezza come ad esempio il sambuco. Il rododendro fa parte della famiglia delle Ericaceae , come le azalee, ed è una pianta originaria dall’Oriente che ama il fresco e l’umido. Le notizie più antiche sull'esistenza del rododendro ci portano indietro al 400 a.C., tra i soldati di Senofonte che, di ritorno dalla Babilonia, accampati tra le colline dell'Armenia, finirono quasi avvelenati dal miele fatto con il nettare della specie selvatica asiatica. La prima specie spontanea poi coltiva è la Rhododendron hirsutum, anche conosciuta come “rosa alpina” di cui si hanno notizie già dal 1500. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI I giardini di Villa Melzi I giardini di Villa Melzi Parco giardini di Sicurtà Parco giardini di Sicurtà Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en
- Palme in Liguria | Terrimago
Comparse oltre 70 milioni di anni fa, le circa 2.800 specie di palme che compongono la famiglia delle Arecaceae sono diffuse in tutti i continenti. Prediligono gli ambienti tropicali e subtropicali ma si adattano anche ai climi più temperati. LIGURIA Palme Comparse oltre 70 milioni di anni fa, le circa 2.800 specie di palme che compongono la famiglia delle Arecaceae sono diffuse in tutti i continenti. Prediligono gli ambienti tropicali e subtropicali ma si adattano anche ai climi più temperati. In Italia si considerano endemica la Chamaerops humilis, o palma nana, e rustica la Phoenix dactylifera, la cui presenza ha presto contrassegnato le città di mare per la capacità di opporsi al vento, l’indifferenza alla sabbia e alla salsedine; nella Bordighera votata al patrono Ampelio, il santo che la leggenda vuole sia stato il primo a recare in Italia i preziosi datteri, l’artigianato delle palme intrecciate per le feste religiose risale al Medioevo e l’impianto dove furono coltivate, il più settentrionale dei palmeti storici acclimatati. In Italia si considerano endemica la Chamaerops humilis, o palma nana, e rustica la Phoenix dactylifera , la cui presenza ha presto contrassegnato le città di mare per la capacità di opporsi al vento, l’indifferenza alla sabbia e alla salsedine; nella Bordighera votata al patrono Ampelio, il santo che la leggenda vuole sia stato il primo a recare in Italia i preziosi datteri, l’artigianato delle palme intrecciate per le feste religiose risale al Medioevo e legata ai riti della fertilità e della rinascita, la vasta simbologia associata alle palme non è estranea alle pratiche ancestrali di domesticazione mirate ad assicurarne i frutti. Secondo alcuni filologi, palma deriva dalla radice pan, che in sanscrito significa mano e ne identifica la tipica forma fogliare. Nell’uso latino palma ha poi generato palmo: insieme mano e misura, donde le espressioni “ricevere la palma” o “in palmo di mano” a indicare gli onori tributati ai vittoriosi. Per altri invece la radice discende dal semitico pal, da cui il toponimo Palmyra, la mitica città siriaca approdo dei carovanieri, e riecheggia il termine phoenix utilizzato dagli antichi greci per riferirsi tanto alla pianta quanto alla rossa porpora, alla fenice che risorge dalle proprie ceneri e ai fenici, il popolo che gli egizi collocavano sulle sponde del Golfo Persico: in quelle oasi da cui palme e datteri appunto provengono. Rami di palma accolgono Gesù all’ingresso di Gerusalemme, in segno di trionfo, di giustizia e di pace; nella liturgia inizieranno a confondersi con l’ulivo, come nell’uso hanno unito e ibridato le culture contadine delle opposte sponde del Mediterraneo. Alessandra Valentinelli Le palme in Liguria Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri AMBIENTi E BOTANICA Vie cave opuntia fiorita Opuntia Alberi Caño Cristales Palmeti Palmeti Caldara di Manziana Terra scoscesa Tevere
- Yucca
