top of page

Tutti i servizi di Terrimago

158 risultati trovati con una ricerca vuota

  • Forest Bathing nel Parco

    Una sezione per raccontare tutti quello che succede legato ai giardini, come luoghi o come protagonisti. Mostre, eventi, visite, fiere o anche corsi tutti rigorosamente nell'ambito dei giardini e del verde. Iscrivetevi alla newsletter se volete rimanere aggiornati, e se invece volete condividere un vostro evento scriveteci qui e diffonderemo le informazione sul sito e sui nostri social. < Back EVENTO Castello di Miradolo Forest Bathing nel Parco Anche in inverno, quando la natura riposa, sperimentiamo i benefici di un’immersione in natura e scopriamo gli effetti della vicinanza degli alberi sulla nostra salute attraverso pratiche esperienziali come la camminata consapevole , l’abbraccio agli alberi , la respirazione con il bosco , l’ascolto. La “Forest Bathing” agisce sulla salute fisica e sociale migliorando la connessione con la natura, le relazioni interpersonali e la coesione sociale.È una pratica nata in Giappone, diffusa dagli anni Ottanta, fa parte di un programma sanitario nazionale istituito per ridurre i livelli di stress della popolazione. Prende il nome di Shinrin-yoku che in italiano significa “godere a pieno dei benefici dell’atmosfera forestale” (lavarsi, rigenerarsi, rilassarsi). Un “bagno nella foresta” per entrare dolcemente in natura ed aprirsi ai suoi suoni, profumi, colori, ed alle sensazioni piacevoli che questi creano dentro di noi. Un’esperienza immersiva nel verde, positiva sia per la mente sia per il corpo. L’incontro è a cura di Fabio Castello , Counselor con formazione Gestalt-Bodywork / Istruttore CSEN di Forest Bathing/ Performer. Dal 2020 promuove la Forest Bathing, conduce pratiche meditative e di benessere in natura e nei parchi cittadini e collinari di Torino. SCHEDA EVENTO Castello di Miradolo San Secondo di Pinerolo (TO) Forest Bathing nel Parco Date 26 gennaio 2023 4 giugno 2023 LINK

  • Villa Pizzo | terrimago

    La storica e nobile Villa Pizzo, situata nel golfo di Cernobbio, affaccia sul lago di Como. È circondata da un giardino su terrazzamenti caratterizzato da un celebre Viale dei Cipressi, fontane barocche e fiori profumati che la rendono la location perfetta per matrimoni e ricevimenti. LOMBARDIA VILLA PIZZO DI ALESSANDRA VALENTINELLI Villa Pizzo, che prospetta sul lago di Como con una lunga serie di terrazzamenti, sembra una logica prosecuzione di Villa d'Este, ma il suo territorio appare quasi intagliato nella montagna. Nelle aree più vicine agli edifici principali, il giardino si sviluppa con geometrici vialetti allungati fra aiuole, siepi potate in arte topiaria e fontane barocche, sfociando poi nel celeberrimo e lungo Viale di Cipressi che connota la villa anche dal lago. Verso Moltrasio, il giardino si fa sempre più ricco e dotato di specie arboree ad alto fusto, intersecato da un sistema di vialetti e sentieri minori, ai cui margini vi sono una grotta d'acqua, vasche, corsi d'acqua e la “Fontana di Alessandro Volta”, inserita tra le false rovine di un tempietto classico. Villa Pizzo è una delle più antiche dimore del lago di Como. Essa prende il suo nome dallo sperone roccioso su cui sorge: Piz in dialetto comasco significa proprio punta o sporgenza. A metà strada tra Moltrasio e Cernobbio, Villa Pizzo e tutti gli edifici ad essa annessi sono pienamente visibili solo dal lago. I terreni per la costruzione della villa furono acquistati nel XV secolo dalla famiglia Mugiasca, che custodì gelosamente Il Pizzo per oltre quattrocento anni. Tra i momenti cruciali della proprietà dei Mugiasca, si ricorda la peste del 1629, di manzoniana memoria, che vide il Pizzo divenire rifugio di molti uomini e donne in fuga dalle città infettata. Fu in quest’occasione che, sfruttando la manodopera dei tanti presenti, vennero eseguiti i terrazzamenti su cui oggi si estende il grande parco di Villa Pizzo. Tra gli illustri personaggi che durante la proprietà Mugiasca frequentarono la Villa vi fu anche il noto scienziato Alessandro Volta, ricordato da un monumento che i proprietari fecero costruire in seguito alla morte avvenuta nel 1827. Si tratta del primissimo monumento storico dedicato a Volta. Quando i Mugiasca si estinsero, fu Ranieri d’Asburgo, viceré del Lombardo-Veneto, ad acquistare la proprietà. Egli trovò al Pizzo l’ideale luogo di sosta e rifugio dalle complesse vicende politiche dell’epoca. Al Pizzo il viceré Ranieri non arrivò solo, ma accompagnato dal noto architetto paesaggistico Villoresi, già progettista della Villa Reale di Monza, che diede un assetto unico e definitivo al grande parco intorno alla Villa. In seguito alle turbolenti vicende politiche di fine Ottocento che si concretizzarono nei Moti del 48, il viceré lasciò la Villa che venne acquistata dall’affascinante madame parigina Elise Musard, che diede un riconoscibilissimo tocco femminile alla Villa tingendola di rosa, così come è rimasta sino ad oggi. Quando Madame Musard lasciò tragicamente la Villa, la famiglia Volpi-Bassani la acquistò e la visse rispettando le scelte architettoniche e stilistiche del passato e aggiungendo degli elementi di grande pregio che ancora oggi si possono ammirare nel parco come il Mausoleo di famiglia, costruito da noto architetto Luca Beltrami e la grande darsena, che si affaccia sul lago regalando una meravigliosa veduta panoramica. L’architettura semplice e geometrica della Villa, con la sobrietà dei suoi decori che ben si intersecano con l’irregolarità e la varietà di forme, colori e stili dei giardini, uniti all’unicità della storia e delle vicende che in Villa Pizzo si susseguirono nel corso dei secoli, fanno del Pizzo un luogo unico sul lago di Como. Gallery Foto ©CRISTINA ARCHINTO Links VILLA PIZZO Altri GIARDINI e PARCHI Giardini Villa la Pergola Villa Lante Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Castello di Masino Parchi di Parigi

