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- Villa Pizzo | terrimago
La storica e nobile Villa Pizzo, situata nel golfo di Cernobbio, affaccia sul lago di Como. È circondata da un giardino su terrazzamenti caratterizzato da un celebre Viale dei Cipressi, fontane barocche e fiori profumati che la rendono la location perfetta per matrimoni e ricevimenti. LOMBARDIA VILLA PIZZO DI ALESSANDRA VALENTINELLI Villa Pizzo, che prospetta sul lago di Como con una lunga serie di terrazzamenti, sembra una logica prosecuzione di Villa d'Este, ma il suo territorio appare quasi intagliato nella montagna. Nelle aree più vicine agli edifici principali, il giardino si sviluppa con geometrici vialetti allungati fra aiuole, siepi potate in arte topiaria e fontane barocche, sfociando poi nel celeberrimo e lungo Viale di Cipressi che connota la villa anche dal lago. Verso Moltrasio, il giardino si fa sempre più ricco e dotato di specie arboree ad alto fusto, intersecato da un sistema di vialetti e sentieri minori, ai cui margini vi sono una grotta d'acqua, vasche, corsi d'acqua e la “Fontana di Alessandro Volta”, inserita tra le false rovine di un tempietto classico. Villa Pizzo è una delle più antiche dimore del lago di Como. Essa prende il suo nome dallo sperone roccioso su cui sorge: Piz in dialetto comasco significa proprio punta o sporgenza. A metà strada tra Moltrasio e Cernobbio, Villa Pizzo e tutti gli edifici ad essa annessi sono pienamente visibili solo dal lago. I terreni per la costruzione della villa furono acquistati nel XV secolo dalla famiglia Mugiasca, che custodì gelosamente Il Pizzo per oltre quattrocento anni. Tra i momenti cruciali della proprietà dei Mugiasca, si ricorda la peste del 1629, di manzoniana memoria, che vide il Pizzo divenire rifugio di molti uomini e donne in fuga dalle città infettata. Fu in quest’occasione che, sfruttando la manodopera dei tanti presenti, vennero eseguiti i terrazzamenti su cui oggi si estende il grande parco di Villa Pizzo. Tra gli illustri personaggi che durante la proprietà Mugiasca frequentarono la Villa vi fu anche il noto scienziato Alessandro Volta, ricordato da un monumento che i proprietari fecero costruire in seguito alla morte avvenuta nel 1827. Si tratta del primissimo monumento storico dedicato a Volta. Quando i Mugiasca si estinsero, fu Ranieri d’Asburgo, viceré del Lombardo-Veneto, ad acquistare la proprietà. Egli trovò al Pizzo l’ideale luogo di sosta e rifugio dalle complesse vicende politiche dell’epoca. Al Pizzo il viceré Ranieri non arrivò solo, ma accompagnato dal noto architetto paesaggistico Villoresi, già progettista della Villa Reale di Monza, che diede un assetto unico e definitivo al grande parco intorno alla Villa. In seguito alle turbolenti vicende politiche di fine Ottocento che si concretizzarono nei Moti del 48, il viceré lasciò la Villa che venne acquistata dall’affascinante madame parigina Elise Musard, che diede un riconoscibilissimo tocco femminile alla Villa tingendola di rosa, così come è rimasta sino ad oggi. Quando Madame Musard lasciò tragicamente la Villa, la famiglia Volpi-Bassani la acquistò e la visse rispettando le scelte architettoniche e stilistiche del passato e aggiungendo degli elementi di grande pregio che ancora oggi si possono ammirare nel parco come il Mausoleo di famiglia, costruito da noto architetto Luca Beltrami e la grande darsena, che si affaccia sul lago regalando una meravigliosa veduta panoramica. L’architettura semplice e geometrica della Villa, con la sobrietà dei suoi decori che ben si intersecano con l’irregolarità e la varietà di forme, colori e stili dei giardini, uniti all’unicità della storia e delle vicende che in Villa Pizzo si susseguirono nel corso dei secoli, fanno del Pizzo un luogo unico sul lago di Como. Gallery Foto ©CRISTINA ARCHINTO Links VILLA PIZZO Altri GIARDINI e PARCHI Giardini Villa la Pergola Villa Lante Labirinto della Masone Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile Giardino di Ninfa Castello di Masino Parchi di Parigi
- Libro orti botanici | terrimago