< Back Yucca Yucca La yucca è un genere che conta circa 40-50 specie di piante perenni, arbusti e alberi. Originaria di territori caldi e secchi, si è adattata ad una gamma molto vasta di condizioni climatiche e ambientali: dai deserti rocciosi alle zone semi temperate. Le yucche inoltre rappresentano un interessante esempio di sistema di coevoluzione mutualistica: la loro riproduzione dipende dall’impollinazione delle tarme della yucca (famiglia Prodoxidae), le quali trasferiscono il polline dagli stami della pianta allo stigma di un'altra, e allo stesso tempo depongono un uovo nel fiore, cibandosi di solo alcuni semi, e lasciandone sempre abbastanza per il perpetuarsi della specie. Le radici della yucca soaptree sono ricche di saponine, per questo sono usate come shampoo nei rituali dei nativi americani e le sue fibre possono essere adoperate per creare cordame, sia filo da cucire che corda. Link Previous Next
- Orto Botanico Siena | terrimago
L'Orto Botanico di Siena, trasformato da orto dei semplici in Orto Botanico Univeristario nel 1866, ospita specie autoctone dei territori toscani oltre a piante esotiche, conservate sia all'aperto che in serra. TOSCANA ORTO BOTANICO DI SIENA L’Orto Botanico è situato dal 1856 in una delle valli verdi (2,50 ettari) all’interno delle antiche mura di Siena e conserva oltre 2000 specie vegetali, dalle tipiche mediterranee dell’ambiente toscano, alle più originali provenienti da paesi esotici. La struttura visibile oggi, organizzata nello stile dei giardini ottocenteschi italiani, è un luogo suggestivo, con numerose testimonianze che riconducono la sua storia al XVI secolo. La restante ampia porzione dell’Orto che si apre nella vallata, conserva l’aspetto di podere intercalato da aree rocciose e umide per la presentazione di particolari ambienti toscani. L’Orto Botanico presenta ambienti diversi che ospitano ovviamente determinate specie botaniche: la Scuola: terrazze artificiali create all’inizio del Novecento per ospitare le piante officinali; il parco, suddiviso in varie aiuole di caratteristica impronta ottocentesca, che ospitano molteplici specie; gli ambienti acquatici , riprodotti nell’Orto in varie modalità: vasche in muratura, laghetti, stagni, ruscelli, ecc., in modo da poter visualizzare l’enorme varietà delle specie acquatiche; il giardino roccioso, che ospita specie spontanee della Toscana centro-meridionale, presenti in aree a forte pendenza, in zone intensamente pascolate e in aree boschive degradate, sottoposte a tagli irrazionali e/o percorse da incendi; la scarpata umida, rocciosa con stillicidio, è stata allestita negli anni 2000 per esporre piante indigene di ambienti umidi e freschi; il podere: esempio di valle agricola del territorio toscano all’interno della cinta muraria senese. Index Seminum 2020 Disseminate nelle aiuole del Parco vivono le orchidee spontanee. Sono infine presenti 4 serre: Antica serra o serra tropicale, Tepidario, Limonaia, Serra sperimentale. GALLERY foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sistema museale Universitario Orto Botanico Italia Video Altri giardini botanici e vivai Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma Chicago Batanical Garden Giardino Esotico Pallanca Parco Botanico Villa Rocca Giardino Botanico di Hanbury
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Oggigiorno si ha la possibilità di fare mille foto al prezzo di una e così per paura di perdere anche un solo un dettaglio ci ritroviamo sommersida troppi pixel che messi insieme non rispecchiano più il fulcro del nostro racconto. Max 10 scatti vuole sottolineare che, se le fotografie sono pertinenti e con un forte connotato soggettivo, bastano anche 10 scatti per un buon racconto fotografico. FOTOGRAFARE PAESAGGI IN MAX 10 SCATTI Oggigiorno si ha la possibilità di fare mille foto al prezzo di una e così per paura di perdere anche un solo un dettaglio ci ritroviamo sommersida troppi pixel che messi insieme non rispecchiano più il fulcro del nostro racconto. Max 10 scatti vuole suggerire che, se le fotografie sono pertinenti e con un forte connotato soggettivo, bastano anche 10 scatti per un buon racconto fotografico. WILTSHIRE - Inghilterra PAESAGGI INGLESE "Tutti sanno essere buoni in campagna” sosteneva Oscar Wilde, e in fondo aveva ragione. Soprattutto se si tratta della campagna inglese o, per meglio dire, del countryside. Il verde, anzi il complesso dei verdi, le staccionate, le pecore, i filari di alberi, le