  • Papaveri e api | terrimago

    è per attirare le api che il colore brillante dei petali è diventato un'importante variabile di adattamento. Il papavero ha sviluppato strategie tra le più affascinanti e inaspettate perché le api non percepiscono il colore rosso sgargiante visibile all’occhio umano ma sono attratte dall’ultravioletto. BOTANICA PAPAVERI E API Perché le api non impollinano i fiori rossi tranne i papaveri? di CARLA DE AGOSTINI L a storia dell’evoluzione è una storia di relazioni tra le specie, oltre che tra le specie e l’ambiente. Quando annusiamo un fiore, per esempio, in realtà sentiamo un messaggio rivolto agli insetti, un richiamo per avvertirli che c’è del nettare che li aspetta in cambio del trasporto del polline. E così vale anche per la scelta dei colori. I fiori come li conosciamo noi sono relativamente recenti. Le Angiosperme, ossia le piante che hanno fiori e frutti da seme, sono apparse tra i 135 e i 140 milioni di anni fa e all’inizio non erano così colorate: i fossili suggeriscono che fossero strutture semplici, dall’aspetto opaco, senza molto pigmento, giallo pallido o al massimo verde. Oggi fatta eccezione per felci, conifere, cicadi e muschi la maggioranza delle comunità vegetali appartiene alle Angiosperme. Piano piano, con la comparsa dei fiori si assiste anche alla nascita dei colori vivaci odierni, un meccanismo sempre più sofisticato per favorire l’impollinazione non solo mediante il vento o l'acqua ma richiamando insetti. Molti fiori si sono così evoluti per adattarsi alle esigenze e alle capacità delle api. Al loro lavoro si deve l'80% dell'impollinazione, senza tale attività non ci sarebbero nemmeno mele, mirtilli, ciliegie, avocado, cetrioli, mandorle, cipolle, pompelmi, arance, zucche e tanto altro. Ed è per attirare le api che il colore brillante dei petali è diventato un'importante variabile di adattamento. Il papavero ha sviluppato strategie tra le più affascinanti e inaspettate perché le api non percepiscono il colore rosso sgargiante visibile all’occhio umano ma sono attratte dall’ultravioletto. L’uomo percepisce il colore grazie al pigmento dell'oggetto e alla parte di luce che questo riflette. Nelle api il campo visivo è invece un mosaico di coni che gli consentono di riconoscere una gamma di colori diversa, aiutano l'insetto a rimanere in equilibrio durante il volo e a individuare precisamente ogni fiore intorno a sé anche a grandi velocità. La gradazione rossa non è percepibile all’occhio dell’ape, e le ricerche hanno dimostrato che distingue solo quattro colori: il giallo (arancio, verde giallastro), il verde bluastro, il blu e l’ultravioletto. Perciò i fiori che ai nostri occhi sono rosso vivo, come la Violaciocca rossa o i Garofani della Cina, non vengono fecondati dalle api, ma dalle farfalle diurne. Mentre fiori come l’erica, il rododendro, il ciclamino o il trifoglio hanno una tonalità porpora che le api recepiscono come colore blu, o un colore bianco percepito come verde bluastro. Il papavero, tuttavia, è uno dei pochi fiori rossi che più attrae le api. Questo perché nei suoi petali le cellule pigmentate si dispongono in modo da creare degli spazi pieni d’aria dove la luce viene dispersa consentendo ai raggi UV di essere riflessi, e di far percepire la gamma ultravioletto all’ape che quindi vi si posa e lo feconda. Tale strategia evolutiva conferma lo stretto legame tra un fiore e il suo impollinatore. Si crede infatti che i papaveri europei abbiamo adattato la propria capacità di segnalare l’ultravioletto man mano che colonizzavano le regioni del nord, così oggi in Europa i papaveri sono impollinati dalle api, che vedono bene le radiazioni ultraviolette, mentre in Medio Oriente lo sono dai coleotteri, che vedono perfettamente il rosso. Negli anni l’interesse per le api impollinatrici è aumentato con quello per la ricchezza e la diversità del mondo naturale, è la cosiddetta biodiversità la cui perdita è motivo di crescente preoccupazione. È infatti la varietà degli organismi a permettere agli ecosistemi di resistere alle perturbazioni dell’ambiente o del clima, mentre la diversità genetica che si ottiene con l’impollinazione incrociata tra diverse specie garantisce una maggiore e più vitale quantità di semi. Oggi la moria delle api è causata soprattutto dalle monocolture, che limitano la scelta degli impollinatori, e dall’abuso dei pesticidi che uccidono gli insetti o, nel migliore dei casi, ne alterano le capacità. I benefici che l’impollinazione invece regala alla società sono fondamentali per la vita e non dovrebbero assolutamente essere sottovalutati. Per fortuna oggigiorno nella società e nell’individuo l’interesse a questi processi sta via via crescendo e questo porterà, si spera, a salvare gli impollinatori ed a godere di prati sempre più colorati. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri AMBIENTi E BOTANICA Vie cave opuntia fiorita Opuntia Alberi Caño Cristales Palmeti Palmeti Caldara di Manziana Terra scoscesa Tevere

