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  • Orto Botanico di Dublino | terrimago

    È anche grazie al duro lavoro di alcune botaniche irlandesi che, dalla fine del '700, hanno lavorato come ricercatrici botaniche studiano fiori e licheni locali che nasce l'orto botanico di Dublino. DUBLINO Begonia nella Curvilinear Glasshouse ORTO BOTANICO DI DUBLINO Donne irlandesi alla conquista della botanica Fotografie Cristina Archinto Testo Alessandra Valentinelli L 'Irlanda è tra i paesi europei più poveri di flora. Secoli di pascolo e attività agricole hanno inoltre depauperato e alla fine ostacolato la crescita delle foreste. Eppure quel verde squillante che tanto incanta è il riflesso di una biodiversità alquanto articolata. Zona delle Graminacee con infondo La Great Palm House È insospettabile la ricchezza di un semplice prato: fiori, erbe, felci, licheni. Può apparire meno avvincente di una giungla o di una spedizione nei mari del Sud, ma forse è proprio questa dimensione “domestica” a permettere alle donne irlandesi la conquista, prima che altrove, di un ruolo di rilievo nel pantheon degli studi botanici. Lo è per Ellen Hutchins che a fine '700 girando la contea di Cork, classifica centinaia di muschi ancora sconosciuti, per Anne Elizabeth Ball che a metà '800 è fra i più stimati esperti di alghe , o per Katharine Sophia Kane che nel 1833 pubblica una pionieristica sistematizzazione della flora irlandese e sarà perciò la prima donna ammessa alla Società Botanica di Edimburgo. Il Giardino Roccioso e Praterie su roccia calcarea naturale nella zona delle Autoctone d'Irlanda Molte operano all'ombra dei più famosi colleghi maschi: si pensa che Lady Kane abbia scritto sotto pseudonimo mentre la Hutchins non si è mai spinta oltre i propri erbari. Ma quando l'attenzione degli accademici si sposta dalle specie esotiche alle endemiche, le loro ricerche si rivelano fondamentali per progredire nella conoscenza dell'ecologia locale, individuarne vulnerabilità e minacce; così un secolo dopo, la descrizione del legame fra licheni e periodo di emersione dalle maree è riconosciuta a Matilda Knowles , archivista ai Giardini dal 1903 al 1933, contributo essenziale alla comprensione degli ambienti costieri. Asteraceae nella zona Piante Annuali Per riannodare i fili di una memoria tanto intimamente intrecciata alle risorse della terra, Matthew Jebb, attuale direttore dell'Orto Botanico di Dublino, ha ricostituito interi habitat, trasportando dagli ambienti originari, sin le pietre e il terriccio. Unico esempio tra gli Orti d'Europa, mostrano l'evoluzione spontanea degli ecosistemi: il passaggio dalla palude di canneti al cariceto, quando le piante ad accrescimento più rapido accumulano su quelle morte una zolla abbastanza alta da fuoriuscire dall'acqua. Spiegano il lento maturare del paesaggio alberato, la millenaria formazione delle distese di torba, il ritrovamento di boschi fossili intrappolati sotto gli strati di muschio . Insegnano con la loro manifesta fragilità, che le piante appartengono a comunità biologiche, evidenziando l'importanza di siepi, stagni, corridoi e reti verdi per la tutela delle specie selvatiche. Ripristinano equilibri a rischio e fioriture in via di estinzione. Prefigurano il possibile futuro. Piante del Sud Africa nella Curvilinear Glasshouse Vero museo a cielo aperto, Dublino ha di recente promosso anche i restauri delle serre ottocentesche: simboli della peculiare fusione fra estetica e ingegneria delle architetture in ferro e vetro, sono il risultato di un progresso tecnico incalzante. La Curvilinear Glasshouse è terminata nel 1848. Il cantiere si è protratto per 5 anni, la ditta incaricata dei lavori è fallita; disegnata da Richard Turner, all'epoca progettista noto per l'Orto di Belfast, ormai attivo a Kew, conta circa 8.500 lastre, arrotondate ai bordi per sovrapporsi e far defluire la pioggia, sagomate su i 9 specifici raggi di curvatura del tetto, montate in 20 diverse combinazioni: risanata recuperando, anche da Kew, i vecchi decori in ferro battuto, assembla pezzi standard, vetri prodotti con soluzioni allora di avanguardia, ma l'insieme resta irripetibile. La Great Palm House, scherzosamente ribattezzata “Casa della Giungla”, è invece già figlia della prefabbricazione: inaugurata nel 1884 per sostituire la precedente, in legno, distrutta da un forte temporale, ha le parti in ghisa forgiate in serie in Scozia; si è così potuto smantellarne le componenti, rifonderne le ammalorate in stampi fedeli agli originali e nel 2004 restituirla libera da ruggine e corrosione, protetta da moderni trattamenti. Laghetto “Camminare è perfetto per raccogliere idee” dice invitante, Matthew Jebb. Aperti ogni giorno tranne Natale, gratuiti, frequentatissimi da tutte le età, i Giardini di Dublino sono oggi un luogo per condividere saperi, svago e passion i: dove nutrire l'inesauribile curiosità sull'ambiente che ci circonda o tentare la riffa delle piante, lasciarsi sorprendere, e magari