Le fotografie di Cristina Archinto accompagnano in un viaggio alla scoperta dei maggiori orti botanici d'Europa, per immergersi in un percorso botanico e naturale che attraversa secoli di storia e di scienza. SHOP LIBRI ORTI BOTANICI D'EUROPA Un viaggio tra storia, scienza e natura di Cristina Archinto Nati dalla moderna esigenza di sistematizzare la conoscenza della natura, i primi orti botanici sorgono per volere delle università: Padova nel 1545, poi Firenze, Pisa, Bologna nel 1568. Vi si studiano le specie d'uso comune, medico, alimentare, quindi le esotiche che lungo le rotte dal Nuovo Mondo, iniziano ad arrivare dai quattro angoli del pianeta. A partire dal '600 non c'è Casa Reale che rinunci al prestigio di formare la propria raccolta. E mentre su Londra, Parigi o Madrid convergono botanici ed esploratori, ad Amsterdam si celebra il Secolo d’oro degli scambi di bulbi e spezie con l’Oriente più remoto. Metà orto dei semplici, metà giardino delle meraviglie, si arricchiscono di serre, specchi d'acqua e terrazze pensili. Divengono luoghi sempre meglio deputati a osservare, acclimatare, disseminare, dove piante storiche ormai monumentali celebrano insieme il viaggio e la scoperta, l'erudizione colta e la speculazione scientifica. Se oggi Kew Gardens concentra la più vasta collezione, con il 95% dei generi conosciuti, ogni sede ha i suoi master pieces per la conservazione del nostro patrimonio botanico: semi o esemplari che permettono di sperimentare alle più varie latitudini, le specifiche condizioni di temperatura e di luce, di esaminare i periodi caratteristici di fioritura e riposo, di tutelare specie rare o in via di estinzione, alimentando un crescente, fondamentale, interesse per la biodiversità. Introduzione Chiunque entri in un Orto Botanico rimane colpito dall’infinita varietà di colori e profumi, attitudini e forme del mondo vegetale. Questo libro racconta la storia di una passione che ha spinto gli uomini verso spazi ignoti a esplorare le frontiere del sapere. Narra di come la scienza si sia evoluta cogliendo le leggi della natura, la tecnica applicata per condividerne le scoperte. Cristina Archinto con il suo lavoro di fotografa ci conduce in un viaggio negli Orti d’Europa alla ricerca del legame profondo che unisce le persone alla terra e fa dell’ambiente, un patrimonio di cui tutti dovremmo prenderci cura. Come sono nati gli Orti? Chi ne sono stati i veri protagonisti? E quali vicende ne hanno segnato lo sviluppo? Semplicisti rinascimentali che raccolgono erbe medicinali, avventurieri a caccia di piante nel Nuovo Mondo, naturaliste illuminate che erborizzano tra le campagne di casa: la botanica ha visto alternarsi scuole e scontrarsi rivalità ma è custodendone gli studi che gli Orti hanno allargato orizzonti e generato la pratica collaborativa, libera, ricca di apporti di vaste comunità con cui indagare gli ecosistemi. Si devono agli Orti i metodi per riprodurre e conservare gli strumenti per classificare, confrontare e divulgare conoscenze. Gli Orti hanno creato strutture per ospitare le specie esotiche, inventato biotopi per proteggere endemiche e minacciate. Nell’intreccio di verde, artifici e flora spontanea, ogni Orto ha realizzato un microcosmo unico che ha ispirato parchi e vivai, curiosità e ulteriori sperimentazioni; la cultura degli Orti ha così permeato anche la vita quotidiana e oggi affronta la sfida climatica, diffondendo un nuovo rispetto per la natura che ci circonda. Alessandra Valentinelli Indice Introduzione Orto Botanico di Padova - Alle origini degli Orti Orto Botanico di Amsterdam - Il Secolo d’Oro delle specie esotiche Jardin des Plantes - La Rivoluzione botanica Giardino Botanico di Madrid - Alla scoperta del Nuovo Mondo Orto Botanico di Roma - La bellezza della flora spontanea Kew Gardens - Il capolavoro delle Serre inglesi Giardino Botanico e Museo Botanico di Berlino - L'eredità di Linneo Giardini Botanici Hanbury - I Giardini del Grand Tour Giardino Botanico di Bruxelles-Meise - Orti e vivai Orto Botanico di Dublino - Il Cammino Verde, la natura tra passato e futuro Titolo: ORTI BOTANICI D'EUROPA Un viaggio tra storia, scienza e natura Autore: Cristina Archinto Testo: Alessandra Valentinelli Fotografie: Cristina Archinto Traduzione: Stefania Bellingardi Beale Testo: italiano e inglese Libro illustrato con 110 fotografie Formato 24 x 23 cm Numero di pagine 144, Copertina morbida con alette Confezione in brossura Costo 26.00€ Isbn: 979-12-200-6912-0 Vendita on line: Libreria Oolp Terrimago edition RECENSIONI Giardini in viaggio Viride blog