  • Villa Lante | terrimago

    I giardini di Villa Lante in provincia di Viterbo sono caratterizzati dalla presenza di giochi d'acqua, cascate e fontane immersi nella natura. LAZIO VILLA LANTE DI EMANUELA GNECCO Villa Lante è un ecosistema, non un semplice giardino. Tra le dimore storiche ed i castelli del viterbese, rappresenta al meglio la moderna concezione del rapporto tra architettura e ambiente, tra artificio e natura, tra flora, sculture ed acqua. Lo racconta in proposito un affresco nella loggia della palazzina Gambara che mescola in modo armonico la geometria di vasche e viali, terrazzamenti e fonti con un antico scenario boschivo, frutteti ed aree coltivate a vigne. Per questo Villa Lante interpreta alla perfezione la fase manierista del Rinascimento italiano. Un luogo capace di stupire per il suo rigore e per la sua organizzazione razionale, per i dettagli e i simbolismi nel rispetto del naturale andamento paesaggistico. Qui l’acqua è la protagonista assoluta, incanalata attraverso un complesso sistema idraulico che, dai Monti Cimini, segue un percorso dapprima turbolento per poi scendere a salti come un torrente e placarsi definitivamente nel “parterre d’eau”. Villa Lante è situata nella cittadina di Bagnaia, a pochi chilometri da Viterbo, è sorta nel Cinquecento su un’antica riserva di caccia o “barco”. Furono due uomini di chiesa succeduti sul soglio vescovile della città, Gian Francesco Gambara prima e Alessandro Montalto poi, a dedicarsi alla costruzione di Villa Lante, uno dei più famosi esempi di giardino all’italiana nel mondo. Il cardinale Gambara – che aveva un gusto tutto moderno per il vivere all'aperto - si ritiene abbia chiamato uno dei massimi architetti dell’epoca, Jacopo Barozzi detto "Il Vignola", che progettò una coppia di edifici dalle linee essenziali in perfetto stile manieristico. Le due palazzine, perfettamente speculari, sono diversamente affrescate all’interno per celebrare simboli e devozioni dei due committenti ecclesiastici che qui vollero esaltare le loro virtù ed il proprio potere. Cent’anni dopo la villa passerà al duca Ippolito Lante della Rovere, da qua il nome, fino all’acquisizione nel 1970 da parte dallo stato. Fiore all’occhiello di Villa Lante sono i giardini che si estendono su un’area di 22 ettari, compreso il bosco di querce, aceri, carpini, allori e lecci. Il giardino formale, delimitato da un muro di cinta, coi suoi giochi d'acqua, cascate e i grottini sgocciolanti architettonicamente si ispira al Belvedere in Vaticano e per il suo uso dell’acqua a Villa d'Este a Tivoli, infatti sarà proprio il genio di Tommaso Ghinucci da Siena architetto ed ingegnere idraulico a realizzare anche questo sistema idrico. I sedici metri di dislivello sono suddivisi in tre piani distinti raccordati tra loro da fontane e scalinate, simbolicamente rappresenta il racconto della discesa dell'umanità dall'età dell'oro, come narrato da Ovidio nelle Metamorfosi. Le forme agili delle sculture in peperino, degli obelischi e delle colonne che decorano le magnifiche fontane sono presenti a simboleggiare i quattro elementi naturali: terra, aria, fuoco e acqua. Nel parterre inferiore la grande fontana “dei Mori” del Gianbologna che costituisce l’atto conclusivo del percorso simbolico: il trionfo della mente umana sulla natura rappresentato dall’acqua che riesce finalmente a trovare la sua staticità in forma geometrica. Emanuela Gnecco GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK Sito ufficiale TREE WATCHING Altri GIARDINI e PARCHI Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Villa Pizzo