case solitarie, i campi coi boschetti e i piccoli corsi d’acqua, sono un esauribile fonte di vero piacere naturale. Per dare profondità a un paesaggio piatto è utile avere uno o più punti di fuga, magari con l'aiuto di una staccionata o sentiero campge inglesi GROSSETO - Toscana COLLINE TOSCANE Quando si passeggiare per le colline grossetane si ha sempre l'impressione di essere osservati dalle maestose querce che tra un campo di olivi, uno di pascolo o di vigneti, si stagliano nel cielo azzurro. Sono delle meravigliose sentinelle nelle dolci colline toscane. Per raccontare bene gli alberi è importante avere uno sfondo neutro come ad esempio il cielo colline toscane CORNIGLIA/VERNAZZE - Liguria PASSEGGIATA ALLE CINQUE TERRE Le passeggiate nei sentieri tra un borgo e l'altro nelle Cinque Terre sono una successione di alti e bassi, di oliveti, prati fioriti, di muretti a secco, di sentieri a strapiombo e di affacci mozzafiato su tutta la costa. “D’un teatro il cui proscenio s’apre sul vuoto, sulla striscia di mare alta contro il cielo attraversato dai venti e dalle nuvole”, così descriveva le Cinque Terre Italo Calvino. Per racconatre un paesaggio bisogna imparare a gurdare da più punti di vista, magari anche dietro Cinqu terre ASSISI-Umbria IL BOSCO DI SAN FRANCESCO Ad Assisi, tra il silenzio e la bellezza di boschi, rami in fiore, radure e oliveti, sorge il Bosco di San Francesco. Un luogo suggestivo di pellegrinaggio ma anche di riflessione sulla pacifica coesistenza tra uomo e natura, ispirato agli insegnamenti di armonia di San Francesco. Ed è proprio qui che Michelangelo Pistoletto ha creato “Terzo Paradiso”, un’opera di Land Art con alberi di olivo. “I due cerchi esterni" scrive Pistoletto "rappresentano tutte le diversità e le antinomie, tra cui natura e artificio. Quello centrale è la compenetrazione fra i cerchi opposti e rappresenta il grembo generativo della nuova umanità”. Mantenere le stesse tonalità di colori in più fotografie è un elemneto collante in un servizio bosco disan francesco Lazio CALDARA DI MANZIANA Una piana lunare, con alcuni geyser di acqua sulfurea, che dolcemente si immerge in una conca circondata da affascinati betulle. La giornata era particolarmente solare, con una bella luce limpida e il bianco dei tronchi col marrone delle felci in riposo, facevano un intenso contrasto con il cielo di un azzurro pieno. Gli alberi del boschetto erano quasi tutti dritti come fusi, più o meno tutti della stessa dimensione, ogni tanto se ne poteva scorgere uno caduto che di colpo tagliava in due questo ritmo grafico come fosse uno di quei quadri astratti degli anni '60. Quando guardavi in alto le delicate chiome della betulle si scioglievano nel blu del cielo e rimanevano visibili solo i frutti a forma di coni penduli e magari alcune sporadiche foglioline rimaste lì solitarie. Sul fondo della conca scorreva questo fiume dal colore indescrivibile che andava dal blu, al rosso per finire al bianco, dove i bianchi tronchi creavano dei riflessi morbidi come fossero stati dipinti su una tela. Sapere che le betulle normalmente non si trovano assolutamente a questa latitudine dava anche di più questo paesaggio una spolverata di magico oltre che di unico. Vedere la natura in modo astratto Caldara ROMA-Lazio ROSETO Alcuni scatti realizzati al roseto di Roma Il Roseto ospita circa 1.100 varietà di rose botaniche, antiche e moderne provenienti da tutto il mondo. Gli esemplari coltivati provengono un po' da tutto il mondo: dall'Estremo Oriente sino al Sud Africa, dalla Vecchia Europa sino alla Nuova Zelanda, passando per le Americhe. Sfuocare lo sfondo, aprendo molto l'obbiettivo e automaticamente aumentando molto il tempo, fa risalta molto i fiori Roseto TORINO-Piemonte PARCO DEL VALENTINO Il parco del Valentino si sviluppa lungo le sponde del fiume Po ed ha una grande varietà di alberi. In autunno i colori sono notevoli soprattutto alle prime luci della giornata, quando il sole è di taglio e si infila ne gli alberi, o si adagia sulle chiome degli alberi. Scattare contro sole usando elementi naturali per filtrare la luce parco del vlentino