- Sfondo neutro
Quando si passeggiare per le colline grossetane si ha sempre l'impressione di essere osservati dalle maestose querce che tra un campo di olivi, uno di pascolo o di vigneti, si stagliano nel cielo azzurro. Sono delle meravigliose sentinelle nelle dolci colline toscane. Fotografare gli alberi non è mai facile ma se la sagoma se si staglia contro un cielo neutro si definirà meglio la sua forma. Per raccontare bene gli alberi è importante avere uno sfondo neutro come ad esempio il cielo Colline Toscane Sfondo neutro Quando si passeggiare per le colline grossetane si ha sempre l'impressione di essere osservati dalle maestose querce che tra un campo di olivi, uno di pascolo o di vigneti, si stagliano nel cielo azzurro. Sono delle meravigliose sentinelle nelle dolci colline toscane. Fotografare gli alberi non è mai facile ma se la sagoma se si staglia contro un cielo neutro si definirà meglio la sua forma. Per raccontare bene gli alberi è importante avere uno sfondo neutro come ad esempio il cielo Click here Click here Click here Click here Click here Click here Click here Click here Click here TUTTI I CONSIGLI
- Vintage
Elliott ErwittVintage Vintage Elliott Erwitt L’Assessore alla Cultura del Comune di Abano Terme, Michela Allocca , insieme a Suazes e in collaborazione con CoopCulture , presenta al Museo Villa Bassi Rathgeb una grande retrospettiva dedicata al grande autore, Elliott Erwitt , che vedrà in esposizione ben 154 fotografie vintage di grande valore, raramente esposte al pubblico, e trenta scatti fotografici davvero iconici del suo lavoro: opere che coprono sessant’anni di storia della fotografia . Un percorso che sarà arricchito da materiale audiovisivo dedicato al grande fotografo rendendolo una vera occasione di approfondimento del suo lavoro. Questo straordinario corpus di fotografie permette di affrontare le principali tematiche che caratterizzano il grande lavoro di Erwitt: dal tema dell’integrazione razziale in America nel secondo dopoguerra alle mutazioni sociali della società americana , per proseguire con il tanto discusso tema del nudismo … e poi ancora i cani , i bambini , i viaggi in tutto il mondo . I suoi scatti raccontano uno spaccato della storia e del costume del Novecento attraverso uno sguardo profondamente ironico che caratterizza il grande Autore. Il percorso di mostra darà vera soddisfazione agli amanti della fotografia e ai conoscitori del suo lavoro e a coloro che per la prima volta si avvicineranno ad Elliott Erwitt. Come dichiara Erwitt “Fare ridere la gente è uno dei risultati più alti che puoi ottenere. E quando riesci a far ridere e piangere qualcuno, alternativamente, come fa Chaplin, questo è il più alto di tutti i risultati possibili”. Nato nel 1928 da genitori russi emigrati a Parigi, cresce a Milano e a dieci anni emigra, con la sua famiglia, negli Stati Uniti d’America. La sua prima esperienza legata alla fotografia consiste nell’elaborazione di fotografie pubblicitarie in una camera oscura di Hollywood. In quel periodo iniziò anche a scattare fotografie per conto proprio, fotografie che mostravano la sua visione del mondo marcatamente umoristica. Nel 1955 Robert Capa gli offre l’opportunità di unirsi alla Magnum Photos, fondata nel 1947. Nel 1955 il celebre direttore del dipartimento di fotografia del MoMA di New York Edward Steichen selezionò alcune delle sue fotografie per la celebre mostra “The Family of Man”. Lo stesso Museum of Modem Art ospitò la sua prima mostra personale nel 1965. Da allora, le fotografie di Erwitt sono state esposte in musei e gallerie di tutto il mondo ed il suo lavoro è stato oggetto di numerose pubblicazioni. Le fotografie saranno inserite all’interno degli straordinari spazi di Villa Bassi Rathgeb attraverso uno specifico allestimento che permetterà di valorizzare appieno gli interni della struttura museale, creando un suggestivo dialogo. Poche volte in Italia si sono raccolte così tante fotografie dedicate al suo lavoro. Museo Villa Bassi Rathgeb Abano Terme, PD, Italia 28 gennaio 2023 / 11 giugno 2023 LINK