  • L’operazione fotografica

    Ugo MulasL’operazione fotografica L’operazione fotografica Ugo Mulas Gli occhi, questo magico punto di incontro fra noi e il mondo, non si trovano più a fare i conti con questo mondo, con la realtà, con la natura: vediamo sempre di più con gli occhi degli altri. Potrebbe essere anche un vantaggio ma non è così semplice. Di queste migliaia di occhi, pochi, pochissimi seguono un’operazione mentale autonoma, una propria ricerca, una propria visione. Ugo Mulas, La fotografia , 1973 La mostra Ugo Mulas. L’operazione fotografica , presentata alla stampa martedì 28 marzo 2023, in occasione dell’inaugurazione del nuovo centro Le Stanze della Fotografia, è realizzata in collaborazione con l’Archivio Mulas e curata da Denis Curti, direttore artistico del nuovo spazio, e Alberto Salvadori, direttore dell’Archivio. Il progetto coincide con i 50 anni dalla scomparsa dell’autore, avvenuta il 2 marzo 1973. 296 opere, tra cui 30 immagini mai esposte prima d’ora, fotografie vintage, documenti, libri, pubblicazioni, filmati offrono una sintesi in grado di restituire una rilettura complessiva dell'opera di Ugo Mulas (Pozzolengo, 1928 – Milano, 1973), fotografo trasversale a tutti i generi precostituiti, ripercorrendo l'intera sua produzione. Dal teatro alla moda, dai ritratti di amici e personaggi della letteratura, del cinema e dell’architettura ai paesaggi, dalle città alla Biennale di Venezia e ai protagonisti della scena artistica italiana e internazionale, in particolare della Pop Art, fino al nudo e ai gioielli. Per la prima volta vengono presentati al pubblico così tanti ritratti di artisti e intellettuali, molti dei quali mai esposti prima, come quelli di Alexander Calder, Christo, Carla Fracci, Dacia Maraini e Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Arnaldo Pomodoro, George Segal, per citarne alcuni. Le stanze della fotografia Venezia Venezia, VE, Italia 29 marzo 2023 / 6 agosto 2023 LINK