scoprirsi attratti, dalle frontiere inesplorate della biodiversità. Accostandosi alla vitalità della natura nelle sue forme più semplici o attraverso le culture materiali del passato, narrano la complessità delle sue funzioni nei territori. Spingono a interrogarsi sui cambiamenti climatici in atto e i paesaggi di domani. Offrono soprattutto un nuovo modo di rapportarsi ai suoi mutevoli assetti, nel rispetto per cicli alla cui sorte siamo indissolubilmente legati. IN EVIDENZA Donne Botaniche Irlandesi Ellen Hutchins (1785–1815) Oltre 200 anni fa, sulle coste del West Cork, una giovane donna raccoglieva, studiava e identificava avidamente le piante. Ellen Hutchins è stata la prima donna botanica d'Irlanda anche se un po’ dimenticata ma nel campo della botanica il suo contributo è ampiamente conosciuto e apprezzato. Nata in una famiglia poverissima a due anni rimase orfana di padre, ma grazie alle cure e all’attenzione di Mr Stokes, un eminente medico irlandese, e sua moglie che Ellen decise di dedicarsi alla botanica dividendo il suo tempo alla ricerca di piante all’aria aperta, fatto che giovò molto la sua salute precaria, e alla catalogazione delle sue scoperte, producendo parecchi disegni ad acquerello dettagliati e meticolosi. La sua capacità di trovare nuove piante e la qualità dei suoi disegni e dei suoi esemplari suscitarono l'ammirazione dei principali botanici dell'epoca e il suo lavoro fu presentato in molte pubblicazioni. Sebbene non abbia mai pubblicato con il proprio nome, fu un importante contributo alle nuove scienze vegetali in via di sviluppo della sua epoca. Nella sua vita catalogò più di mille piante tra alghe e licheni e ne scopri alcune dandogli il suo nome come Jubula hutchinsiae e Herberta hutchinsiae . Velvet horn fucus tormentosus dalla raccolta alla pubblicazione Anne Elizabeth Ball (1808–1872) A differenza della sua predecessora Ellen Hutchins, Anne nacque in una famiglia già inserita in un mondo di scienza e natura, il fratello Robert Ball era il naturalista e il padre Bob Stawell Ball un astronomo. Poco più che ventenne Anne iniziò a raccogliere e studiare le alghe marine e, pur non essendo membro delle società scientifiche dublinesi essendo donna, si affermò come algologa di successo. Tuttavia, come era consuetudine all’epoca, i suoi lavori furono pubblicati da naturalisti uomini come William Henry Harvey, un amico del fratello, che ricambiò nominando a suo nome il genere Ballia e la specie Cladophora balliana. Ball inoltre contribuì anche a fornire a William Thompson delle schede illustrate di idroidi, che furono pubblicate nel quarto volume di The Natural History of Ireland nel 1856. Le sue collezioni sono state conservate e successivamente acquistate dall’Orto Botanico di Dublino fino 1961 passarono al Natural History Museum di Londra. Un'esemplare di Ballia callitricha in un erbario Katharine Sophia Kane (1811-1886) Rimasta orfana anche lei in giovane età fu cresciuta dallo zio Matthias O'Kelly che aveva una forte attrazione verso la natura, come del resto il figlio Joseph che divenne geologo. Katherine aveva solo 22 anni all'epoca della sua prima pubblicazione The Irish Flora e, sebbene non fosse un'opera di grandi dimensioni, fu una delle prime del suo genere, lodata per la sua accuratezza. Nel 1836, l'allora venticinquenne Katherine divenne la prima donna ad essere eletta membro della Società Botanica di Edimburgo e il suo erbario è conservato presso l'University College di Cork. Nella sua vita si interessò anche alla coltivazione degli alberi, scrivendo sull'argomento per l'Irish Farmer's and Gardener's Magazine Il frontespizio del volume The Irish Flora del 1833 Matilda Knowles (1864- 1933) Matilda fu incoraggiata fin dalla tenera età da suo padre William James Knowles, anch’esso scienziato dilettante, portando lei e sua sorella alle riunioni dei Belfast Naturalist. I suoi studi la portarono ad essere considerata la fondatrice degli studi moderni sui licheni d’Irlanda. Nel1895 fu l’autrice, insieme a Derry Mary Leebody, di La flora del nord-est dell'Irlanda e tra il 1897 e il 1933 pubblicò oltre trenta articoli scientifici su un'ampia gamma di argomenti botanici. Fu durante lo studio dei licheni di Howth che scoprì come i licheni costieri crescono in sponde distinte e si distinguono per il loro colore: nero, arancione e grigio Dal 1923 ha condiviso la curatela del National Museum of Ireland Herbarium , una collezione di piante essiccate e pressate ora conservate nei all’Orto Botanico di Dublino. Si dice che il suo lavoro abbia "costituito un importante contributo di base alla botanica fungina dell'Irlanda e dell'Europa oceanica occidentale" Licheni raccolti da Matilde Knowles GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri orti botanici Jardin des plantes Nantes Orto botanico di Berlino Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Orto Botanico di Zurigo e la Serra Malgascia ARC_7320 Orto botanico di Ginevra L1030823 Orto botanico di Siena