- Fotografare da Venezia in poi
Mostra Inge MorathFotografare da Venezia in poi Fotografare da Venezia in poi Mostra Inge Morath Il Museo di Palazzo Grimani di Venezia celebra la figura della fotografa Inge Morath (Graz 1923 – New York 2002) con una sezione inedita per l’Italia dedicata alla città lagunare dove la sua carriera ebbe avvio. Il percorso espositivo ripercorre in oltre 200 scatti il cammino umano e professionale di Inge Morath, dagli esordi al fianco di Ernst Haas ed Henri Cartier-Bresson fino alla collaborazione con prestigiose riviste quali Picture Post, LIFE, Paris Match, Saturday Evening Post e Vogue. Presenti in mostra i principali reportage di viaggio realizzati dalla fotografa austriaca: da Venezia al Danubio, dalla Spagna alla Russia, dall’Iran alla Cina. Ampio spazio è riservato ai suoi ritratti di personaggi celebri: Arthur Miller, Igor Stravinsky, Alberto Giacometti, Pablo Picasso, Jean Arp, Alexander Calder, Audrey Hepburn. Una sezione è riservata, con oltre 80 fotografie, al rapporto fra Inge Morath e Venezia. Palazzo Grimaldi Venezia, VE, Italia 18 gennaio 2023 / 4 giugno 2023 LINK
- Villa borghese | terrimago
Un racconto ambientato nel parco di villa Borghese a Roma passeggiando in mezzo ai suoi meravigliosi alberi. RACCONTI AMBIENTATI Una passeggiata riconciliate a Villa Borghese Fotografie e testo di Cristina Archinto Uscì e la porta sbatté dietro di le i, p iù per colpa della corrente d’aria salita dalle scale, che per una sua precisa volontà ma di certo quell’azione rispecchiava il suo stato d’animo. Di colpo si trovò fuori casa senza un preciso programma o uno scopo; era furiosa. Si guardò intorno, turbata e indecisa su cosa fare, non era certo dell’umore giusto per un museo e non aveva la capacità di concentrarsi per imparare qualcosa. Attraversò la strada quasi senza rendersene conto, evitando di farsi travolgere da motorini, monopattini e biciclette, che in quella città erano insopportabili. Era già entrata da quel cancello pochi giorni prima per fermarsi quasi subito al Museo di Villa Borghese ed illuminarsi davanti ad opere come il Ratto di Proserpina del Bernini o ai tagli di luci di Caravaggio. Questa volta però tirò dritto e si addentrò nel parco. Costeggiò un muro di cinta dove si potevano scorgere, tra un passo e l’altro, basse siepi di bosso e fiori autunnali. Giunta al termine fu attratta sulla sinistra da forti toni autunnali di alberi maestosi. Avvicinandosi si rese subito conto che era arrivata nella Valle del Platani, una meravigliosa valle di alberi secolari. Un tempo rurale, fu addomesticata a giardino, nel 1603, dal cardinale Scipione Borghese, nipote prediletto di Papa Paolo V. Allora era un bosco di più di quaranta platani orientali con tanto di bacino centrale con due isolotti destinati alla sosta di anatre e uccelli pregiati, tra cui, i cigni che il Cardinale aveva fatto appositamente arrivare da Bruxelles. Ora erano rimasti solo nove bellissimi esemplari, sopravvissuti per più di quattrocento anni, che sembravano guardarti con aria severa e saggia attraverso i loro rami e i tronchi contorti. Proseguì lungo la valle con lo sguardo all’insù, estasiata da tanta meraviglia, senza però distogliere troppo lo sguardo dai cani che in questa parte del giardino correvano a perdifiato. Si avvicinò a un esemplare particolarmente ricurvo che avevava una grande fessura nel tronco, e guardando i suoi rami nodosi, le tornò in mente quel “Sensei” che pochi anni prima aveva fatto una lezione speciale di Aikido al suo dojo. Due ore immerse nel silenzio con