  • Lavandeto di Assisi | Terrimago

    Il vivaio Water Nursery a Latina ospita una vasta collezione di piante acquatiche e palustri provenienti da ogni parte del mondo. Fra esemplari rari di ninfee, spettacolari iris e fiori di loto, il vivaio cura e valorizza tantissime specie botaniche. UMBRIA IL LAVANDETO DI ASSISI Non solo lavanda Fotografie di Cristina Archinto A Castelnuovo di Assisi, sotto lo sguardo vigile della Basilica di San Francesco, si trova il Lavadeto di Assisi un vivaio, ma non solo, è anche un giardino e ogni tanto è anche un luogo dove festeggiare la primavera a fine di aprile, la lavanda a luglio e le salvie ai primi di ottobre. IL VIVAIO La lavanda è sicuramente la protagonista indiscussa del vivaio ma ci sono tantissime altre piante degne di nota che spiccano soprattutto in altri periodi dell'anno, quali ad esempio la salvia Greggii hot lips un bellissimo profumato cespuglio perenne con puntini rosso intenso che fiorisce da aprile a maggio. Oppure i bellissimi cespugli di Pennisetum villosum una graminacea con una fioritura bianca che avviene da agosto a ottobre, o ancora il color malva dei cespugli di Verbena rigida o i cespugli di Sedum couticola . I GIARDINI Poco lontano dal vivaio, immersi nel territorio tra un campo e l’altro, ci sono quelli che vengono chiamati i giardini del Lavandeto, esempi di diversi tipi di giardini con piante specifiche; perenni a bassa manutenzione, o piante adatte al sole o a terreni aridi o piante da inserire nel proprio laghetto, per vedere sul campo, come potrà diventare il nostro futuro giardino o i come si svilupperanno i nostri acquisti al vivaio. Cespugli di Pennisetum villosum , meravigliose Stipa tenuissima che sembrano capelli al vento, le così dette piume della pampa ovvero le Cortaderia selloana e ancora le ninfee con le Hydrocotyle per i laghetti. Si possono anche vedere i grandi cespugli di rosmarino fiorito che proteggono dal vento tante differenti piante aromatiche, ci sono anche gli alveari con le api che si preparano a passare l’inverno in attesa di una nuova spettacolare fioritura a primavera. Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri giardini botanici e vivai Vivai cuba Orto Botanico di Berlino Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra

  • Dracaena Draco

    < Back Dracaena Draco Dracaena Draco La Dracaena Draco è una pianta decisamente lenta, ma molto longeva; si stima possa arrivare fino a ottocento anni, come l’esemplare a Icos de Los Vinos alle Isole delle Canarie, ma essendo una molocotiledone non presenta anelli annuali che ci confermino la sua età. Detta anche Sangue di Drago per via della sua resina che al contatto con l’aria diventa rossa, era già utilizzata dagli antichi romani come “cinabro” pigmento utilizzato come colorante per lana, ceramica, marmi e anche rossetti. Più avanti è stato utilizzato anche come mordente per i violini Stradivari. Oggi è ancora usata nella medicina popolare per arrestare le emorragie, curare le ulcere e il trattamento della diarrea ed è anche per questo che è a rischi di estinzione. Link Previous Next