  • Parco Villa la Grange | terrimago

    Parco La Grange a Ginevra, sede di storici incontri politici, è apprezzato in tutte le stagioni, in particolare per il suo profumato giardino di rose. GINEVRA Parco Villa la Grange di LIVIA DANESE Il Parco La Grange è il più grande parco della città di Ginevra. Il giardino all’inglese del XIX secolo accoglie i visitatori ed i cittadini che apprezzano il parco in tutte le stagioni, organizzando pic nic e passeggiate nel curatissimo contesto naturale. Il Parco venne donato alla città di Ginevra nel 1917 dalla famiglia Favre, ma il territorio ha origini antichissime come testimoniano i resti archeologici che risalgono al Neolitico. La sua storia ha attraversato i secoli fino alla seconda metà del ‘700 quando la famiglia Lullin commissionò la costruzione della residenza estiva, oggi visibile nell’impianto neoclassico della villa perfettamente conservato nel tempo. Per la magnificenza e la sua importanza storica, il luogo ospita tutt’oggi importanti eventi e incontri diplomatici. La vista sul lago Lemano è inizialmente celata dall’ingresso principale ma si rivela presto in tutto il suo splendore, circondata da piante di ogni foggia e colore. Il giardino che circonda la villa è impreziosito dalla presenza di numerosi alberi monumentali, tra cui querce, cedri, faggi, castagni e platani, che spiccano nel suggestivo paesaggio lacustre, regalando uno spettacolo autunnale unico. Il loro fogliame, assumendo via via le caratteristiche colorazioni autunnali, ricopre il parco di un manto variopinto ed acceso. La principale attrazione del parco è il suo roseto che conta più di 200 varietà di specie ed è particolarmente frequentato e apprezzato a partire dalle prime calde giornate primaverili. Il profumo delle rose accompagna visitatori e appassionati lungo una bellissima ed intima passeggiata fiorita nel giardino ottagonale, recentemente restaurato. Quest’ultimo, progettato per rievocare la riservatezza di un hortus conclusus, venne realizzato alla fine della seconda guerra mondiale per offrire un ambiente colorato, variopinto e dalla connotazioni positive nel periodo dell’immediato dopo guerra. Viali alberati, specchi d’acqua, aiuole colorate e meravigliosi edifici storici compongono il Parco La Grange offrendo ai visitatori una suggestiva e amatissima oasi di verde affacciata sul lago di Ginevra. Inoltre nel Parco La Grange la biodiversità è incoraggiata da siti di riproduzione di insetti che scavano il legno e alveari di api, nonché da arbusti indigeni e prati dove le pecore pascolerebbero durante l'estate ed è gestito ecologicamente senza l'uso di prodotti chimici. GALLERY Load More Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK S TREE WATCHING Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Parco del Paterno del Toscano Labirinto della Masone Villa d'Este Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Villa Pizzo

  • Reggiadivenaria | terrimago

    Luci invernali nei Giardini della Reggia di Venaria. Diario fotografico di una giornata invernale passata in questo meraviglioso luogo, e consigli per aspiranti fotografi. DIARIO FOTOGRAFICO Luci invernali nei Giardini della Reggia di Venaria Fotografie e testo di Cristina Archinto A ndata alla Reggia di Venaria per vedere la mostra di John Constable, mi sono ritrovata col naso schiacciato contro una finestra estasiata dalla bellezza dei suoi giardini invernali. L’assenza di sole dovuto a una coltre di nuvole dai toni bianco-grigio aumentava il suo fascino. Ripeto spesso che io mi sento più fotografa di luce che di giardini ma davanti a tante geometrie confesso che mi sono ritrovata indietro nel tempo, alla mia prima grande passione: la fotografia d’architettura. Decisa a non perdere quest’occasione mi ritrovo nel parco, due mesi dopo aver già fatto un servizio fotografico, accompagnata questa volta dalla solo macchina Leica ma di certo sufficiente per l’occasione, e soprattutto con nessun obbligo lavorativo. Presente alla situazione solo un gran freddo e nessuna anima viva. Perfetto. Inaugurati nel 2007 i Giardini di Venaria sono una buona combinazione tra un passato sei-settecento geometrico recuperato e un presente artistico con opere d’arte di Giuseppe Penone e Giovanni Anselmo inserite armoniosamente nel suo paesaggio. L’intero complesso cittadino di Venaria si sviluppa in lungo, e il giardino ne segue il suo corso con la lunghissima Allea Centrale che va dalla fontana di Ercole al tempio di Diana creando nel suo insieme un’unica asse. Lungo il fianco della Citroniera e della Galleria Grande si trova il Gran Parterre dai toni di grandiosità dati dalle proporzioni, pieno di tassi cilindrici, vasi di agrumi e vere e proprie stanze con pareti, boschetti e volte vegetali lungo il perimetro con molti fiori gran parte dell’anno. Nel settecento era un’area di rappresentanza, dove passeggiare con l’ombrellini spettegolando era d’obbligo. Purtroppo nel tempo è stato anche un luogo dove la natura è stata rimpiazzata dai militari di ogni dove, durante diverse guerre. Presenti anche vari giardini, come quello delle rose, dei fiori e i Potager Royal con verdure e frutteti, ma di certo non sono un’attrazione in questa stagione. Appunti fotografici Nei giardini della Venaria chiunque ami osservare rimane sicuramente affascinato davanti alla bellezza dei viali di carpini quasi completamente spogli che invece di nascondere velano soltanto la Grande Reggia o le strutture ramificate dei maestosi alberi lungo i viali e affianco alla vasca della Peschiera che si riflettono sullo specchio d’acqua leggermente ghiacciato. Anche le betulle coi loro rami bianchi e pochissime foglioline marroni si amalgamano nella luce del paesaggio quasi fossero sete giapponesi. I lunghi viali prospettici tagliano in due il riquadro fotografico, i bossi a piramide e le siepi potate a gradoni o a semicerchi si impongono sull’immagine come arte astratta. Anche le opere dalle forme rigide di Pennone sottolineano l'aspetto geometrico del paesaggio. Forse a prima vista sembra facile fotografare questi giardini, principalmente per merito delle geometrie che raccontato facilmente lo spazio, bisogna stare attenti perché il rigore degli assi deve essere assoluto, una foto anche leggermente inclinata sarebbe una distrazione per gli occhi. Inoltre utilizzando il punto focale centrale non ci sono difficoltà, differentemente se lo si vuole variare, bisogna stare attenti agli equilibri dell’inquadratura che se stravolti rischiano di rompere l’armonia della fotografia rendendola spiacevole. I colori d’inverno e con luce uniforme tendono a mantenere tonalità simili e morbide che vanno dal beige al verde. In questo caso si è voluto dare un forte contrasto con picchi di rossi o di gialli dovuti ai rami dei sali bianchi corniolo corallo presenti nel giardino. La luce uniforme della giornata è motivo dell’assenza totale di ombre, fatto che in contesti più naturali creerebbe non poco sconforto, in questo caso si rivela vincente non solo perché si può facilmente fotografare da qualunque lato ma anche perché le forme geometriche non vengono deformate dallo scuro delle proprie ombre. Cimentarsi fotograficamente con questi giardini e in queste condizioni è magico, lo consiglio a tutti, che siano dei giardini o anche un paesaggio in pianura, in inverno o con il cielo dai colori uniformi. Un grande maestro è stato Luigi Ghirri che per chi per caso non conoscesse ancora consiglio vivamente di andare a Parma fino al 26 febbraio a vedere la sua mostra Labirinti della visione. Luigi Ghirri 1991 . Andateci e scopritelo. Oppure andate alla Reggia di Venaria, di certo troverete anche in altre stagioni, spunti panoramici molto stimolanti. L'importante è prima di tutto osservare, osservare e osservare ancora poi elaborare l'inquadratura e infine scattare una foto veramente vostra. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Link Reggia di Venaria Altri GIARDINI e PARCHI Giardini Botanici di Villa Taranto Giardini Botanici di Villa Taranto I giardini di Villa Melzi I giardini di Villa Melzi Parco giardini di Sicurtà Parco giardini di Sicurtà Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone

  • Centro Botanico Moutan | terrimago

    Il Centro Botanico Moutan ospita la più grande collezione di peonie cinesi al mondo. Dalle specie Rockii alle peonie ebacee, il giardino raccoglie tutte le varietà di questi profumati fiori in un'oasi di tranquillità e colori. LAZIO CENTRO BOTANICO MOUTAN Il giardino delle peonie cinesi DI GRETA ARNCIA SANNA Nascosto nelle campagne del nord Lazio si trova un giardino, unico nel suo genere, che ospita tutte le specie e le varietà di peonie cinesi. Qui fiorisce una collezione inedita di piante rare uniche tra lecci, allori, cipressi e piante autoctone. In aprile e maggio questo angolo di terreno fiorisce in un'infinità di colori e profumi inebrianti.La storia della più grande collezione di peonie cinesi al mondo inizia nel 1980 con Carlo Confidati, la cui ricerca di un disegno originale per il suo giardino di casa lo ha portato a farsi catturare dal fascino del fiore, apprezzato da molti per la sua bellezza. Il centro è stato fondato nel 1993 per il profondo desiderio di conoscere tutte le specie e le varietà di peonie arboree cinesi esistenti. L'aspirazione era quella di trovare questi fiori nelle zone più remote dell'Asia, importarli in Europa e riunirli in un unico luogo, per promuoverne la conoscenza e la diffusione. Oggi il Centro Botanico Moutan comprende circa 600 diverse varietà e ibridi naturali appartenenti a specie botaniche conosciute. Le gemme indiscusse del paesaggio attuale sono le specie Rockii, straordinarie peonie che crescono spontaneamente sugli altipiani del Tibet, ad un'altitudine di oltre 2000 metri, resistendo a temperature estreme che scendono sotto i -20°C. Il nome cinese di questo fiore è "Zi ban mu da", che significa "albero di peonia con fiori alla base dei petali". Questa caratteristica lo rende facilmente identificabile e molto pregiato. Fu scoperta nel 1925-26 dall'americano Joseph Rock, un cacciatore di piante. Ha un cespuglio vigoroso e largo, alto 3 metri, con fiori bianco latteo che presentano una caratteristica macchia nera alla base. Con il suo fogliame elegante e caratteristico, la macchia sui petali, la fioritura tardiva e la notevole resistenza al freddo la peonia Rockii è l'orgoglio e la gioia del giardino. Un'altra peonia che adorna il giardino è la specie Ostii. Queste si presentano con fiori bianchi singoli con una media di 12 petali, con occasionali venature rosa. È inoltre un fiore precoce e di lunga durata con un profumo delicato. Le due ultime specie sono state spesso combinate in un ibrido di fiori con una sfumatura di colore non comune: il rockii x ostii. Le piante sono ottenute per ibridazione spontanea dei parentali, mediante una lunga propagazione con il seme e la selezione della progenie. Questo fa di ognuna di esse un esempio unico e irripetibile che può essere distinto anche solo da un dettaglio nel fiore delle foglie. Gli ibridi di queste due specie hanno caratteristiche intermedie che rendono le piante veramente particolari. Sono normalmente molto grandi, vigorose e resistenti, con grandi fiori singoli. La macchia violacea non definita alla base è quella della peonia rockii ma il colore sfuma verso l'alto, verso le punte dei petali. L'ibrido presenta anche una varietà rosa, di solito più chiara o rosa più profondo, con striature violacee vivaci che hanno origine nel suo cuore. Il giardino mostra anche orgogliosamente un certo numero di Peonie erbacee. Facili e robusti questi arbusti, aiutati dalle loro radici a rizoma, sono ideali per i piccoli giardini che muoiono in inverno e ricrescono in primavera. I loro lunghi steli sono ideali anche per realizzare bouquet la cui fragranza permeante si disperde nella brezza fresca. In particolare la peonia lactiflora, originaria della Siberia, ha prodotto molte cultivar, con fiori che raggiungono i 20 cm di diametro. Ha un profumo dolce e varia dal rosso al bianco. Infine, un'altra specie che irradia il giardino con le sue vibranti sfumature rosa è la peonia Suffruticosa. Il suo fiore è caratterizzato da una corona di petali ricchi di colore e fogliame. Produce numerosi fiori e alcune specie, come l'Er Qiao, sono una sorprendente combinazione di due colori diversi. Questo Giardino di Peonie è una vera e propria oasi di tranquillità incastonata tra i colori e i profumi delle peonie e tra rose rampicanti, viti americane e passaggi di glicine che vacillano nella brezza primaverile, i rumori della città si sentono piacevolmente distanti. Nel complesso, l'Orto Botanico di Moutan ci invita a girovagare in un luogo unico nel suo genere, rivelandoci la particolarità e la bellezza che si cela dietro la peonia e tutte le sue specie esistenti.Greta Arancia Sanna foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Centrobotanicomoutan.it Altri giardini botanici e vivai Orto Botanico di Ginevra Orto Botanico di Ginevra Orto Botanico di Palermo Roma Roseto di Roma Chicago Chicago Batanical Garden Giardino Esotico Pallanca Water Nursery Giardino Botanico di Hanbury