il solo fruscio della hakama, le sue parole leggere, respirando saggezza. Certo ora un po’ le dispiaceva che proprio quel giorno Jan non ci fosse, avrebbero ricordato insieme. La rabbia stava già scemando come sempre, ma questa volta era più determinata a tenere duro, si quel giorno non avrebbe ceduto tanto facilmente. Proseguì lungo la valle, dove incrociò anche degli esemplari di noci neri e degli ippocastani con una certa portanza, per poi stupirsi nuovamente davanti a un esemplare maestoso di bagolaro con le sue foglioline fluttuanti che via via stavano lasciando i rami e la sua chioma ampia e quasi perfettamente tondeggiante. Anche lui le ricordava qualcuno. Il professore di arte al suo liceo, tondo e sempre sorridente, che l’aveva presa sotto la sua ala protettrice e le aveva non solo insegnato a disegnare ma anche alcune filosofie di vita che ancora oggi ricordava e faceva uso nei momenti difficili. Bella persona, chissà che fine aveva fatto. Si inerpicò sulla collinetta per giungere al laghetto di Villa Borghese. Un piccolo bacino d’acqua abbracciato da una grande varietà di alberi notevoli. Era il 1766 quando il principe Marcantonio IV Borghese, discendente di Scipione, decise di ampliare il parco di famiglia realizzando il Giardino del Lago con tanto di tempio dedicato al dio della medicina Esculapio. Come tutti i Borghesi, anche lui si dedicò, grazie all'ingente patrimonio di famiglia, e in questo caso, soprattutto a quello di sua moglie, la principessa Anna Maria Salviati, ai piaceri della vita dell'aristocrazia romana, patrocinò nuovi artisti ed opere riuscendo così ad arricchire la collezione di famiglia precedentemente sperperata dal padre. Fu lui che fece affiggere un manifesto nel parco che recitava “Chiunque tu sia, o straniero, purché uomo libero, passeggia dove vuoi, cogli ciò che desideri, ritirati quando ti aggrada. Tutto qui è disposto per il godimento degli stranieri prima ancora che per il proprietario”. In effetti il parco, anche se privato, era sempre stato teatro di festeggiamenti e di balli e spesso aperto ai cittadini di ogni ceto sociale. Lui iniziò i lavori di abbellimento del parco della villa e suo figlio Camillo, noto forse più per il matrimonio con Paolina Bonaparte, finì l’opera. Certo chissà come sarà stato a quei tempi il laghetto; dame spettegolanti a passeggio sotto chiari parasole, poeti che decantavano la loro prosa, amanti in preda a pene d’amore che sgorgano calde lacrime nel lago o artisti all’ombra di querce che ritraevano il bel panorama della ‘Villa delle Delizie’. Lei intanto si godeva quel bel paesaggio autunnale fatto di alti pini, alcuni cipressi calvi già dai toni caldi e quel maestoso cedro del libano. Tutti che si facevano belli riflettendosi sul lago insieme al tempietto che aveva quel non so che. Su un lato c’era anche una Quecia ilex secolare che spiccava per l’altezza e la sua ampia chioma. Non le erano mai piaciuti i lecci, li trovava tristi e cupi, come Christoffer il suo compagno di banco, malinconico e tetro da sempre, che per anni l’aveva innervosita con il suo alone grigio, però questo era un esemplare spettacolare che forse la faceva ricredere. Notò anche un’anziana signora che dava del pane alle anatre. Non si capacitava mai del fascino indiscusso che si prova a dar da mangiare agli animali, del resto non si capacitava neanche di come anche questa mattina Jan non fosse stato in grado di ricordare al suo capo che era in ferie. Ci avevano messo mesi ad organizzare questo periodo romano, lei avrebbe preso un periodo sabbatico, lui le ferie arretrate e sarebbero andati per l’autunno a Roma a scoprire la Città Eterna, sogno nel cassetto di entrambi, ma tant’è che alla fine, lui, anche oggi l’aveva lasciata sola, passi gli altri giorni, ma non oggi! Girovagò ancora per la zona del lago fino ad arrivare a piazza di Siena, un grandissimo prato ovale circondato da cipressi dritti come fusi. Un tempo l'area era occupata da una grande ragnaia seicentesca, un boschetto di alti alberi dove venivano stese delle reti per catturare i piccoli