  • Orto Botanico di Amsterdam | terrimago

    Correva l’anno 1638 quando la peste si abbatté su Amsterdam e le piante medicinali rappresentavano l’unico modo che si conosceva per curarla e prevenirla. Fu proprio per questo motivo che in quello stesso anno venne alla luce l’Hortus Medicus, luogo di formazione dove medici e farmacisti si incontravano per imparare e condividere le conoscenze botaniche e mediche, arricchendone sempre di più la collezione di piante officinali. OLANDA ORTO BOTANICO DI AMSTERDAM Da Ortus Medicus a Ortus Botanicus Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini C orreva l’anno 1638 quando la peste si abbatté su Amsterdam e le piante medicinali rappresentavano l’unico modo che si conosceva per curarla e prevenirla. Fu proprio per questo motivo che in quello stesso anno venne alla luce l ’Hortus Medicus , luogo di formazione dove medici e farmacisti si incontravano per imparare e condividere le conoscenze botaniche e mediche, arricchendone sempre di più la collezione di piante officinali. Il primo che catalogò l'intera collezione fu, nel 1646, l'allora direttore Johannes Snippendaal: gli servì un intero anno per contare le 796 specie di piante, e scrivere il catalogo, ma grazie a questo duro lavoro Carl Nilsson Linneo nel 1753 riuscì a scrivere la sua opera fondamentale Species Plantarum . Nel 1682 intanto, grazie ai contatti commerciali della Compagnia delle Indie Orientali e all’aiuto dei collezionisti dei Paesi Bassi, l’Orto acquisì moltissime specie non solo medicinali, ma anche da serra ed ornamentali, che trasformarono il vecchio Hortus da Medicus a Botanicus, nuovo centro di intensa attività di ricerca e di commercio. Sempre in questo periodo, vennero incaricati di documentare la nuova raccolta gli illustratori botanici Jan e Maria Moninckx, che realizzarono l’Atlante di Moninckx: non il solito erbario con piante essiccate, ma un catalogo contenete le riproduzioni grafiche delle piante più recenti ed esotiche. L'incarico, che si concluse nel 1749, richiese la produzione di ben nove volumi, e coinvolse nella bottega di Jan e Maria altre esperte acquarelliste. Vi collaborarono infatti Johanna H. Herolt, figlia di Sibylla Merian, e Alida Withoos, figlia di Mathias Withoos, il pittore di nature morte maestro di Gaspar Van Wittel. Tutt’ora l'Atlante Moninckx è considerato la principale testimonianza dello straordinario contributo delle donne alla nascita del disegno scientifico. Oggi, l’Orto Botanico si estende poco più di un ettaro ma vanta una ricchezza vegetale enorme: sono presenti circa 4.000 specie, tra quelle coltivate all’esterno e quelle ospitate nelle sue sette serre, appena sopra al 1% della diversità vegetale mondiale ed è un luogo ricco di storia, dove si intrecciano vicende moderne di emancipazione e studi all’avanguardia per l’attenzione sia al passato che al presente. Ne è un esempio il giardino attraversato da sentieri circolari che col tempo, esattamente nel 1863, riorganizzato in Giardino Sistemico. La forma a semicerchio rappresenta infatti la classificazione sistematica delle piante: le specie che sono strettamente imparentate si trovano a crescere l'una vicino all'altra, mentre quelle che hanno poco in comune sono coltivate lontano. Attualmente sono classificate secondo l’Angiosperma Phylogeny Group (APG), tra le tecnologie più avanzate della “sistemica molecolare”, basata sulle analogie del materiale genetico. Qui, se l’estate è un tripudio di fioriture, l’inverno lascia emergere le linee simmetriche delle siepi di bosso. Un vero e proprio capolavoro di architettura moderna è la Serra dei Tre Climi, progettata nel 1993 da Zwarts & Jansma Architects che riunisce tre diverse ambienti climatici: i subtropici, il deserto e i tropici. Una passerella sospesa consente ai visitatori di passare da una zona e l’altra, ognuna con la propria temperatura, umidità e circolazione dell’aria. Chi vi passeggia gode la vista sull’intreccio di liane e foglie, osserva