  • Jardin des Plantes Nantes | terrimago

    A Nantes c’è un Jardin des Plantes, veramente degno di nota. Non solo perché tenuto molto bene, anche in questi tempi di siccità e temperature decisamente elevate, ma perché la sua storia, legata da sempre ai naviganti ed esploratori francesi, ha portato fino ai oggi esemplari botanici veramente notevoli da tutto il mondo. FRANCIA Uno specchio d'acqua all'ombra di un Cercidiphyllum del Giappone Jardin Des Plantes di nantes Una Storia di Semi e Naviganti Fotografie e testo Cristina Archinto L a storia di Francia, è noto, abbonda di naviganti e colonie ma non tutti sanno che fin dall'inizio l'attenzione che fu data alla botanica è stata quasi al pari di quella inglesi. Nel cuore della regione della Loira, a Nantes, non lontano dalla stazione, c’è un giardino, anzi per essere più precisi un Jardin des Plantes, veramente degno di nota, non solo perché tenuto molto bene, anche in questi tempi di siccità e temperature decisamente elevate, ma perché la sua storia, legata da sempre agli esploratori francesi, ha portato fino a oggi da tutto il mondo esemplari botanici veramente notevoli. Il fiume Loira La sua storia ha radici lontane; è il 1688 quando un gruppo di farmacisti locali decide di creare, più per diletto che altro, un piccolo “giardino degli speziali” (Jardin des Apothicaires ). Ma è solo con l’arrivo di Pierre Chirac, medico e sovrintendente dei giardini reale delle piante medicinali, che il giardino si sviluppa diventando ufficialmente un “giardino reale delle piante”. Questo è dovuto, sia per la sua collocazione geografica, Nantes si trova sulla Loira, fiume navigabile fino a Parigi e luogo ideale per l’acclimatamento delle nuove piante, ma soprattutto per quello che il medico riesce ad ottenere sfruttando la sua posizione sociale: un’ordinanza reale, datata 1726 da Luigi XV, che imponeva “a tutti i capitani delle navi di Nantes di riportare semi e piante dalle colonie di paesi esteri e consegnarli al Jardin des Plantes di Nantes”, da quel momento Chirac viene rifornito di una ragguardevole quantità di “materia prima” e il giardino inizia la sua forte crescita. Collezioni di annuali Ma la sua storia è lunga ed ha altri protagonisti come Jean Alexandre Hectot che nel 1806 diventa direttore del giardino ricollocato nell’attuale sede e si devono a lui le grandi collezioni tra cui quella delle magnolie. Poi ci fu Antoine Noisette, noto paesaggista dell’epoca, a cui nel 1822 gli viene chiesto una riqualificazione del giardino per l’apertura al pubblico ma, avendo lui creato parallelamente un’attività commerciale di piante, il giardiniere col tempo si concentra più sulle vendite che sul far crescere il giardino e nel 1835 viene allontanato. In seguito, a riportare il giardino da vivaio personale a orto botanico di Nantes, arriva Jean-Marie Écorchard che, grazie anche ai continui contributi dei naviganti che non hanno perso l’abitudine di fornire nuove piante, da citare il capitano Mathurin Jean che riporta migliaia di semi e piante da posti come la Martinica e l’India, lo porta al suo degno splendore. A lui si devono anche la costruzione della prima serra nel 1844 e lo stile a “parco all’inglese” ancora presente, con laghetti e viali alberati, e la definitiva apertura al pubblico del 1865. L’ultimo protagonista della storia del giardino è Paul Marmy che diventa direttore, nel 1893, di un orto che purtroppo nel frattempo è andato in rovina sia per colpa della “grande gelata” dell’inverno del 1879 che uccise ben 245 alberi e 600 arbusti, sia per la mancanza di fondi da parte del comune. A lui si devono la riorganizzazione delle collezioni botaniche e la realizzazione del “palmarium” una bellissima serra delle palme e piante esotiche tutt’ora ben conservata. Una delle quattro serre Il giardino oggi si estende su più di sette ettari con diverse serre, calde, fredde e un aranceto. La serra “Palmarium” è utilizzata anche come laboratorio di ecologia tropicale e ospita liane e piante epifite (piante aeree). Nel parco, ancora in stile inglese, si può godere di specchi d’acqua, fontane, ponticelli, isolette e l’immancabile padiglione. In un ambito più botanico gli alberi monumentali, visto la sua lunga storia, non mancano. Oltre alla magnolia grandiflora detta “di Hector”, ci sono Magnolia ferruginea dei Platanus acerifolia , dei Liriodendron tulipifera dei Aesculus hippocastanum , delle Sequoiadendron giganteum , Sequoia sempervirens, Metasequoia glyptostroboides , Wollemia nobilis, Cercidiphyllum del Japon e Taxodium distichum tutti intorno ai cento cinquant’anni , inoltre ci sono parecchi arbusti e piante perenni particolari, da citare la Angelica heterocarpa , in totale all’incirca 10.000 specie diverse, che arrivano per merito della sua storia, da tutto il mondo. Un'opera di Jean Julien Dall’estate del 2020 all’interno del giardino si possono incontrare le opere di Jean Julien, artista locale , laureato alla St. Martin di Londra. Sono personaggi divertenti, quasi in bi-dimensione, che si trovano in giro per il parco, tra i vialetti, sui prati, attorno agli alberi, realizzate appositamente per il Jardin des Plantes di Nantes. La serra delle cactacee La cultura botanica francese ha radici lontane e legate e come abbiamo ancora constatato, a una storia di naviganti e di colonie, ma bisogna dirlo, l’abitudine di avere dei luoghi simili fruibili a tutti, cani compresi, gratuitamente, è un segno di civiltà. Per i francesi è una prerogativa coltivare la cultura botanica, e così dovrebbe diventare anche da noi. Per loro leggere all’ombra di un albero di cui puoi anche imparare il suo nome o avere la possibilità di aspettare qualcuno godendoti di una serra di inizio secolo pieno di piante esotiche, o poter fare un picnic respirando il profumo di fiori esemplari, magari, come in questo caso, circondati anche da opere d’arte che mettono sicuramente di buon umore è fondamentale. Ricordiamoci che solo diffondendo la cultura del verde si incomincerà ad ottenere il rispetto che merita. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri giardini botanici e vivai Orto botanico di Berlino Orto botanico di Madrid Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Orto Botanico di Zurigo e la Serra Malgascia Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra

  • Forest Bathing nel Parco

    Una sezione per raccontare tutti quello che succede legato ai giardini, come luoghi o come protagonisti. Mostre, eventi, visite, fiere o anche corsi tutti rigorosamente nell'ambito dei giardini e del verde. Iscrivetevi alla newsletter se volete rimanere aggiornati, e se invece volete condividere un vostro evento scriveteci qui e diffonderemo le informazione sul sito e sui nostri social. < Back EVENTO Castello di Miradolo Forest Bathing nel Parco Anche in inverno, quando la natura riposa, sperimentiamo i benefici di un’immersione in natura e scopriamo gli effetti della vicinanza degli alberi sulla nostra salute attraverso pratiche esperienziali come la camminata consapevole , l’abbraccio agli alberi , la respirazione con il bosco , l’ascolto. La “Forest Bathing” agisce sulla salute fisica e sociale migliorando la connessione con la natura, le relazioni interpersonali e la coesione sociale.È una pratica nata in Giappone, diffusa dagli anni Ottanta, fa parte di un programma sanitario nazionale istituito per ridurre i livelli di stress della popolazione. Prende il nome di Shinrin-yoku che in italiano significa “godere a pieno dei benefici dell’atmosfera forestale” (lavarsi, rigenerarsi, rilassarsi). Un “bagno nella foresta” per entrare dolcemente in natura ed aprirsi ai suoi suoni, profumi, colori, ed alle sensazioni piacevoli che questi creano dentro di noi. Un’esperienza immersiva nel verde, positiva sia per la mente sia per il corpo. L’incontro è a cura di Fabio Castello , Counselor con formazione Gestalt-Bodywork / Istruttore CSEN di Forest Bathing/ Performer. Dal 2020 promuove la Forest Bathing, conduce pratiche meditative e di benessere in natura e nei parchi cittadini e collinari di Torino. SCHEDA EVENTO Castello di Miradolo San Secondo di Pinerolo (TO) Forest Bathing nel Parco Date 26 gennaio 2023 4 giugno 2023 LINK