uccelli. Belli i cipressi, pensò, loro sì che sono lineari! Sorrise tra sé e sé per la stupida battuta. La rabbia stava decisamente scemando, sicuramente il merito andava anche a questo luogo un po’ magico, intrinseco di storia fatta di pietre e di alberi. Continuò col suo gioco. Björn no, Erik neanche, Astrid? Si certo, lei è proprio un cipresso! Ovviamente alta ma con quel piglio strano, silenziosa, perché di certo i cipressi sono alberi silenziosi, ma felici anche se non lo danno a vedere. Quando torno glielo racconto, chissà come procede il suo nuovo progetto. Magari dopo le scrivo. Dopo essersi riposata un pochino sugli scalini a lato della piazza, si diresse verso sud e si ritrovò in una pineta strepitosa. Alberi altissimi, anche 20 metri, con chiome a cespuglio o a forma di ombrello. Il sole alto si intrufolava tra gli aghi di pini rendendoli quasi trasparenti e setosi, e le ombre dei tronchi dritti creavano dei dipinti astratti sul prato verde. Che visione! Ecco i pini domestici erano sicuramente degli alberi che apprezzava moltissimo, come del resto gli antichi romani, che li diffusero in tutto l’impero! Ancora oggi il pino viene considerato un simbolo d’Italia, non per altro gli inglesi lo chiamano Italian stone pine e i francesi Pin d’Italie , e ha anche vinto il prestigioso premio della Royal Horicultural Society. Si aggirò tra gli alberi rapita da tanta bellezza. Chi gli ricordavano i pini? Belli, alti, maestosi ma non arroganti, dal bel portamento, anche simpatici e generosi coi loro pinoli, e sicuramente onesti, determinati e robusti. Chissà. Pensò per qualche minuto. Diversi nomi le fluttuarono nella mente fino a Jan. Caspita, certo è proprio lui! Commossa e senza neanche accorgersene, col un bel sorriso stampato sul viso, si diresse verso casa, avendo già perdonato l’amore della sua vita; il suo adorato Pinus pinea. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri RACCONTI AMBIENTATI E PARCHI DA VISITARE Priorato d'Orsan Parco Villa la Grange Parco di Sicurtà Jardin des Plantes Nantes Parco del Flauto Magico Parco di Bercy Parco del valentino
- Giardino dell'impossibile | terrimago
Il Giardino dell’Impossibile è un complesso di giardini ipogei che sorge in una cava di tufo dismessa a Villa Margherita sull’isola di Favignana. La pietra tufacea, le fontane e i pergolati ospitano una ricca vegetazione in un luogo "impossibile". SICILA FAVIGNANA IL GIARDINO DELL'IMPOSSIBILE Un’attività antica e caratteristica della Sicilia e in particolare di Favignana, una delle Isole Egadi, era lo sfruttamento delle cave di tufo, dette “pirrere”, dove la roccia di calcarenite compatta veniva ridotta in blocchi di varie dimensioni. I mastri cavatori (i pirriaturi) utilizzando mannaie e altri semplici arnesi manuali hanno scavato il terreno in profondità, lasciando vaste voragini nel caso delle cave a cielo aperto, o un dedalo di gallerie, cunicoli ed ambienti nel caso delle cave in grotta. A Favignana, gli abitanti estraevano la pietra dapprima lungo la costa, poi, per non farsi individuare dai pirati, nell’interno dell’isola. Quando non vi era più nulla da utilizzare, la cava veniva abbandonata, e allora, il più delle volte, veniva trasformata in “giardino”: per la sussistenza delle famiglie vi venivano infatti pianti soprattutto alberi da frutto, come mandorli, carrubi, limoni e arance, che crescevano a meraviglia, protetti dal caldo estivo, dai venti invernali, dalla salsedine. A volte si piantavano anche qualche pino o palma, per simboleggiare l’acqua come nel mondo arabo, oppure la vite, il melograno e qualche fiore, da portare in casa e al cimitero, e vi si allevavano animali da cortile, come conigli, galline, e perfino il maiale; ovviamente dovevano contenere un pozzo, dal quale si estraeva l’acqua, che, anche se leggermente salmastra serviva per cucinare, lavare, per annaffiare gli alberi e le piante. Grazie a questi giardini, oggi definiti giardini ipogei, Favignana era autosufficiente. Oggi Favignana ne è costellata, parte integrante di abitazioni e giardini, persino nel centro