da vicino la chioma degli alberi mentre intravede il cielo dal tetto di vetro, attraversando la macchia secca, la giungla e il deserto. Nella prima si imbatte in gerani, agapanti e gerbere, poi giunge al clima umido subtropicale dove la protagonista è l’abbondanza di acqua, e infine alla sezione desertica, dove spiccano cactus e maestose succulente provenienti da deserti lontanissimi tra loro. Invece nella Serra delle Palme si può ammirare, accanto agli esemplari di palme giganti, la famosa cyca Encephalartos altensteinii di 350 anni, acquistata nel 1850 da Guglielmo III. L’Hortus vanta la presenza di 60 specie diverse di cicadi, protette e tutelate anche grazie alla collaborazione con altri Orti, attraverso lo scambio di polline, semi o piante giovani. Centinaia di farfalle tropicali infine colorano la piccola Serra delle Farfalle, svolazzando su una interessante collezione di piante tropicali legate al commercio con le Americhe, come il caffè, il tè o il cioccolato. L’Orto è inoltre specializzato nelle famiglie di piante sudafricane, australiane e carnivore. L’Hortus Botanicus di Amsterdam, con le sue vicende e le sue collezioni, è ormai un patrimonio storico, erboristico e scientifico riconosciuto internazionalmente, ma è anche piacevole tappa in cui perdersi durante una gita nella città olandese per eccellenza. GALLERY Info: Sito ufficiale Foto ©CRISTINA ARCHINTO IN EVIDENZA Illustrazioni di Maria Moninckx e Maria Sibylla Merian ILLUSTRAZIONI BOTANICA AL FEMMINILE: L'ATLANTE MONINCKX L’Atlante Moninckx è una raccolta di immagini botaniche, contenente le riproduzioni ad acquerello e guazzo su pergamena, di 425 piante esotiche provenienti dall’Asia, dal Sudafrica e dal Sud America, messe a dimora nell’Orto Botanico di Amsterdam. Questa collezione, suddivisa in nove libri, prende il nome dai due artisti che maggiormente hanno contribuito a realizzarlo: Jan e Maria Moninckx. Maria Moninckx nasce a L’Aia intorno al 1673, ed è figlia di un importante pittore, Johannes Moninckx, e di Ariaentje Pieters, anche lei artista. Rinomata nel settore come pittrice floreale, per l’Atlante esegue ben 101 illustrazioni. L'affiancano, oltre a Jan Moninckx, altre due donne Johanna Herolt-Graff, figlia di Maria Sibylla Merian i cui libri sono considerati ancora oggi capolavori di pittura e precursori della moderna entomologia, e Alida Withoos. Entrambe illustratrici botaniche del tempo, fanno parte di una disciplina sottovalutata in campo artistico ma di estrema importanza nel mondo scientifico, quale ausilio per la classificazione e lo studio della morfologia delle piante, poiché diversamente dagli erbari fornisce una rappresentazione sia della forma che dei dettagli delle varie specie. In questo caso, le illustratrici botaniche studiano da vicino non solo piante e fiori ma la vita stessa degli insetti, spesso conseguendo importanti, quanto ignorati, risultati scientifici. Per esempio, Maria Sibylla Merian tra il 1679 e il 1683 stampa La meravigliosa metamorfosi dei bruchi e il loro singolare nutrirsi di fiori , un’opera dove illustra oltre 176 specie animali, dai bachi da seta alle farfalle, in ogni loro stadio di sviluppo con altrettante specie di fiori e piante di cui si ciba l’animale, ccanto a ogni tavola riporta infatti i dati circa i tempi di metamorfosi, di nutrizione e di ciclo di vita di ognuno. Proprio per tale precisione Merian è oggi considerata la prima entomologa della storia della scienza, un riconoscimento che le verrà dato solo nel Novecento, dopo secoli nell’ombra, rinomata nei soli circoli esperti del settore. Queste illustrazioni rappresentano dunque non solo uno strumento essenziale per la studio, ma anche di emancipazione dal pregiudizio secondo cui la scienza, e quindi la botanica, era, e spesso ancora è, appannaggio solo maschile. Altri giardini botanici e vivai Orto botanico di Napoli Orto Botanico di Zurigo e la Serra Malgascia Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma

  • Parco Giardino Sigurtà | terrimago

    Al confine tra Veneto e Lombardia, a Valeggio sul Mincio, i 60 ettari del Parco Giardino Sigurà si sono colorati grazie alla Tulipanomania, la fioritura di tulipani più ricca in Italia, la seconda a livello europeo, per la presenza di oltre un milione di bulbi. VENETO PARCO GIARDINO DI SIGURTÀ L’incanto dei tulipani dall’antica Persia alle Valli del Mincio Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini N onostante il freddo di fine marzo i tulipani del Parco Giardino Sigurtà sono spuntati! Al confine tra Veneto e Lombardia, a Valeggio sul Mincio, i 60 ettari del Parco si sono colorati grazie alla Tulipanomania, la fioritura di tulipani più ricca in Italia, la seconda a livello europeo, per la presenza di oltre un milione di bulbi. Il percorso di circa 10 km su vialetti in porfido incanta il visitatore tra radure fiabesche e monumenti in ricordo della famiglia Sigurtà. Scandito da vaste visuali sul Mincio, l’itinerario attraversa ponticelli, specchi d'acqua, raggiunge le aiuole del Grande Tappeto Erboso e le isole galleggianti, rotanti nei Laghetti Fioriti. Ogni angolo è una sorpresa, non solo per i tulipani ma anche per i narcisi, i muscari, i giacinti, le fritillarie. La loro disposizione è frutto di uno studio approfondito che garantisce una cromia perfetta, per centinaia di sfumature variopinte. Mentre, primavera dopo primavera, le aiuole si rinnovano, regalando sempre nuovi spettacoli. La proprietà, prima della famiglia Contarini, poi Maffei, è acquistata nel 1941 da Giuseppe Carlo Sigurtà che nel 1978 la apre al pubblico. L’area diventa presto un parco naturalistico e nel 2019 i Giardini di Sigurtà vengono premiati dalla World Tulip Society per l’eccellenza nella promozione e nella celebrazione del tulipano. Oggi Tulipanomania è un vero e proprio Festival che ne esalta la bellezza. La storia del tulipano parte ad Oriente: dal persiano delband , che significa copricapo o turbante. Le prime coltivazioni avvengono in Turchia dove raggiunge grande popolarità nel XVI secolo. Durante il regno di Solimano il Magnifico, si sviluppano numerose varietà che dalla sua corte esportate a Vienna, poi in Olanda e in Inghilterra. La scelta del nome Tulipanomania richiama la Febbre dei Tulipani che scoppiò in Olanda nella prima metà del XVII secolo. In quegli anni la domanda di tulipani toccò un picco così alto che ogni singolo bulbo raggiunse prezzi incredibili: nel 1623 alcuni arrivarono a costare anche un migliaio di fiorini olandesi. Considerando che il reddito medio annuo dell'epoca era di 150 fiorini, i bulbi divennero un bene su cui investire, scambiare con terreni, bestiame o case. Nel 1630, per soddisfare le esigenze del mercato, esistevano oltre 140 diverse specie di tulipani registrate solo in Olanda: ibridi monocolore, multicolore con striature, tratti o foglie fiammeggianti, tutti facevano a gara per creare il tulipano più bello e raro. Il prezzo record fu registrato per il bulbo più famoso, il Semper Augustus , venduto ad Haarlem per ben 6.000 fiorini. Nel 1636 divennero il quarto prodotto di esportazione più importante dell'Olanda, ma alla fine di quell'anno la “Bolla dei Tulipani”, raggiunto l’apice, scoppiò, mandando sul lastrico tantissime persone. La febbre riprese in Inghilterra nel 1800, dove il prezzo di un singolo bulbo arrivò a quindici ghinee, una somma che bastava ad assicurare a un lavoratore e alla sua famiglia cibo, vestiti e alloggio per almeno sei mesi. Ma nessun altro paese d'Europa eguagliò più il livello di tulipanomania degli olandesi. L’odierna Tulipanomania del Giardino Sigurtà ha a cuore il tema del giardino ecologico; premiato dall’European Award for Ecological Gardening, il Parco sensibilizza l’opinione pubblica promuovendo visite a piedi, in bici, in golf-cart elettrico o in trenino rétro che segue l’Itinerario degli incanti con guida multilingue. Sulla stessa linea di pensiero si inserisce la creazione del Labirinto, inaugurato nel 2011 su un’area prima adibita a parcheggio, dove ora crescono millecinquecento piante di tasso alte più di due metri, disegnando geometrie naturali su una superficie rettangolare di 2.500 metri quadri. Dalla torre al centro del Labirinto, si può ammirare la Grande Quercia che si erge da oltre quattro secoli. Finita la visita la sensazione sarà quella di non aver visto tutto. La grande varietà di luoghi sarà la scusa perfetta per tornare e scoprire il Giardino, in cerca di nuovi colori e fioriture in nuovi periodi dell’anno. IL TULIPANO NELLA STORIA “L’arte non poteva fingere una grazia più semplice, né la natura formare una linea più bella” scriveva James Montgomery, poeta scozzese, a fine ‘700. I tulipani, una specie bulbose appartenenti alla famiglia delle Liliaceae, intorno al 1554 vengono menzionati per la prima volta in Europa occidentale sotto il nome di tulipa , dal genere latino, o tulipant . La parola probabilmente deriva dal persiano دلبند delband "turbante" per la sua somiglianza col fiore. Uno dei racconti più antichi risale all’antica Persia: il giovane principe Farhad apprende che Shirin, il suo grande amore, è stata uccisa. Sopraffatto dal dolore, si getta da una scogliera. In realtà è un geloso rivale ha diffondere questa falsa voce per ostacolare la loro relazione. Così a simboleggiare l'amore eterno e il sacrificio, la tradizione vuole che dove il sangue del giovane principe sia gocciolato siano cresciuti dei tulipani. Ancora oggi in Iran, dove il tulipano è simbolo nazionale del martirio, usato anche come simbolo nella rivoluzione islamica del 1979, ricorda i martiri morti nella battaglia di Karbala nel 680 D.C. Le peripezie di questo fiore sono variegate e arrivano fino in Europa, in Olanda precisamente, dove nel 1636 la domanda di bulbi di tulipano crebbe a un livello tale che si cominciò a investirci in Borsa. I giornali dell’epoca, per esempio, riportano la storia di un birraio di Utrecht che scambiò la propria fabbrica di birra per soli tre bulbi di tulipano. I fiori divennero gioielli per le dame, arricchendone anche il significato intrinseco: regalare un tulipano può significare amore incondizionato e perfetto, o serve a brindare alla realizzazione di un obbiettivo raggiunto, può alludere alla vanità, o rispecchiare l’attitudine filosofica e la caducità della vita. Non a caso ritroviamo un vaso di tulipano vicino al busto di Seneca nel quadro I quattro filosofi dell’artista fiammingo Pieter Paul Rubens, a richiamare la scomparsa dei due personaggi al centro del dipinto, tanto cari al pittore. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa

bottom of page