  • Villa Pizzo | terrimago

    La storica e nobile Villa Pizzo, situata nel golfo di Cernobbio, affaccia sul lago di Como. È circondata da un giardino su terrazzamenti caratterizzato da un celebre Viale dei Cipressi, fontane barocche e fiori profumati che la rendono la location perfetta per matrimoni e ricevimenti. LOMBARDIA VILLA PIZZO DI ALESSANDRA VALENTINELLI Villa Pizzo, che prospetta sul lago di Como con una lunga serie di terrazzamenti, sembra una logica prosecuzione di Villa d'Este, ma il suo territorio appare quasi intagliato nella montagna. Nelle aree più vicine agli edifici principali, il giardino si sviluppa con geometrici vialetti allungati fra aiuole, siepi potate in arte topiaria e fontane barocche, sfociando poi nel celeberrimo e lungo Viale di Cipressi che connota la villa anche dal lago. Verso Moltrasio, il giardino si fa sempre più ricco e dotato di specie arboree ad alto fusto, intersecato da un sistema di vialetti e sentieri minori, ai cui margini vi sono una grotta d'acqua, vasche, corsi d'acqua e la “Fontana di Alessandro Volta”, inserita tra le false rovine di un tempietto classico. Villa Pizzo è una delle più antiche dimore del lago di Como. Essa prende il suo nome dallo sperone roccioso su cui sorge: Piz in dialetto comasco significa proprio punta o sporgenza. A metà strada tra Moltrasio e Cernobbio, Villa Pizzo e tutti gli edifici ad essa annessi sono pienamente visibili solo dal lago. I terreni per la costruzione della villa furono acquistati nel XV secolo dalla famiglia Mugiasca, che custodì gelosamente Il Pizzo per oltre quattrocento anni. Tra i momenti cruciali della proprietà dei Mugiasca, si ricorda la peste del 1629, di manzoniana memoria, che vide il Pizzo divenire rifugio di molti uomini e donne in fuga dalle città infettata. Fu in quest’occasione che, sfruttando la manodopera dei tanti presenti, vennero eseguiti i terrazzamenti su cui oggi si estende il grande parco di Villa Pizzo. Tra gli illustri personaggi che durante la proprietà Mugiasca frequentarono la Villa vi fu anche il noto scienziato Alessandro Volta, ricordato da un monumento che i proprietari fecero costruire in seguito alla morte avvenuta nel 1827. Si tratta del primissimo monumento storico dedicato a Volta. Quando i Mugiasca si estinsero, fu Ranieri d’Asburgo, viceré del Lombardo-Veneto, ad acquistare la proprietà. Egli trovò al Pizzo l’ideale luogo di sosta e rifugio dalle complesse vicende politiche dell’epoca. Al Pizzo il viceré Ranieri non arrivò solo, ma accompagnato dal noto architetto paesaggistico Villoresi, già progettista della Villa Reale di Monza, che diede un assetto unico e definitivo al grande parco intorno alla Villa. In seguito alle turbolenti vicende politiche di fine Ottocento che si concretizzarono nei Moti del 48, il viceré lasciò la Villa che venne acquistata dall’affascinante madame parigina Elise Musard, che diede un riconoscibilissimo tocco femminile alla Villa tingendola di rosa, così come è rimasta sino ad oggi. Quando Madame Musard lasciò tragicamente la Villa, la famiglia Volpi-Bassani la acquistò e la visse rispettando le scelte architettoniche e stilistiche del passato e aggiungendo degli elementi di grande pregio che ancora oggi si possono ammirare nel parco come il Mausoleo di famiglia, costruito da noto architetto Luca Beltrami e la grande darsena, che si affaccia sul lago regalando una meravigliosa veduta panoramica. L’architettura semplice e geometrica della Villa, con la sobrietà dei suoi decori che ben si intersecano con l’irregolarità e la varietà di forme, colori e stili dei giardini, uniti all’unicità della storia e delle vicende che in Villa Pizzo si susseguirono nel corso dei secoli, fanno del Pizzo un luogo unico sul lago di Como. Gallery Foto ©CRISTINA ARCHINTO Links VILLA PIZZO Altri GIARDINI e PARCHI Giardini Villa la Pergola Villa Lante Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Castello di Masino Parchi di Parigi

  • Papaveri e api | terrimago

    è per attirare le api che il colore brillante dei petali è diventato un'importante variabile di adattamento. Il papavero ha sviluppato strategie tra le più affascinanti e inaspettate perché le api non percepiscono il colore rosso sgargiante visibile all’occhio umano ma sono attratte dall’ultravioletto. BOTANICA PAPAVERI E API Perché le api non impollinano i fiori rossi tranne i papaveri? di CARLA DE AGOSTINI L a storia dell’evoluzione è una storia di relazioni tra le specie, oltre che tra le specie e l’ambiente. Quando annusiamo un fiore, per esempio, in realtà sentiamo un messaggio rivolto agli insetti, un richiamo per avvertirli che c’è del nettare che li aspetta in cambio del trasporto del polline. E così vale anche per la scelta dei colori. I fiori come li conosciamo noi sono relativamente recenti. Le Angiosperme, ossia le piante che hanno fiori e frutti da seme, sono apparse tra i 135 e i 140 milioni di anni fa e all’inizio non erano così colorate: i fossili suggeriscono che fossero strutture semplici, dall’aspetto opaco, senza molto pigmento, giallo pallido o al massimo verde. Oggi fatta eccezione per felci, conifere, cicadi e muschi la maggioranza delle comunità vegetali appartiene alle Angiosperme. Piano piano, con la comparsa dei fiori si assiste anche alla nascita dei colori vivaci odierni, un meccanismo sempre più sofisticato per favorire l’impollinazione non solo mediante il vento o l'acqua ma richiamando insetti. Molti fiori si sono così evoluti per adattarsi alle esigenze e alle capacità delle api. Al loro lavoro si deve l'80% dell'impollinazione, senza tale attività non ci sarebbero nemmeno mele, mirtilli, ciliegie, avocado, cetrioli, mandorle, cipolle, pompelmi, arance, zucche e tanto altro. Ed è per attirare le api che il colore brillante dei petali è diventato un'importante variabile di adattamento. Il papavero ha sviluppato strategie tra le più affascinanti e inaspettate perché le api non percepiscono il colore rosso sgargiante visibile all’occhio umano ma sono attratte dall’ultravioletto. L’uomo percepisce il colore grazie al pigmento dell'oggetto e alla parte di luce che questo riflette. Nelle api il campo visivo è invece un mosaico di coni che gli consentono di riconoscere una gamma di colori diversa, aiutano l'insetto a rimanere in equilibrio durante il volo e a individuare precisamente ogni fiore intorno a sé anche a grandi velocità. La gradazione rossa non è percepibile all’occhio dell’ape, e le ricerche hanno dimostrato che distingue solo quattro colori: il giallo (arancio, verde giallastro), il verde bluastro, il blu e l’ultravioletto. Perciò i fiori che ai nostri occhi sono rosso vivo, come la Violaciocca rossa o i Garofani della Cina, non vengono fecondati dalle api, ma dalle farfalle diurne. Mentre fiori come l’erica, il rododendro, il ciclamino o il trifoglio hanno una tonalità porpora che le api recepiscono come colore blu, o un colore bianco percepito come verde bluastro. Il papavero, tuttavia, è uno dei pochi fiori rossi che più attrae le api. Questo perché nei suoi petali le cellule pigmentate si dispongono in modo da creare degli spazi pieni d’aria dove la luce viene dispersa consentendo ai raggi UV di essere riflessi, e di far percepire la gamma ultravioletto all’ape che quindi vi si posa e lo feconda. Tale strategia evolutiva conferma lo stretto legame tra un fiore e il suo impollinatore. Si crede infatti che i papaveri europei abbiamo adattato la propria capacità di segnalare l’ultravioletto man mano che colonizzavano le regioni del nord, così oggi in Europa i papaveri sono impollinati dalle api, che vedono bene le radiazioni ultraviolette, mentre in Medio Oriente lo sono dai coleotteri, che vedono perfettamente il rosso. Negli anni l’interesse per le api impollinatrici è aumentato con quello per la ricchezza e la diversità del mondo naturale, è la cosiddetta biodiversità la cui perdita è motivo di crescente preoccupazione. È infatti la varietà degli organismi a permettere agli ecosistemi di resistere alle perturbazioni dell’ambiente o del clima, mentre la diversità genetica che si ottiene con l’impollinazione incrociata tra diverse specie garantisce una maggiore e più vitale quantità di semi. Oggi la moria delle api è causata soprattutto dalle monocolture, che limitano la scelta degli impollinatori, e dall’abuso dei pesticidi che uccidono gli insetti o, nel migliore dei casi, ne alterano le capacità. I benefici che l’impollinazione invece regala alla società sono fondamentali per la vita e non dovrebbero assolutamente essere sottovalutati. Per fortuna oggigiorno nella società e nell’individuo l’interesse a questi processi sta via via crescendo e questo porterà, si spera, a salvare gli impollinatori ed a godere di prati sempre più colorati. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri AMBIENTi E BOTANICA Vie cave opuntia fiorita Opuntia Alberi Caño Cristales Palmeti Palmeti Caldara di Manziana Terra scoscesa Tevere