storico, perché spesso le case dei proprietari venivano costruite accanto alle cave; il loro recupero, quindi, è necessario per restituire la memoria di questi luoghi e promuoverne la conoscenza. È quanto è accaduto con i Giardini Ipogei di Villa Margherita, detti anche Giardini Impossibile, iscritti nel Libro delle Espressioni del R.E.I.L. Isole Egadi in quanto espressione del patrimonio culturale dell’umanità. Sono il frutto di un sogno e della tenacia della loro proprietaria, Maria Gabriella Campo, che, arrivata a Favignana come giovane sposa, quaranta anni fa, decise, contro il parere di tutti, di bonificare le grandi cave di famiglia, e di trasformarle in giardini. Durante i lavori di bonifica, iniziati nel 2001, sono emersi scorci suggestivi e le tracce dei diversi sistemi di taglio nelle varie epoche estrattive: le gallerie e grotte risalenti al Sette-Ottocento e la grande parte a cielo aperto, tagliata con mezzi meccanici negli anni 1950-60. Quattro anni dopo, nel 2005, dopo l’aggiunta di terra per innalzare di alcuni metri il fondo delle cave più profonde, sono state messe a dimora oltre 300 specie e varietà diverse, provenienti da tutto il mondo, tra cui pini d’Aleppo, alberi da frutta, carrubi, falso pepe (Schinus molle), olivi, corbezzoli, Polygala myrtifolia, Callistemon, ginestre, agavi e Dasylirion a profusione, papiri e ninfee. Oggi, Giardini Ipogei di Villa Margherita (che è anche residence) sono dunque un luogo di estrema magia, un orto botanico e un Eden sommerso. Percorrendoli, si percepiscono, a tratti, immagini di paesaggi lontani e quasi primordiali, di antichi tempi pagani, dei giardini arabi e persiani. Testo di Margherita Lombardi tratto da: ITALIAN BOTANICAL HERITAGE Il giardino Info: Sito ufficiale Altri giardini Villa d'Este GIARDINO Kenroku-en PARCO Ninfa GIARDINO Villa Pizzo GIARDINO Castello di Masino GIARDINO Parigi PARCO
- L’alba di un nuovo classicismo
Pierre-Auguste RenoirL’alba di un nuovo classicismo L’alba di un nuovo classicismo Pierre-Auguste Renoir Verso la fine degli anni Settanta, l’esperienza impressionista per Pierre-Auguste Renoir , uno dei massimi interpreti del movimento, andava esaurendosi. Scosso da una profonda inquietudine creativa , Renoir decide di recarsi, nel 1881, in Italia . Un viaggio lungo la penisola che lo porterà da Venezia a Firenze, da Roma a Napoli, fino a Palermo. Travolto dalla forza della luce mediterranea , rapito dalla bellezza di Capri , dai capolavori antichi del Museo Archeologico di Napoli , impressionato dai dipinti di Carpaccio e Tiepolo e dalla “semplicità e grandezza” degli affreschi di Villa Farnesina , Renoir matura una rivoluzione artistica : dalla joie de vivre delle scene di divertimento della borghesia parigina a uno stile aigre , aspro, che fondeva la lezione di Raffaello con quella di Ingres. Era l’alba di un nuovo stile. "Pierre-Auguste Renoir. L’alba di un nuovo classicismo " racconterà soprattutto questa seconda fase della carriera dell'artista. Muovendo dal grande studio preparatorio a olio su tela del celeberrimo Moulin de la Galette , il percorso di mostra seguirà l’evoluzione dello stile di Renoir a partire dal ritorno dopo il viaggio in Italia: dai primi esempi di “moderna classicità ” alla pittura di stile neo-rinascimentale , fino ai paesaggi della Provenza e della Costa Azzurra . Un Renoir per certi aspetti inedito, “profeta” di quel rappel à l’ordre che avrebbe caratterizzato l’arte del periodo tra le due guerre. Palazzo Roverella Rovigo, RO, Italia 25 febbraio 2023 / 25 giugno 2023 LINK
- Castello di Masino | Terrimago