  • Villa Lante | terrimago

    I giardini di Villa Lante in provincia di Viterbo sono caratterizzati dalla presenza di giochi d'acqua, cascate e fontane immersi nella natura. LAZIO VILLA LANTE DI EMANUELA GNECCO Villa Lante è un ecosistema, non un semplice giardino. Tra le dimore storiche ed i castelli del viterbese, rappresenta al meglio la moderna concezione del rapporto tra architettura e ambiente, tra artificio e natura, tra flora, sculture ed acqua. Lo racconta in proposito un affresco nella loggia della palazzina Gambara che mescola in modo armonico la geometria di vasche e viali, terrazzamenti e fonti con un antico scenario boschivo, frutteti ed aree coltivate a vigne. Per questo Villa Lante interpreta alla perfezione la fase manierista del Rinascimento italiano. Un luogo capace di stupire per il suo rigore e per la sua organizzazione razionale, per i dettagli e i simbolismi nel rispetto del naturale andamento paesaggistico. Qui l’acqua è la protagonista assoluta, incanalata attraverso un complesso sistema idraulico che, dai Monti Cimini, segue un percorso dapprima turbolento per poi scendere a salti come un torrente e placarsi definitivamente nel “parterre d’eau”. Villa Lante è situata nella cittadina di Bagnaia, a pochi chilometri da Viterbo, è sorta nel Cinquecento su un’antica riserva di caccia o “barco”. Furono due uomini di chiesa succeduti sul soglio vescovile della città, Gian Francesco Gambara prima e Alessandro Montalto poi, a dedicarsi alla costruzione di Villa Lante, uno dei più famosi esempi di giardino all’italiana nel mondo. Il cardinale Gambara – che aveva un gusto tutto moderno per il vivere all'aperto - si ritiene abbia chiamato uno dei massimi architetti dell’epoca, Jacopo Barozzi detto "Il Vignola", che progettò una coppia di edifici dalle linee essenziali in perfetto stile manieristico. Le due palazzine, perfettamente speculari, sono diversamente affrescate all’interno per celebrare simboli e devozioni dei due committenti ecclesiastici che qui vollero esaltare le loro virtù ed il proprio potere. Cent’anni dopo la villa passerà al duca Ippolito Lante della Rovere, da qua il nome, fino all’acquisizione nel 1970 da parte dallo stato. Fiore all’occhiello di Villa Lante sono i giardini che si estendono su un’area di 22 ettari, compreso il bosco di querce, aceri, carpini, allori e lecci. Il giardino formale, delimitato da un muro di cinta, coi suoi giochi d'acqua, cascate e i grottini sgocciolanti architettonicamente si ispira al Belvedere in Vaticano e per il suo uso dell’acqua a Villa d'Este a Tivoli, infatti sarà proprio il genio di Tommaso Ghinucci da Siena architetto ed ingegnere idraulico a realizzare anche questo sistema idrico. I sedici metri di dislivello sono suddivisi in tre piani distinti raccordati tra loro da fontane e scalinate, simbolicamente rappresenta il racconto della discesa dell'umanità dall'età dell'oro, come narrato da Ovidio nelle Metamorfosi. Le forme agili delle sculture in peperino, degli obelischi e delle colonne che decorano le magnifiche fontane sono presenti a simboleggiare i quattro elementi naturali: terra, aria, fuoco e acqua. Nel parterre inferiore la grande fontana “dei Mori” del Gianbologna che costituisce l’atto conclusivo del percorso simbolico: il trionfo della mente umana sulla natura rappresentato dall’acqua che riesce finalmente a trovare la sua staticità in forma geometrica. Emanuela Gnecco GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK Sito ufficiale TREE WATCHING Altri GIARDINI e PARCHI Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Villa Pizzo

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