Lo storico Castello di Masino domina la piana di Ivrea in Piemonte da oltre dieci secoli. Il castello, gestito oggi dal FAI, è circondato da un giardino all'inglese che ospita il secondo labirinto botanico più grande d'Italia. PIEMONTE Castello di Masino Da oltre mille anni, il Castello di Masino domina la vasta piana del Canavese da un’altura antistante la suggestiva barriera morenica della Serra di Ivrea, paesaggio intatto e infinito. Questa posizione strategica costò al maniero frequenti contese, ma il nobile casato dei Valperga, che tradizione vuole discendente da Arduino, noto nella leggenda come primo re d’Italia, ne mantenne il possesso fin dalle origini, documentate già nel 1070. Nel corso dei secoli l’illustre famiglia convertì il Castello in residenza aristocratica, poi in elegante dimora di villeggiatura. A raccontare questo glorioso passato sono i saloni affrescati e arredati con sfarzo, le camere per gli ambasciatori, gli appartamenti privati, i salotti, le terrazze panoramiche: un raffinato sfoggio di cultura sei e settecentesca che trovò espressione anche negli ambienti dedicati alla celebrazione del sapere, come la preziosa biblioteca che conserva più di 25mila volumi antichi. Intorno, un monumentale parco romantico con uno dei più grandi labirinti d’Italia, un maestoso viale alberato, ampie radure e angoli scenografici che a primavera si inondano di eccezionali fioriture. Andare a visitare Masino regala ogni volta un’esperienza diversa: dalla visita al Castello, secondo formule diverse, a una giornata all’aperto per vivere il Parco oppure, ancora, uno fra i numerosi eventi organizzati lungo il corso dell’anno, magari godendo della caffetteria panoramica. Anche in compagnia dei bambini, che qui possono divertirsi con la caccia al tesoro o visitare il Museo delle Carrozze, la Torre dei Venti, il Giardino dei Folletti e ancora altri ambienti pensati per loro. Links Castello di Masino del Fai Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri GIARDINI e PARCHI Parco del Paterno del Toscano Villa Lante Labirinto della Masone Villa d'Este Giardino di Kenroku-en Giardino di Ninfa Villa Pizzo Parchi di Parigi
- Gieshe, Samurai e la Civiltà del piacere
Utamaro, Hokusai, Hiroshige.Gieshe, Samurai e la Civiltà del piacere Gieshe, Samurai e la Civiltà del piacere Utamaro, Hokusai, Hiroshige. IL GIAPPONE PROTAGONISTA A TORINO DAL 23 FEBBRAIO AL 25 GIUGNO 2023 ALLA SOCIETÀ PROMOTRICE DELLE BELLE ARTI SKIRA PRESENTA UTAMARO, HOKUSAI, HIROSHIGE. GEISHE, SAMURAI E LA CIVILTÀ DEL PIACERE Il nuovo evento espositivo prodotto da Skira presenta l’universo giapponese attraverso oltre 300 capolavori, alcuni dei quali mai visti in Italia: stampe dei maggiori maestri dell’ukiyo-e, quali Hokusai, Hiroshige, Utamaro, Kunisada, Yoshitoshi, Sharaku, oltre ad armature di samurai, kimono, maschere teatrali, rare matrici di stampa, preziosi ornamenti femminili, sculture in pietra, stendardi. L’esposizione, curata da Francesco Paolo Campione, direttore del MUSEC - Museo delle Culture di Lugano, prodotta da Skira, in collaborazione con il MUSEC e con la Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, col patrocinio del Comune di Torino, analizza l’universo giapponese attraverso un percorso tematico, suddiviso in nove sezioni, con oltre 300 capolavori, alcuni dei quali mai presentati in Italia: stampe dei maggiori maestri dell’ ukiyo-e , quali Hokusai, Hiroshige, Utamaro, Kunisada, Yoshitoshi, Sharaku , oltre ad armature di samurai, kimono, maschere teatrali, rare matrici di stampa, preziosi ornamenti femminili, sculture in pietra, stendardi , provenienti dalle collezioni del MUSEC di Lugano, dal Museo di Arte Orientale di Venezia, dal Museo di Arte Orientale di Torino, dal Civico Museo d’Arte Orientale di Trieste, dalla Fondation Baur Musée des Arts d’Extrême-Orient di Ginevra e da importanti collezioni private. La rassegna si propone come una originale ricostruzione, in tutti i suoi aspetti, della “civiltà del piacere”, una peculiare stagione storico-artistica del Giappone - il periodo Edo (1603-1868) - in cui il paese, pacificato all’interno dei propri confini e stretto in una politica di isolamento dal resto del mondo (sakoku ), portò la ricca classe dei mercanti (chōnin ), impossibilitati a comprare beni fondiari, a dedicarsi ai piaceri dell’esistenza, come gli spettacoli del kabuki , la frequentazione delle geishe nelle case da tè e l’acquisto di straordinarie opere d’arte. Società Promotrice delle Belle Arte Torino, TO, Italia 23 febbraio 2023 / 25 giugno 2023 LINK